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Paul Verlaine: Arte poetica e la sua idea di poesia

Il manifesto lirico del “poeta maledetto”, ispirato all’opera di Orazio, fissa nuovi canoni, abolisce le rime e restituisce al lettore la libertà di interpretazione

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Vissuto nella seconda metà dell’800, Paul Verlaine fa parte dei cosiddetti “poeti maledetti” e rientra in quel simbolismo nato da una crisi della ragione e da una profonda sfiducia nella possibilità di riuscire a descrivere razionalmente la vita e l’uomo. Di qui una concezione della poesia assolutamente particolare, che Verlaine illustra in quello che può essere definito il suo manifesto, la poesia “Arte poetica”, ispirata all’ars poetica di Orazio, dalla quale eredita anche il concetto di “labor limae”, per distinguersi dagli altri generi.

“Arte poetica”

Composta da nove quartine, dai versi di lunghezze differenti, la lirica risponde perfettamente alla descrizione che ne fa l’autore nella stessa poesia-manifesto, una “sfumatura” che mescola riflessioni e idee, con uno stile fresco e frizzante, che la differenzia dalla “letteratura”.

La musica prima di ogni altra cosa:

e per questo preferisci l’impari,

più vago e solubile nell’aria,

senza nulla in sé che pesi e si posi.

Non devi nemmeno scegliere

le tue parole senza qualche errore:

nulla è più caro della canzone grigia

in cui l’incerto si unisca al preciso.

Sono occhi deliziosi dietro veli,

è la grande luce tremante di mezzogiorno,

è, in un caldo d’autunno,

l’azzurro brulichio di chiare stelle!

Perché vogliamo ancor la sfumatura,

non colore, ma solo sfumatura!

Oh, solo essa accoppia il sogno

al sogno e il flauto al corno!

Va più lontano possibile dall’assassina arguzia,

dal crudele spirito e dall’impuro riso,

che fanno piangere gli occhi dell’azzurro

e tutto quell’aglio di bassa cucina!

Prendi l’eloquenza e torcile il collo!

E farai bene, in vena d’energia,

a moderare un poco anche la rima.

Fin dove andrà, se non ci fai attenzione?

Oh, chi dirà i torti della rima?

Quale bambino sordo o negro pazzo

ci ha plasmato questo gioiello da un soldo,

che sotto la lima suona vuoto e falso?

La musica, ancora e sempre!

Il tuo verso sia la cosa che va via,

che si sente fuggire da un’anima in cammino

verso altri cieli e altri amori.

Il tuo verso sia l’avventura buona

sparsa al vento increspato del mattino

che va sfiorando la menta e il timo…

E tutto il resto è letteratura.

Commento e Analisi

Arte poetica è lo strumento attraverso il quale Verlaine si propone di stravolgere i canoni della poesia, spostandone i confini, per restituire all’autore la libertà di scrivere libero dai legacci della forma e della consuetudine, e al lettore quella di interpretare secondo la propria sensibilità.

Per Verlaine è la musicalità l’elemento più importante del suo modo di fare poesia ed è per questo che fissa il concetto in apertura e chiusura del testo. Sono il suono e il ritmo, infatti, le due caratteristiche fondamentali della sua lirica e sono ciò che la distinguono dalla prosa. La predilezione del poeta, allora, non può che cadere sull’utilizzo del verso dispari anziché del verso pari.

Anche la scelta delle parole in Verlaine prende una sua strada particolare, lontana se non agli antipodi di un linguaggio troppo preciso nel definire ogni cosa: il poeta deve puntare alla vaghezza e optare per vocaboli che lascino spazio all’immaginazione. Il lettore deve essere attratto dalla poesia e non limitarsi a subirla, mentre chi scrive da parte sua deve essere sempre allusivo e mai troppo diretto.

Perché ancora bramiamo sfumature,

sfumatura soltanto, non colore!

Charles Baudelaire, vita e opere del poeta francese

È in queste sfumature l’idea di Verlaine della poesia, che deve restare sempre qualcosa di accennato, di mai spiegato. La poesia, per essere gustata appieno, deve essere in grado di affascinare il lettore con piccoli, misteriosi accenni.

La forma, infine, deve evitare la retorica, piuttosto che le sottigliezze intellettuali e le arguzie, tutti espedienti di bassa lega.

Prendi l’eloquenza e torcigli il collo!

Bene farai, se con ogni energia

farai la Rima un poco più assennata.

Allo stesso modo, va superata la dipendenza della poesia dalle rime, considerati un inutile ammennicolo esteriore, che non aggiunge nulla ed è ormai inflazionato, “quel gioiello da un soldo che suona vuoto e falso sotto la lima”.

Quindi Verlaine torna ad invocare la forza della musica ed il suo ruolo essenziale nella poesia, affinché si possa penetrarla ed apprezzarla in pieno. Perché è la musicalità dei versi a far risuonare le sensazioni e le riflessioni che si mescolano al suo ritmo, facendo della poesia quell’opera frizzante e fresca che, rifuggendo dall’intelligenza, definita “arguzia assassina”, e dal sarcasmo, non a caso chiamato “la cattiveria”, si contrappone a tutte le altre forme letterarie, perché è qualcosa di più.

E tutto il resto è letteratura.