Il mito di Adone e Afrodite
Dopo averlo salvato alla nascita, la dea s'innamorò del giovane al punto che, alla sua morte, convinse Zeus a concedergli quattro mesi di vita sulla Terra, quattro nell'Ade e quattro in un posto a sua scelta
La nascita di Adone
Adone fu il frutto della relazione incestuosa tra Mirra e suo padre Cirene, re di Cipro. La donna sedusse l’uomo aiutata dalla nutrice Ippolita e questi, quando scoprì l’inganno, illuminando il volto della giovane, tentò di ucciderla. Ella, già gravida, abbandonò la Pancaia e la sua fuga coprì l’intero periodo della gravidanza. Ormai prossima al parto, giunse nella lontana terra di Saba e, stremata, confessò agli dei la propria colpa, chiedendo loro di essere bandita sia dal mondo dei vivi che da quello dei morti. Questi, però, ascoltando la sua preghiera e il suo pianto disperato, decisero di trasformarla in un albero, per l’appunto, di mirra, le cui profumatissime gocce di resina ricordavano le amare lacrime da lei versate. La storia, narrata in ‘Biblioteca’ dello Pseudo-Apollodoro e poi ne ‘Le Metamorfosi’ di Ovidio, si conclude con la nascita di Adone, «creatura mal concepita cresciuta sotto il legno»: il giovane, tuttavia, stentò a farsi spazio all’interno della ‘prigione arborea’ in cui si era tramutata la madre, priva della voce necessaria per invocare Giunone Lucina. La dea, ad ogni modo, provando pietà per la giovane madre, accorse sul luogo, pose le sue mani sulla corteccia e pronunciò la formula del parto, aprendo così un varco dal quale uscì un bellissimo neonato, di cui si presero immediatamente cura le Naiadi, che lo unsero con le lacrime della madre.
L’amore di Afrodite per Adone
Adone, con la sua incredibile e impareggiabile bellezza, stregò letteralmente Afrodite, che lo amò in maniera appassionata, al pari di Persefone. Secondo quanto raccontato dallo Pseudo-Apollodoro, Afrodite lo mandò, appena nato, dalla futura ‘rivale in amore’ in una cassa di legno, affinché lo tenesse al sicuro in un angolo buio. Quest’ultima, però, spinta da un’impaziente curiosità, aprì il cofano e vide al suo interno un bambino bellissimo. Se ne innamorò all’istante e lo tenne con sé nel suo palazzo. Afrodite, quando venne informata della faccenda, infuriata, si recò nel Tartaro per rivendicare Adone. Persefone, tuttavia, si rifiutò di restituirlo ad Afrodite ed essa coinvolse Zeus, affinché pronunciasse il proprio verdetto. Il re dell’Olimpo, ben consapevole che, a prescindere da ciò che avrebbe detto, non avrebbe mai potuto impedire ad Afrodite di unirsi con l’aitante fanciullo, scelse di non immischiarsi in una così sgradevole questione, delegando di fatto la decisione finale ad un tribunale meno prestigioso, presieduto dalla Musa Calliope. Questa stabilì che Afrodite e Persefone meritavano di avere pari autorità su Adone: la prima in quanto l’aveva salvato al momento della nascita e la seconda per aver fatto lo stesso in seguito, nel momento in cui scoperchiò il cofanetto contenente il fanciullo. Così, Calliope risolse la disputa ordinando al ragazzo di passare un terzo dell’anno con Afrodite, un terzo con Persefone e un terzo con una persona a sua scelta. Secondo altre versioni, tuttavia, Zeus s’interessò eccome alla questione e fu lui stesso ad emettere tale verdetto. Ad ogni modo, Afrodite accettò tutt’altro che di buon grado il fatto che non avesse ricevuto una sorta di ‘esclusiva’ su Adone e riversò la propria frustrazione sulle Menadi, costrette ad amare il figlio di Calliope, Orfeo, in maniera disperata. Al deciso rifiuto del musico, queste, offese nel profondo, lo dilaniarono. Dopodiché, indossò una cintura magica capace di stimolare il desiderio sessuale ed attirò Adone fra le proprie braccia, inducendolo a trascorrere con lei anche i quattro mesi che avrebbe invece potuto passare con chi avrebbe voluto e, infine, lo convinse a ridurre il periodo ‘spettante’ a Persefone. Secondo alcuni autori, fu una donna di nome Elena aiutò Afrodite a sedurre Adone, mentre altri raccontano che, un giorno, la Musa Clio insultò Afrodite per la sua storia d’amore con il giovane e quest’ultima, adirata, la fece perdutamente innamorare di Piero, il figlio di Magnete. Secondo Ovidio, invece, a provocare tale smisurata passione nella dea, fu una freccia involontariamente scagliata dal figlioletto Eros mentre lo avvolgeva in un abbraccio. Ad ogni modo, proprio a causa del suo amore per Adone, Afrodite smise di visitare Citera, Pafo e tutti gli altri suoi luoghi di culto. Non smise, al contrario, di seguirlo ogni attimo nei boschi e nelle selve, assecondando la sua passione per la caccia e liberando i cani contro lepri, caprioli e cervi al fine di facilitargli il compito, e dalla loro relazione nacquero Priapo, Golgo, Istaspe, Zeriadre e Beroe. Secondo altri mitografi, tuttavia, proprio durante una battuta di caccia, Adone venne ucciso da un cinghiale mandato sul posto da Apollo che, in preda alla gelosia, chiese aiuto ad Artemide ed Ares, amante della stessa Afrodite. Dal sangue del giovane ormai in fin di vita crebbero gli anemoni, mentre da quello della dea, feritasi tra i rovi mentre era ivi accorsa per tentare di salvarlo, le rose rosse. Zeus, sinceramente commosso dalla struggente scena, permise al giovane di vivere quattro mesi nel regno dell’Ade, quattro sulla Terra assieme alla sua amante e quattro ovunque avrebbe voluto.