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M’illumino d’immenso, spiegazione della poesia di Ungaretti

Con sole quattro parole, il grande precursore dell’ermetismo riusciva a descrivere il contatto dell’uomo con l’assoluto, del finito con l’infinito

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

La poesia “Mattina" è considerata il manifesto della poetica ungarettiana e probabilmente la lirica più rappresentativa dell’Ermetismo, per la sua brevità e il messaggio universale di cui si fa portatrice. Fa parte delle raccolte “L’Allegria", pubblicata per la prima volta nel 1931 a Napoli, inserita nella terza sezione, intitolata “Naufragi", e “Antologia della Diana", con il titolo originario di Cielo e mare, ma nella forma breve oggi conosciuta. Le tematiche affrontate nella raccolta esprimono i sentimenti di dolore nei confronti dell’esperienza della guerra, che il poeta visse in prima persona, nonché il senso di attaccamento alla vita che ne deriva e la fratellanza tra gli uomini. La scelta del titolo, Allegria, vuole alludere allo slancio positivo dell’uomo che sopravvive nonostante i dolori e i naufragi della vita. Pur essendo composta di soli due versi e appena quattro parole, Mattina rappresenta una delle poesie più complesse da analizzare e capire, soprattutto se non si parte dal contesto nel quale “vede la luce".

Storia

E’ il 26 gennaio 1917 quando il poeta, di stanza come volontario nel paesino di Santa Maria La Longa, in provincia di Udine, sul fronte del Carso, durante la prima Guerra Mondiale, scrive al collega Giovanni Papini una cartolina contenente tre composizioni, intitolate Burrasca, Desiderio e Cielo e mare, che diventerà Mattina e nella quale Ungaretti fotografa il momento dell’alba sulla vetta del monte San Michele del Carso, conquistata dagli italiani al prezzo di 200.000 vittime su entrambi gli schieramenti. L’oscurità si dirada e lo sguardo può spaziare a 360°, si vedono il mare, la pianura friulana, dalla parte opposta le cime delle Alpi Giulie e l’autore si perde nell’immensità.

“M’illumino / d’immenso / con un breve / moto / di sguardo" (Cielo e mare, Ungaretti)

Nella sua versione iniziale, dunque, Mattina era composta da cinque versi e nella parte finale specificava la modalità con cui la sensazione descritta nei primi due versi era percepita. Al momento di pubblicarla, però, Ungaretti elimina gli ultimi tre versi, pur mantenendo inizialmente il titolo originale di Cielo e Mare. La versione definitiva del componimento entrerà a far parte di una sorta diario di guerra in forma poetica, nel quale si susseguono i racconti dedicati all’esperienza militare dell’autore, che esprime i sentimenti del dolore e della sopraffazione provocati da un’esperienza, quella del soldato al fronte, così tragica e straniante.

Parafrasi

Mattina

Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917

M’illumino

d’immenso."

La lirica è costituita da un titolo, un’indicazione spazio-temporale e due soli versi. Dal punto di vista metrico, il poeta ricorre a due versi ternari, tre sillabe, e un settenario spezzato. Sotto il profilo fonetico, soprattutto nei due vocaboli emblematici, “illumino" e “immenso", spiccano l’allitterazione del suono /m/ e la presenza ravvicinata di due doppie, “ll" e “mm", funzionali ad evocare i primi suoni emessi dai bambini, i più adatti ad esprimere allo stesso tempo un profondo senso di incomunicabilità, indotto dagli eventi tragici della guerra, cui Ungaretti ogni giorno era costretto ad assistere in prima persona, e un irreprimibile bisogno di parlare.

Il componimento, dal punto di vista retorico, si riduce a un’unica, ma potentissima figura, la sinestesia, che accosta lo stimolo visivo e in certo senso anche corporeo della luce con l’immagine astratta ed esclusivamente concettuale dell’infinità.

Significato

In “Mattina", Ungaretti riesce a descrivere il desiderio di immensità dell’uomo in sole quattro parole: “M’illumino d’immenso". Sono proprio la brevità del componimento e il contesto nel quale viene ideato a schiudere la possibilità di molteplici interpretazioni e rendere più difficile, e non più semplice, coglierne il significato.

Come precedentemente approfondito, il titolo con la quale fu pubblicato per la prima volta questa lirica era “Cielo e mare" e in questa prima versione anche il testo era differente. La ragione per cui Giuseppe Ungaretti giunge alla versione finale di Mattina risiede nella scelta del poeta di ridurre progressivamente la quantità dei termini utilizzati per esprimere il nucleo centrale del componimento, per ottenere una concentrazione verbale e una densità semantica dei vocaboli maggiore, caricandoli così di senso e di valore e accrescendo la fulmineità e l’icasticità dei due versi rimanenti.

L’obiettivo è di comunicare l’incomunicabile. L’impatto con la luce violenta dell’alba produce una sensazione indescrivibile, intensa, che dona un senso di pienezza e di grandiosità. È lo spettacolo della vita che risorge dopo l’oscurità notturna, rivelazione improvvisa e folgorante del senso profondo della vita e delle cose, una sensazione fulminea e destabilizzante e, allo stesso tempo, un istante di sintonia tra l’interiorità del poeta e il mondo che lo circonda. Le parole utilizzate, minime ed essenziali, riescono così ad evocare una condizione esistenziale che ha un valore assoluto anche se rimane saldamente ancorata alla realtà concreta della storia individuale e collettiva, come ben dimostra l’indicazione della data e del luogo, che richiama all’abisso della guerra.

M’illumino d’immenso: la mappa concettuale

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