C'è un paio di scarpette rosse: l'analisi della poesia di Lussu
La poesia “C’è un paio di scarpette rosse” di Joyce Lussu rappresenta una testimonianza toccante e profonda degli orrori dell’Olocausto, focalizzandosi in particolare sul destino dei bambini nei campi di concentramento nazisti. Attraverso l’immagine evocativa di un paio di scarpette rosse, l’autrice riesce a trasmettere l’innocenza violata e la brutalità di un sistema disumano.
- C'è un paio di scarpette rosse: il testo della poesia di Joyce Lussu
- C'è un paio di scarpette rosse: contesto e significato
- C'è un paio di scarpette rosse: analisi e figure retoriche
- Le immagini simboliche e l'impatto emotivo
- I riferimenti impliciti e il potere della sottrazione
- Il linguaggio: la semplicità che amplifica l'orrore
- Un monito universale
C’è un paio di scarpette rosse: il testo della poesia di Joyce Lussu
C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede
ancora la marca di fabbrica
Schulze Monaco.
C’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio
di scarpette infantili
a Buchenwald.
Più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald.
Servivano a far coperte per i soldati.
Non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas.
C’è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald.
Erano di un bimbo di tre anni
forse di tre anni e mezzo.
Chissà di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto
lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini.
Anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perché i piedini dei bambini morti
non crescono.
C’è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
C’è un paio di scarpette rosse: contesto e significato
Joyce Lussu, nata Gioconda Beatrice Salvadori Paleotti nel 1912 a Firenze, è stata una figura di spicco nella lotta contro il nazifascismo, distinguendosi come partigiana, scrittrice e traduttrice. La sua esperienza diretta con gli orrori della guerra e l’impegno nella Resistenza italiana hanno profondamente influenzato la sua produzione letteraria.
La poesia “C’è un paio di scarpette rosse” è stata composta intorno al 1944-1945, in un periodo in cui le atrocità dei campi di concentramento nazisti stavano emergendo con tutta la loro crudezza. Lussu, attraverso questo componimento, intendeva denunciare la brutalità del regime nazista, focalizzandosi sull’innocenza spezzata dei bambini vittime dell’Olocausto.
Il significato della poesia è profondo e multilivello. Le scarpette rosse, simbolo di innocenza e vitalità infantile, rappresentano la vita interrotta di un bambino nel campo di concentramento di Buchenwald. Il colore rosso delle scarpette emerge come unica nota di colore in mezzo al grigiore e alla tristezza dei campi, sottolineando il contrasto tra la purezza dell’infanzia e la crudeltà dell’Olocausto.
C’è un paio di scarpette rosse: analisi e figure retoriche
La poesia è caratterizzata da una struttura apparentemente semplice, con versi liberi e un linguaggio piano e chiaro. Tuttavia, questa semplicità formale nasconde una profondità emotiva e simbolica notevole. La ripetizione del verso “C’è un paio di scarpette rosse” all’inizio di diverse strofe crea un effetto di filastrocca, che contrasta con la gravità del contenuto, amplificando l’impatto emotivo sul lettore.
Lussu utilizza anche l’anafora, ripetendo l’espressione “C’è un paio di scarpette rosse” per enfatizzare la presenza costante e ineludibile dell’orrore. Questa ripetizione crea un ritmo incalzante, quasi ossessivo, che riflette il peso emotivo della poesia e costringe il lettore a confrontarsi ripetutamente con l’immagine simbolica delle scarpette rosse. Questo stratagemma retorico sottolinea l’importanza della memoria e l’impossibilità di ignorare ciò che è accaduto.
Le immagini simboliche e l’impatto emotivo
La poesia è ricca di immagini altamente evocative che suscitano una forte risposta emotiva. Ad esempio, il dettaglio delle scarpette quasi nuove sottolinea l’assurdità della morte prematura: quei piedini che avrebbero dovuto crescere e consumare quelle suole, sono stati invece interrotti per sempre. Lussu suggerisce, con toccante semplicità, che la morte dei bambini nei campi di concentramento è una violazione non solo della vita, ma anche della natura stessa.
Un’altra immagine forte è quella del mucchio di riccioli biondi e di ciocche nere e castane, un riferimento diretto alla spersonalizzazione delle vittime. I capelli, un elemento così intimamente personale, sono trasformati in oggetti utilitari per fini bellici. Questo dettaglio denuncia la brutalità di un sistema che non si fermava nemmeno davanti all’innocenza dei più piccoli.
I riferimenti impliciti e il potere della sottrazione
La poesia non nomina mai esplicitamente gli aguzzini o i nazisti, ma il contesto storico e i riferimenti a Buchenwald rendono chiaro il messaggio. Lussu adotta una strategia narrativa che affida al non detto gran parte del potere evocativo: non viene descritta direttamente la violenza, ma gli effetti di essa, lasciando che il lettore immagini le atrocità.
Il verso “chissà di che colore erano gli occhi, bruciati nei forni” è un esempio straordinario di come Lussu affidi alla sottrazione il compito di rappresentare l’orrore. La mancanza di una descrizione dettagliata del bambino lo rende universale: quel bambino potrebbe essere uno qualunque, una perdita simbolica che abbraccia l’intera umanità.
Il linguaggio: la semplicità che amplifica l’orrore
Joyce Lussu utilizza un linguaggio estremamente semplice, privo di orpelli stilistici. Questa scelta è coerente con il contenuto della poesia, poiché permette di concentrarsi sull’essenza del messaggio senza distrazioni. La semplicità linguistica amplifica l’impatto emotivo, poiché lascia che siano le immagini e i simboli a parlare direttamente al cuore del lettore.
Nonostante questa semplicità, il testo è ricco di figure retoriche, come la personificazione delle scarpette, che diventano protagoniste e testimoni silenziose dell’orrore. Le scarpette “parlano” della tragedia senza bisogno di altre voci.
Un monito universale
In ultima analisi, “C’è un paio di scarpette rosse” non è solo un ricordo dell’Olocausto, ma anche un monito universale contro ogni forma di disumanizzazione. La poesia ci invita a non dimenticare, a mantenere viva la memoria delle vittime e a vigilare affinché simili atrocità non possano ripetersi.
La capacità della poesia di Joyce Lussu di attraversare il tempo e lo spazio, toccando profondamente chiunque la legga, è un esempio straordinario del potere della parola. Le scarpette rosse, così piccole e innocenti, ci ricordano quanto grandi e irreparabili possano essere le perdite quando l’umanità dimentica i suoi valori fondamentali.