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Ettore e Andromaca di Omero: parafrasi e riassunto

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

Nel cuore dell’epopea omerica, il dialogo tra Ettore e Andromaca rappresenta una delle scene più toccanti dell’Iliade. L’epica bellica, dominata da eroi, battaglie e duelli, si apre qui a una dimensione profondamente umana, dove la tenerezza e la paura, l’amore coniugale e il senso del dovere si intrecciano in un momento di sospensione drammatica. Ettore, il più valoroso difensore di Troia, incontra la moglie e il figlio sulle mura della città, prima di ritornare in battaglia. L’intensità del loro dialogo, l’espressione dei sentimenti più intimi e la consapevolezza del destino ineluttabile conferiscono a questo episodio un valore universale, capace di commuovere anche il lettore moderno.

Ettore e Andromaca: la parafrasi

Andromaca, informata dell’arrivo di Ettore, corre verso di lui attraversando la città. Figlia di Eezione, re dei Cilici, è originaria della città di Tebe in Cilicia, ed è stata data in sposa a Ettore con una grande dote. La donna non è sola: la accompagna una nutrice che porta in braccio il loro unico figlio, un bambino bellissimo paragonato a una stella. Il suo nome è Scamandrio, ma la gente lo chiama Astianatte, poiché Ettore è il principale difensore di Troia.

Alla vista del figlio, Ettore sorride in silenzio, mentre Andromaca, in lacrime, si avvicina al marito. Lo prende per mano e lo chiama affettuosamente, rimproverandolo per il suo coraggio temerario. Lo accusa di non avere pietà per lei e per il loro figlio, e prevede che presto rimarrà vedova, poiché tutti gli Achei si scaglieranno contro di lui.

Andromaca ricorda la morte violenta dei suoi genitori e dei suoi fratelli per mano di Achille, e il destino della madre, colpita da Artemide. Ora, rimasta sola, vede in Ettore l’unico legame con il mondo: è per lei padre, madre, fratello e marito. Lo supplica di non andare in battaglia, di restare con lei e il figlio. Gli consiglia di organizzare la difesa della città in un altro punto delle mura, dove gli Achei potrebbero tentare l’assalto.

Ettore le risponde con dolcezza ma con fermezza. Le parole della moglie gli sono care, ma il suo cuore non gli permette di fuggire il combattimento. Teme il giudizio dei Troiani e la vergogna di essere considerato un codardo. Da sempre ha imparato a essere coraggioso e a combattere per la gloria del padre e per la propria. Sa che un giorno Troia cadrà, così come Priamo e tutta la sua famiglia. Ma più del dolore per la sua città, ciò che davvero lo angoscia è il destino di Andromaca: la immagina prigioniera in una terra straniera, costretta a lavorare per altre donne, mentre qualcuno la riconoscerà come la moglie di Ettore, il grande eroe troiano. Questo pensiero lo tormenta più di ogni altro, e preferirebbe morire prima di dover assistere a una tale scena.

Terminato il discorso, Ettore prende in braccio il figlio. Il bambino, impaurito dalle armi e dall’elmo del padre, si nasconde nella nutrice. Ettore e Andromaca sorridono teneramente. L’eroe si toglie l’elmo, lo depone a terra e solleva il figlio al cielo, pregando gli dei affinché diventi un uomo valoroso, ancora più grande di lui. Poi restituisce il bambino alla moglie, che lo accoglie sul petto con un misto di lacrime e sorriso. Ettore la accarezza, la invita a non rattristarsi e le raccomanda di dedicarsi ai lavori domestici, lasciando agli uomini il compito della guerra.

Detto ciò, Ettore raccoglie l’elmo e si allontana. Andromaca lo guarda partire, piangendo amaramente. Tornata a casa, le ancelle la accolgono in lacrime, temendo di non rivedere mai più Ettore vivo.

Ettore e Andromaca: il riassunto

Il brano di Ettore e Andromaca si colloca nel sesto libro dell’Iliade, opera attribuita a Omero, poeta greco vissuto, secondo la tradizione, tra l’VIII e il VII secolo a.C. L’Iliade racconta le vicende della guerra di Troia, concentrandosi in particolare sull’ira di Achille e sulle sue conseguenze, ma intrecciando anche molte storie collaterali, come quella tra Ettore e Andromaca.

Questo episodio si inserisce in un momento di pausa narrativa tra i combattimenti, e rappresenta una parentesi di umanità e tenerezza all’interno del contesto tragico della guerra. La scena, intima e familiare, assume un forte valore simbolico: al centro vi è lo scontro tra l’amore e il dovere, tra l’istinto di protezione della famiglia e la necessità di onorare il proprio ruolo sociale e militare.

Il significato dell’episodio è profondamente universale: Ettore incarna il conflitto eterno tra il desiderio di pace e la responsabilità dell’eroe. Andromaca, dal canto suo, rappresenta la voce della vita domestica e della sofferenza femminile, quella parte silenziosa ma devastata dalla guerra. Il figlio, ancora inconsapevole, è simbolo della continuità e della speranza in un futuro incerto.

Il messaggio dell’autore è chiaro: dietro ogni eroe c’è un essere umano, e ogni battaglia ha un prezzo affettivo e morale che va ben oltre l’esito del combattimento.

Ettore e Andromaca: contesto e significato

Dal punto di vista storico e letterario, l’episodio si colloca all’interno della più ampia narrazione dell’Iliade, poema epico che non narra l’intera guerra di Troia, ma si concentra su un breve arco temporale – pochi giorni – nel decimo anno dell’assedio acheo.

La figura di Ettore è emblematica: egli è il difensore per eccellenza della città, eroe troiano per antonomasia, coraggioso e leale, profondamente diverso da Achille, più individualista e impulsivo. Ettore agisce per il bene della comunità, e la sua statura morale emerge soprattutto in questo dialogo con la moglie.

Il linguaggio poetico omerico è solenne, ma capace di toccare corde emotive autentiche. La scena è costruita con grande maestria drammatica: l’arrivo di Andromaca, il dialogo, il gesto paterno, la preghiera, il distacco finale. Ogni elemento concorre a generare empatia nel lettore.

L’ineluttabilità del destino è uno dei temi centrali. Ettore sa che Troia cadrà, che egli stesso morirà. Eppure, non si sottrae. Anzi, agisce con una dignità eroica che eleva la sua figura a simbolo di resistenza morale.

Analisi

Sul piano formale, il brano è strutturato con grande equilibrio. Si apre con una narrazione descrittiva e si sviluppa attraverso un ampio discorso diretto, che permette di approfondire la psicologia dei personaggi.

Il linguaggio poetico è ricco di epiteti formulari, tipici della poesia omerica (come “dolce consorte”, “generoso Ettorre”), e l’uso di similitudini accentua l’intensità emotiva (il figlio paragonato a una stella, l’elmo che spaventa il bambino). Questi elementi stilistici non sono puramente ornamentali: servono a creare una connessione immediata tra i lettori e i personaggi.

Il dialogo mette in scena due visioni del mondo: quella affettiva e privata di Andromaca, e quella pubblica e guerriera di Ettore. Ma non c’è un vero scontro tra i due: c’è, piuttosto, un incontro profondo, un ascolto reciproco, anche se con esiti tragici. La retorica è commovente, ma mai artificiosa.

Uno degli elementi più forti è la profezia implicita: Ettore parla del futuro come già scritto, e la sua preghiera per il figlio assume un valore ironico e tragico, perché il lettore sa che né Ettore né Astianatte avranno il destino sperato.

La figura di Andromaca

Nel panorama dei personaggi femminili dell’epica classica, Andromaca occupa un posto particolare. Non è solo la moglie di Ettore, ma una donna completa, consapevole, dotata di una profonda interiorità. Il suo discorso è il più lungo pronunciato da una donna nell’intera Iliade, e contiene un fortissimo appello alla vita.

Andromaca si oppone al destino eroico del marito, ma lo fa con rispetto, cercando di convincerlo con la memoria, con l’affetto, con la ragione. Il suo ruolo non è solo quello di piangere l’eroe: è attiva, propone una strategia difensiva, mostra intelligenza politica e militare. In lei si concentra il dolore di tutte le donne troiane, e la sua figura diventa simbolo della vittima silenziosa della guerra.

La paternità eroica

Un altro tema centrale è quello della paternità. Ettore, nel momento in cui solleva il figlio e prega per lui, si distacca per un attimo dalla dimensione dell’eroe e assume quella del padre tenero e speranzoso. L’immagine del bambino che piange spaventato dalle armi è fortemente simbolica: rappresenta il rifiuto spontaneo dell’universo bellico, la natura che si oppone alla guerra.

Ettore sogna per il figlio un futuro di gloria, ma allo stesso tempo manifesta un amore profondissimo che gli spezza il cuore. L’intimità familiare in questa scena è così forte da travalicare i confini dell’epica, avvicinandosi alla tragedia e alla lirica.

Il brano di Ettore e Andromaca è uno dei vertici della poesia omerica, per la sua capacità di unire pathos e struttura epica, umanità e destino, amore e morte. In esso si riflette la grandezza dell’eroe non solo nel campo di battaglia, ma soprattutto nella sua capacità di amare, di soffrire, di pensare al futuro dei propri cari. È in questo equilibrio tra forza e vulnerabilità che Omero costruisce la vera grandezza di Ettore. E attraverso Andromaca, ci consegna il volto più autentico e dolente della guerra.