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Il mito di Pandora

Questo personaggio della mitologia greca è legato a quello del vaso affidatole da Zeus con la raccomandazione, non rispettata, di non aprirlo mai

Silvia Pino

Silvia Pino

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Ho iniziato con le lingue straniere, ho continuato con la traduzione e poi con l’editoria. Sono stata catturata dalla critica del testo perché stregata dalle parole, dalla comunicazione per pura casualità. Leggo, indago e amo i giochi di parole. Poiché non era abbastanza ho iniziato a scrivere e non mi sono più fermata.

Le origini di Pandora

Ne ‘Le opere e i giorni’ di Esiodo si narra della furia di Giove nei confronti di Prometeo per aver rubato il fuoco. Il Titano, infatti, aveva forgiato il primo uomo sfruttando la terra e la pioggia e gli aveva donato astuzia, forza, fierezza, ambizione e timidezza, prima di renderlo animato proprio grazie al fuoco divino, che sarebbe però dovuto rimanere un privilegio degli esseri soprannaturali dell’Olimpo. Il castigo fu terribile: Prometeo, infatti, venne incatenato sul Caucaso mentre un’aquila – o secondo altre versioni un corvo – gli avrebbe divorato il fegato, che sarebbe ricresciuto ogni notte, al fine di condannarlo a un’eterna agonia. Agli uomini fu reso un infido dono e alle donne, invece, vennero riservate infinite sofferenze. È in questo contesto che Zeus ordinò ad Efesto di forgiare Pandora, alla quale ogni dio offrì in regalo una particolare caratteristica, come bellezza, virtù, abilità, grazia, astuzia e ingegno.

Pandora e il vaso affidatole da Zeus

Ermes, che aveva donato a Pandora astuzia e curiosità, ricevette l’ordine di condurla da Epimeteo, il fratello di Prometeo nel frattempo liberato da Eracle e da cui avrà Pirra. Quest’ultimo lo avvertì di non accettare nulla dagli dei ma egli, innamoratosi a prima vista della fanciulla, la prese con sé, la sposò ed ebbe da lei una figlia, di nome Pirra, destinata a diventare la consorte di di Deucalione, nonché la madre della nuova umanità a seguito del diluvio che sommergerà l’Ellade. Pandora custodiva un vaso, che le era stato affidato da Zeus con l’ordine di non aprirlo mai. La sua curiosità, però, la portò ben presto a disobbedire tale raccomandazione e, una volta, scoperchiato, tutti i mali – come vecchiaia, gelosia, malattia, dolore, pazzia e vizi – fuoriuscirono, abbattendosi sull’umanità: il mondo, di fatto, fin lì una sorta di paradiso terrestre, si trasformò di colpo in un luogo estremamente cupo e inospitale. La sola cosa che rimase all’interno del vaso, la speranza, non ebbe modo di diffondersi, in quanto la ragazza lo richiuse prima che ciò avvenisse.

Il racconto di Esiodo ne ‘Le opere e i giorni’

«Così disse ed essi obbedirono a Zeus signore, figlio di Crono. E subito l’inclito Ambidestro, per volere di Zeus, plasmò dalla terra una figura simile a una vergine casta; Atena occhio di mare, le diede un cinto e l’adornò; e le Grazie divine e Persuasione veneranda intorno al suo corpo condussero aurei monili; le Ore dalla splendida chioma, l’incoronarono con fiori di primavera; e Pallade Atena adattò alle membra ornamenti di ogni genere. Infine il messaggero Argifonte le pose nel cuore menzogne, scaltre lusinghe e indole astuta, per volere di Zeus cupitonante; e voce le infuse l’araldo divino, e chiamò questa donna Pandora, perché tutti gli abitanti dell’Olimpo l’avevano portata in dono, sciagura agli uomini laboriosi. Poi, quando compì l’arduo inganno, senza rimedio, il Padre mandò a Epimeteo l’inclito Argifonte portatore del dono, veloce araldo degli dèi; né Epimeteo pensò alle parole che Prometeo gli aveva rivolto: mai accettare un dono da Zeus Olimpio, ma rimandarlo indietro, perché non divenga un male per i mortali. Lo accolse e possedeva il male, prima di riconoscerlo. Prima infatti le stirpi degli uomini abitavano la terra del tutto al riparo dal dolore, lontano dalla dura fatica, lontano dalle crudeli malattie che recano all’uomo la morte (rapidamente nel dolore gli uomini avvizziscono). Ma la donna di sua mano sollevò il grande coperchio dell’orcio e tutto disperse, procurando agli uomini sciagure luttuose. Sola lì rimase Speranza nella casa infrangibile, dentro, al di sotto del bordo dell’orcio, né se ne volò fuori; ché Pandora prima ricoprì la giara, per volere dell’egioco Zeus, adunatore dei nembi. E altri mali, infiniti, vanno errando fra gli uomini».