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Adolf Hitler: vita, ascesa al potere e ideologia

Andrea Bosio

Andrea Bosio

INSEGNANTE DI FILOSOFIA E STORIA

Nato a Genova, è cresciuto a Savona. Si è laureato in Scienze storiche presso l’Università di Genova, occupandosi di storia della comunicazione scientifica e di storia della Chiesa. È dottorando presso la Facoltà valdese di teologia. Per Effatà editrice, ha pubblicato il volume Giovani Minzoni terra incognita.

Adolf Hitler è una figura centrale nella storia del XX secolo, noto per la sua ascesa al potere in Germania e per le devastanti conseguenze delle sue politiche durante la Seconda Guerra Mondiale. La sua vita e carriera politica sono caratterizzate da eventi che hanno profondamente influenzato il corso della storia mondiale.

I primi anni: nascita e formazione

Nato il 20 aprile 1889 a Braunau am Inn, una cittadina austriaca al confine con la Germania, Adolf Hitler era figlio di Alois Hitler, un funzionario doganale, e Klara Pölzl. Durante l’infanzia, la famiglia si trasferì più volte, stabilendosi infine a Linz. Hitler mostrò interesse per l’arte fin da giovane, aspirando a diventare pittore. Tuttavia, fu respinto due volte dall’Accademia di Belle Arti di Vienna, nel 1907 e nel 1908, a causa della sua scarsa attitudine al disegno figurativo. Questi fallimenti alimentarono in lui un crescente risentimento verso le istituzioni e le élite culturali.

Esperienze a Vienna e Monaco

Tra il 1909 e il 1913, Hitler visse a Vienna, mantenendosi con difficoltà attraverso la vendita di cartoline dipinte e lavori saltuari. Fu in questo periodo che sviluppò le sue prime idee politiche, influenzato dall’antisemitismo e dal nazionalismo pangermanico prevalenti nella città. Nel 1913 si trasferì a Monaco di Baviera, in parte per sfuggire al servizio militare obbligatorio austriaco, che disprezzava.

La Prima Guerra Mondiale: un punto di svolta

Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1914, Hitler si arruolò volontariamente nell’esercito tedesco, servendo come corriere sul fronte occidentale. Partecipò a diverse battaglie, tra cui la Prima Battaglia di Ypres, e fu decorato con la Croce di Ferro di prima classe per il coraggio dimostrato. La guerra rappresentò per lui un’esperienza formativa, rafforzando il suo senso di appartenenza alla nazione tedesca e il disprezzo per la Repubblica di Weimar, che considerava responsabile della sconfitta e dell’umiliazione della Germania.

L’ingresso in politica: il Partito Nazionalsocialista

Dopo la guerra, Hitler rimase nell’esercito e fu incaricato di attività di propaganda. Nel 1919 si unì al Partito dei Lavoratori Tedeschi (DAP), un piccolo gruppo nazionalista e antisemita. Grazie alle sue abilità oratorie e organizzative, rapidamente divenne una figura di spicco, trasformando il DAP nel Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP), noto come Partito Nazista. Nel 1921, assunse la leadership del partito, adottando il titolo di Führer.

Il Putsch di Monaco e la prigionia

Nel novembre 1923, ispirato dal colpo di Stato di Mussolini in Italia, Hitler tentò un’insurrezione a Monaco, nota come Putsch della Birreria, con l’obiettivo di rovesciare il governo di Weimar. Il tentativo fallì, e Hitler fu arrestato e condannato a cinque anni di prigione per tradimento. Durante la detenzione, scrisse “Mein Kampf” (“La mia battaglia”), un’opera autobiografica e programmatica in cui delineava le sue idee politiche, tra cui l’antisemitismo, il rifiuto del trattato di Versailles e la necessità di espandere il Lebensraum (“spazio vitale”) per il popolo tedesco. Rilasciato dopo solo nove mesi, Hitler riorganizzò il partito, puntando a conquistare il potere attraverso mezzi legali piuttosto che con la forza.

La crisi economica e l’ascesa politica

La Grande Depressione del 1929 ebbe effetti devastanti sull’economia tedesca, causando disoccupazione di massa e instabilità sociale. Hitler sfruttò il malcontento popolare, promettendo ripresa economica, ripristino dell’orgoglio nazionale e annullamento del trattato di Versailles. Attraverso una campagna elettorale basata su una potente propaganda e sull’uso di simboli e rituali, il Partito Nazista aumentò significativamente il proprio consenso, diventando il secondo partito più grande nel Reichstag nel 1930 e il primo nel 1932.

La nomina a cancelliere e la presa del potere

Nonostante il successo elettorale, Hitler non ottenne immediatamente il controllo del governo. Tuttavia, il 30 gennaio 1933, il presidente Paul von Hindenburg, sotto pressione da parte di influenti industriali e politici conservatori che vedevano in Hitler un baluardo contro il comunismo, lo nominò cancelliere. Una volta al potere, Hitler si mosse rapidamente per consolidare la sua posizione. Dopo l’incendio del Reichstag nel febbraio 1933, attribuito ai comunisti, ottenne l’approvazione del Decreto dell’Incendio del Reichstag, che sospendeva le libertà civili e permetteva l’arresto degli oppositori politici. Successivamente, con la Legge dei Pieni Poteri del marzo 1933, il governo nazista acquisì la facoltà di legiferare senza l’approvazione del parlamento, instaurando di fatto una dittatura.

Ideologia e politiche del regime nazista

Il regime di Hitler era fondato su un’ideologia totalitaria che enfatizzava il nazionalismo estremo, il razzismo e l’antisemitismo. La propaganda nazista promuoveva l’idea della superiorità della razza ariana e demonizzava gli ebrei, considerati responsabili di tutti i mali della società. Queste idee portarono all’emanazione delle Leggi di Norimberga nel 1935, che privarono gli ebrei tedeschi della cittadinanza e dei diritti civili, segnando l’inizio della loro emarginazione sistematica. La politica di Hitler mirava anche a eliminare oppositori politici, gruppi considerati “indesiderabili” e a consolidare il controllo su ogni aspetto della vita tedesca.

Il riarmo e la politica estera aggressiva

Dopo aver consolidato il potere all’interno del paese, Hitler avviò un massiccio riarmo della Germania, in aperta violazione del Trattato di Versailles. Riorganizzò le forze armate, sviluppò una potente macchina bellica e adottò una politica espansionista basata sull’annessione di territori considerati “tedeschi”.

Nel 1936, la Renania fu rimilitarizzata, e nel 1938 Hitler orchestrò l’Anschluss, ovvero l’annessione dell’Austria alla Germania. Nello stesso anno, con il Patto di Monaco, ottenne l’annessione dei Sudeti, una regione della Cecoslovacchia abitata da una minoranza tedesca. Tuttavia, nel 1939, con l’invasione della Cecoslovacchia, divenne evidente che le mire espansionistiche della Germania non si sarebbero fermate.

La Seconda Guerra Mondiale

Il 1º settembre 1939, con l’invasione della Polonia, Hitler scatenò la Seconda Guerra Mondiale. Il Regno Unito e la Francia dichiararono guerra alla Germania, dando inizio a un conflitto che avrebbe coinvolto il mondo intero.

Nei primi anni di guerra, l’esercito tedesco ottenne rapide vittorie, conquistando Polonia, Danimarca, Norvegia, Belgio, Paesi Bassi e Francia. La strategia della Blitzkrieg (guerra lampo) si rivelò efficace, permettendo alla Germania di dominare l’Europa continentale. Nel giugno del 1941, Hitler lanciò l’Operazione Barbarossa, l’invasione dell’Unione Sovietica, con l’obiettivo di conquistare lo “spazio vitale” a est. Tuttavia, la resistenza sovietica, il rigido inverno e la crescente coalizione alleata ribaltarono le sorti del conflitto.

Il genocidio e l’Olocausto

Parallelamente alla guerra, il regime nazista attuò la “Soluzione Finale”, un piano di sterminio sistematico degli ebrei europei e di altri gruppi perseguitati, come rom, oppositori politici, omosessuali e disabili. Milioni di persone furono deportate nei campi di concentramento e sterminio come Auschwitz, Treblinka e Dachau, dove trovarono la morte in modo brutale. L’Olocausto rimane uno dei crimini più atroci della storia umana.

La caduta del Terzo Reich

Dopo la sconfitta nella battaglia di Stalingrado (1942-1943) e l’invasione alleata della Normandia (6 giugno 1944), la Germania nazista si trovò sempre più accerchiata. Nel 1945, con l’Armata Rossa avanzante da est e gli Alleati da ovest, Berlino divenne l’ultimo campo di battaglia del regime nazista.

Il 30 aprile 1945, nel bunker della Cancelleria di Berlino, Hitler si suicidò insieme alla sua compagna Eva Braun, ponendo fine al suo dominio. Pochi giorni dopo, il 7 maggio 1945, la Germania si arrese incondizionatamente, segnando la fine del Terzo Reich e della Seconda Guerra Mondiale in Europa.

L’eredità di Adolf Hitler è segnata da morte, distruzione e un livello di atrocità senza precedenti. La sua ideologia e le sue azioni hanno portato alla morte di milioni di persone, tra cui oltre sei milioni di ebrei nell’Olocausto e decine di milioni di vittime della guerra.

Dopo la guerra, la Germania fu divisa e sottoposta a un lungo processo di denazificazione. La memoria del nazismo rimane ancora oggi oggetto di studio e monito, con leggi severe in molti paesi per prevenire la diffusione di ideologie neonaziste.

Hitler è una delle figure più controverse e tragiche della storia moderna. Il suo percorso, dalla giovinezza all’ascesa politica, fino alla caduta finale, dimostra come l’odio, la propaganda e il totalitarismo possano portare a tragedie di proporzioni inimmaginabili. Studiare la sua storia è fondamentale per comprendere le dinamiche che portarono alla Seconda Guerra Mondiale e per evitare che errori simili possano ripetersi in futuro.