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Manzoni e la questione della lingua

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

La questione della lingua italiana e il ruolo di Manzoni è uno dei temi centrali che ha accompagnato la riflessione culturale e letteraria del XIX secolo, soprattutto nel contesto storico dell’Unità d’Italia. Alessandro Manzoni, noto principalmente per il suo romanzo “I promessi sposi”, è stato anche un importante promotore di una riflessione sulla lingua italiana, cercando di trovare una soluzione alla frammentazione linguistica che caratterizzava l’Italia prima e dopo l’unificazione. Questo tema è cruciale non solo dal punto di vista letterario, ma anche politico e sociale, poiché una lingua unitaria era vista come un mezzo indispensabile per consolidare l’identità nazionale.

La necessità di un’unica lingua dopo l’unità d’Italia

Con l’Unità d’Italia nel 1861, il nuovo Stato si trovò di fronte a una sfida significativa: quella di costruire un’identità nazionale coesa in un paese frammentato non solo politicamente, ma anche linguisticamente. A quel tempo, infatti, l’italiano era una lingua conosciuta e parlata solo da una ristretta élite colta, mentre la maggior parte della popolazione si esprimeva attraverso una vasta gamma di dialetti regionali. Questa diversità linguistica rappresentava un ostacolo alla diffusione dell’istruzione, alla comunicazione fra le diverse aree del paese e, in definitiva, alla costruzione di una vera coscienza nazionale.

In questo contesto, la necessità di un’unica lingua divenne un imperativo per i nuovi governi e per gli intellettuali italiani. Non si trattava solo di una questione letteraria, ma anche di una necessità pratica per facilitare la comunicazione tra i cittadini di diverse regioni e per promuovere l’unificazione culturale. Manzoni fu uno dei principali sostenitori di questa idea, riconoscendo che una lingua comune avrebbe permesso al popolo italiano di riconoscersi come nazione unita. Egli riteneva che la diffusione di un’unica lingua fosse essenziale per il progresso della società italiana e per l’educazione del popolo, eliminando le barriere che i dialetti potevano rappresentare.

L’esigenza di unificare la lingua era quindi parte integrante del progetto di modernizzazione dell’Italia post-unitaria. Per raggiungere questo obiettivo, era necessario stabilire quale varietà di italiano avrebbe dovuto fungere da modello per il resto del paese. La questione della lingua era dunque non solo un problema di scelta lessicale o grammaticale, ma una questione ideologica legata all’idea stessa di nazione.

Il ruolo di Manzoni nella questione della lingua

Il contributo di Alessandro Manzoni alla questione della lingua italiana è stato fondamentale. Oltre ad essere uno dei più grandi romanzieri italiani, Manzoni fu anche un intellettuale profondamente coinvolto nei dibattiti culturali e sociali del suo tempo. Egli si dedicò con grande impegno alla ricerca di una lingua che potesse essere compresa e utilizzata da tutti gli italiani. Il suo contributo si manifestò in modo particolare attraverso due aspetti: la lingua de “I promessi sposi” e il suo impegno nella riflessione teorica sulla lingua.

Nel caso de “I promessi sposi”, Manzoni adottò un italiano che fosse quanto più possibile comprensibile e accessibile a un ampio pubblico. Per fare questo, intraprese un viaggio a Firenze con l’obiettivo di purificare il linguaggio del suo romanzo e adeguarlo a quello parlato nella Toscana, regione considerata il centro della purezza linguistica. Firenze, infatti, era ritenuta il luogo in cui si parlava il miglior italiano, grazie alla sua tradizione letteraria e alla sua stabilità linguistica. Dopo il viaggio, Manzoni rivide l’intera stesura del romanzo per avvicinare il suo stile a quello del fiorentino colto. Questo processo, noto come la risciacquatura in Arno, riflette il desiderio di Manzoni di fornire un modello linguistico che potesse essere adottato a livello nazionale.

Ma Manzoni non si limitò alla prassi letteraria: la sua riflessione sulla lingua divenne anche teorica e influenzò in modo significativo i successivi dibattiti linguistici in Italia. Nel 1868, pubblicò una Relazione intorno alla lingua che, su incarico del ministro dell’istruzione dell’epoca, affrontava direttamente il problema dell’insegnamento della lingua italiana nelle scuole del Regno. In questo scritto, Manzoni proponeva l’adozione del fiorentino come lingua ufficiale dell’Italia unita, sottolineando l’importanza di una standardizzazione linguistica per favorire la diffusione dell’educazione e per consolidare l’identità nazionale.

Manzoni vedeva la lingua non solo come uno strumento di comunicazione, ma anche come un veicolo per la trasmissione dei valori culturali e morali della nazione. La sua concezione della lingua era profondamente legata alla sua visione etica della letteratura: una lingua unitaria avrebbe permesso al popolo italiano di accedere a una comune cultura e di formare una coscienza collettiva. In questo senso, la lingua diventava per Manzoni un simbolo di unificazione non solo politica, ma anche morale.

Il suo lavoro sulla questione della lingua influenzò profondamente il processo di formazione dell’italiano moderno. La diffusione de “I promessi sposi”, insieme al riconoscimento del fiorentino come modello linguistico, contribuì alla graduale affermazione di una lingua nazionale. Sebbene ci volessero molti decenni prima che l’italiano divenisse effettivamente la lingua parlata da tutti gli italiani, l’opera di Manzoni segnò una tappa fondamentale in questo percorso.