Atena, caratteristiche e storia della dea greca
Figlia prediletta di Zeus, musa della guerra e della ragione, delle arti, della letteratura e della filosofia, sempre pronta ad aiutare gli uomini, ma pronta a punirne la ùbirs
La religione olimpica professata dagli antichi greci ha la sua figura principale in Zeus, considerato “il padre degli dei e degli uomini”, signore dell’Olimpo e garante dell’ordine celeste e terreno, ma è Atena, sua figlia prediletta, a rappresentare forse la divinità più rispettata e invocata. Dea guerriera e della ragione, delle arti, della letteratura e della filosofia, del commercio e dell’industria, insegnò agli uomini a navigare, ad arare i campi e governare il bestiame e a cavalcare, e alle donne a tessere, tingere e ricamare. E’ anche definita come “la dea delle vicinanze”, per la propensione naturale a preoccuparsi per gli esseri umani, manifestandosi ogni qual volta si presenti una difficoltà. Il mito ci tramanda tuttavia anche il suo lato più spaventoso, quello di una dea fiera, che non esitava a punire chi osava mettersi in competizione con lei, eccedendo in ùbris, la tracotanza, il peccato mortale più inviso agli dei.
Per i romani è Minerva, ma anche gli stessi greci hanno diversi modi di chiamarla. L’epiteto più diffuso è Pallade, ma la sua origine resta misteriosa. Un mito fa risalire il nome a una compagna di giochi di Atena, che la dea uccide per errore e della quale prende il nome per il rimorso, mentre un altro racconto fa riferimento al gigante Pallade, trafitto dalla lancia di Atena quando combatte al fianco del padre Zeus nella Gigantomachia.
Altri epiteti di Atena sono Tritogenia, ossia nata da Tritone, ma potrebbe anche essere sulle sponde del fiume africano Tritone, Parthenos, che richiama la verginità della dea, Promachos, prima in guerra, Areia, in quanto creatrice del tribunale per giudicare il comportamento degli uomini, e Glaucopide, per descriverne gli occhi lucenti, argentei.
Nascita di Atena
Sebbene una versione parli di Atena come frutto della partenogenesi di Zeus, quella più comune offre una differente genesi della dea, la cui nascita viene descritta da Esiodo nella Teogonia, racconto ripreso da Apollodoro e Pindaro. Zeus, marito di Era, ma noto per i suoi compulsivi tradimenti, giace con Meti, dea della prudenza e della saggezza, che resta incinta del dio. Secondo una profezia, però, Meti avrebbe partorito un figlio destinato a diventare il sovrano del cielo cosicché Zeus, allarmato, la induce a tramutarsi in una goccia d’acqua e la ingoia. E’ però ormai troppo tardi perché la gravidanza prosegue all’interno di Zeus, tanto che Meti inizia a creare un elmo e una veste per la nascitura che porta in grembo e forgiando l’armatura a colpi di martello procura al signore degli dei delle indicibili sofferenze. Dolori cui pone termine Efesto dio del fuoco e della metallurgia, che con un’ascia bipenne apre la testa di Zeus, dalla quale salta fuori con un urlo di guerra Atena, già adulta ed armata.
Iconografia
La Atena che esce armata di tutto punto dal cranio di Zeus è rappresentata secondo un’iconografia ricorrente: la dea indossa un peplo ed è armata di lancia, elmo e di uno scudo sul quale è incastonata la testa di Medea, uccisa per lei da Teseo. A renderla invulnerabile è un’egida, un’indistruttibile corazza protettiva di pelle di capra, che si narra fosse in realtà una mostruosa Gorgone, uccisa e scuoiata dalla stessa Atena. Sull’elmo è sempre presente una civetta, animale a lei sacro e legato al mito di Nittileme, figlia del Re di Lesbo, Epopeo, dal quale viene violentata e che per la vergogna si rifugia nei boschi, dove la dea, impietosita, la trasforma in uccello. La civetta è anche simbolo di saggezza per via dei suoi grandi occhi e del suo sguardo penetrante capace di carpire le informazioni più profonde, le quali sfuggono spesso allo sguardo superficiale della maggior parte degli esseri viventi.
La ragione per la quale Atena nasce già adulta, risiede nel fatto che la saggezza e la prudenza non sarebbero state facilmente attribuibili a una bambina, seppur divina. La presenza della corazza rivela invece l’aspetto di dea della guerra, una guerra però distante da quella spietata, irrazionale e sanguinaria simboleggiata da Ares e combattuta con la mente piuttosto che con le armi, più con le strategie che con le stragi.
Atena e Atene
Un’altra figura che simboleggia Atena è l’ulivo, elemento fondamentale della nascita della città di Atene, che affonda le sue radici nel mitico scontro tra la dea e Poseidone per il possesso dell’Attica. Una disputa che un imbarazzato Zeus pensa di risolvere invitando i contendenti ad offrire un dono utile per la popolazione di quella terra e facendo scegliere il migliore a una giuria di dodici dei. Poseidone con il tridente vibra allora un colpo in mezzo all’Acropoli e fa apparire una sorgente d’acqua marina, Atena risponde prendendo Cecrope, primo re dell’Attica come testimone e piantando un ulivo. L’acqua della sorgente è salta e la decisione della giuria divina cade su Atena, la cui vittoria non viene messa in discussione neanche dall’altra versione del mito, che vede decidere la popolazione dell’Attica e non gli dei con Poseidone che offre il primo cavallo.
L’altro racconto da cui emerge il legame tra Atene e Atena è quello che vede protagonista Efesto. Preso da pulsione incontrollabile, il dio tenta di possedere Atena, che si sottrae all’accoppiamento, il seme di Efesto cade così sulla terra, fecondando Gea. Nasce così Erittonio, metà umano e metà serpente, che viene comunque adottato da Atena e che regnerà su Atene, ricordato per aver introdotto molti cambiamenti positivi nella vita culturale della polis.
Atena e gli umani
Abbiamo già scritto dell’irrefrenabile impulso che spinge Atena ad intervenire in soccorso degli umani che reputa degni del suo aiuto e del suo lato oscuro, quando decide invece di punirli con ferocia. Così troviamo la dea al fianco degli Achei durante la guerra contro Troia in varie occasioni: combatte a fianco di Diomede, infondendogli coraggio e ferendo insieme a lui Ares, dopo aver indossato l’elmo dell’invisibilità di Ade; trattiene Achille per i capelli quando il Pelide è in procinto di aggredire Agamennone per il furto della schiava Briseide; prende le sembianza di Deifobo, fratello di Ettore, per convincere il principe troiano a prendere parte al duello che gli costerà la vita; dà il suo assenso al furto del Palladio di Ilio, un simulacro di legno che la raffigura custodito all’interno del tempio cittadino. Altrettanto numerosi sono i suoi interventi in favore di Odisseo, descritti nel secondo poema omerico: intercede per lui durante il consiglio degli Dei; sprona Telemaco a viaggiare alla ricerca del padre; assunte sembianze umane, esorta il sovrano di Itaca a cacciare i Proci e lo trasforma in un mendicante affinché non sia riconoscibile; spinge Penelope a proporre la prova dell’arco; rende vani i colpi dei Proci e avvolge in una nube Odisseo, la moglie e il figlio per proteggerli; ordina all’eroe, uscito vittorioso dallo scontro, di porre fine alla guerra e stipulare la pace. Il suo aiuto, infine, è decisivo anche per il fratello semidivino Eracle, quando sorregge il cielo che grava sulle spalle dell’eroe, e nella vicenda di Perseo, rivelandosi decisiva per l’uccisione della Gorgone.
Tremende, tuttavia, sono le vendette che Atena compie per punire la tracotanza degli umani. E’ il caso della tessitrice Aracne, nota nella Lidia per il grande talento nel ricamo, che commette il peccato di paragonarsi alla dea delle arti. Atena infuriata decide comunque di concederle una possibilità, si traveste da donna anziana e consiglia alla fanciulla di pentirsi della sua arroganza. Aracne però risponde ancora una volta in maniera spocchiosa e la dea decide allora di manifestarsi e di sfidarla in una gara a creare la tela più bella, ma quando si accorge che il ricamo di Aracne è una presa in giro di Zeus ed è oltretutto più bello del suo, fa a brandelli l’arazzo della rivale e la trasforma in un ragno, condannandola a tessere la sua tela per l’eternità.
Anche il povero Tiresia fa le spese dell’ira di Atena. Il giovane è a caccia nei boschi di un monte insieme ai suoi cani, quando per dissetarsi si avvicina a una fonte d’acqua e si imbatte nella dea, che sta facendo il bagno con alcune ninfe, tra le quali Cariclo, madre dello stesso Tiresia. Il ragazzo non fa in tempo a distogliere lo sguardo dal corpo nudo di Atene, che lo maledice all’istante, rendendolo cieco. Cariclo prega la dea di graziarlo, perché chiaramente si era trattato di un puro caso, ma Atena, seppur pentita, non può più tornare indietro e decide allora di compensare il danno dotando del dono della profezia lo sventurato Tiresia, che diverrà il veggente più conosciuto dell’epoca antica.