Atlante: il Titano che regge il peso del mondo sulle spalle
Il re della Mauretania, da non confondere con il figlio di Poseidone, fu costretto da Zeus a tenere sulle spalle l'intera volta celeste come forma di punizione per essersi alleato con Crono, contro gli dei dell'Olimpo, durante la Titanomachia
Atlante nella mitologia
Atlante è un personaggio della mitologia greca, titano di seconda generazione e re della Mauretania, da non confondere con l’omonimo figlio di Poseidone e Clito citato nei dialoghi Timeo e Crizia di Platone. Nato da Giapeto e da un’Oceanina, secondo alcuni Climene e secondo altri Asia, sposò Pleione e con lei generò le Pleiadi, le Iadi e Iante, anche se, talvolta, viene citato anche come padre delle Esperidi, di Calipso (nel I libro dell’Odissea, in cui viene descritto poeticamente come uno dei pilastri del cielo), Mera e Dione. Grande esperto di astrologia, veniva considerato il primo ad aver studiato la scienza dell’astronomia. Diodoro Siculo scrisse che fu il primo a rappresentare il mondo per mezzo di una sfera e per questo motivo si diceva che portasse il cielo sulle spalle. Secondo Esiodo, invece, questa altro non fu che una punizione impartitagli da Zeus per aver, durante la Titanomachia, appoggiato Crono nella sua battaglia contro gli dei dell’Olimpo. Atlante compare anche in una delle dodici fatiche di Ercole: il titano convinse l’eroe a sostituirlo temporaneamente nella sua punizione offrendosi di raccogliere i pomi d’oro dall’albero del giardino delle Esperidi al suo posto ma, una volta concluso lo scambio, Eracle gli chiese di reggere momentaneamente il peso per potersi mettere qualcosa sotto le ginocchia, quindi raccolse le tre mele lasciate a terra e se ne andò. Secondo un’antica tradizione, il titano venne pietrificato da Perseo, che gli mostrò la testa di Medusa per punirlo di non averlo ospitato: Atlante si trasformò così nell’omonima catena montuosa che si estende tra Marocco, Algeria e Tunisia. Nella nomenclatura del corpo umano, la prima vertebra della colonna vertebrale, per l’appunto, atlante, deve il suo nome proprio a questo personaggio, dal momento che sostiene il cranio esattamente come il titano regge la sfera celeste.
La storia di Atlante
Atlante nacque nel Caos di quell’inizio primordiale della storia del mondo e suo padre Giapeto è il figlio di Urano e Gea, cioè il Cielo e la Terra – entrambi figli della Notte – che si incontrarono e diedero vita alla stirpe dei Titani. Giapeto è anche fratello di Crono e, insieme a lui, castra il padre su istigazione della madre, stanca di vedere la propria prole rinchiusa nel Tartaro, cioè nel ventre stesso della Terra. La madre di Atlante, invece, probabilmente Climene, a sua volta figlia di Oceano, generò anche Prometeo, Menezio ed Epimeteo, i cosiddetti Titani di seconda generazione, tutti puniti – ad eccezione dell’ultimo – da Zeus per la loro ribellione. Del resto, erano questi i tempi della Titanomachia, cioè della guerra tra Crono e i suoi stessi figli, che era solito tentare di divorare per paura di essere spodestato. La moglie Rea, però, riuscì a nascondergli la nascita di Zeus, che riuscirà poi a far ‘vomitare’ al padre i suoi fratelli e sorelle, sostituendosi a lui come re dell’Olimpo. I titani – ad eccezione di Prometeo ed Epimeteo – si schierarono dalla parte di Crono e condussero una guerra di duecentocinquantamila anni, che non fece né vincitori né vinti, almeno finché Zeus si alleò con i Ciclopi e i Giganti centimani. Atlante venne così condannato a reggere sulle spalle la volta del cielo, mentre Menezio e gli altri Titani vennero cacciati nel Tartaro e ivi incatenati. Come scritto da Esiodo in ‘Teogonia’, “Per duro fato Atlante sostiene l’amplissimo cielo, di fronte alle Esperidi, voci soavi, ai confini della terra: facendo forza con la testa lo regge, con infaticabili braccia; tale destino per lui stabilì l’accorto Zeus”. Così si compì il destino di “Atlante dal cuore violento” e del fratello Menezio, punito “per via della sua arroganza e forza senza pari”. Da allora, Atlante è ancora lì, nelle terre del tramonto, con il gravoso compito di reggere tutto il peso del Cielo sulle proprie spalle per l’eternità. Lui, così come tutti i suoi fratelli Titani, rappresentano sia l’emblema del fallimento per chi osa sfidare i limiti umani, sia il coraggio e la preziosa abilità di sapersi sacrificare per il bene comune.