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Storia dell'antica Roma: eventi, protagonisti e impero

Andrea Bosio

Andrea Bosio

INSEGNANTE DI FILOSOFIA E STORIA

Nato a Genova, è cresciuto a Savona. Si è laureato in Scienze storiche presso l’Università di Genova, occupandosi di storia della comunicazione scientifica e di storia della Chiesa. È dottorando presso la Facoltà valdese di teologia. Per Effatà editrice, ha pubblicato il volume Giovani Minzoni terra incognita.

L’antica Roma nasce in un contesto geografico privilegiato, nella regione del Lazio, sulle sponde del fiume Tevere, in una posizione ideale per il commercio e la difesa. Secondo la tradizione mitologica, Roma fu fondata nel 753 a.C. da Romolo, uno dei due fratelli gemelli salvati da una lupa. Questa leggenda, tramandata da Tito Livio e Plutarco, ha avuto un ruolo centrale nell’identità culturale romana.

Oltre la leggenda, le fonti archeologiche confermano la presenza di insediamenti umani sul colle Palatino già nel X secolo a.C., che si fusero gradualmente in un’unica comunità urbana. Roma fu inizialmente un regno, governato da sette re, alcuni latini, altri sabini e infine etruschi, i quali portarono con sé innovazioni tecniche e religiose.

La monarchia romana e i sette re

Il periodo monarchico durò dal 753 a.C. al 509 a.C. e vide alternarsi sette re, secondo la tradizione:

  • Romolo, fondatore e primo re
  • Numa Pompilio, legislatore e promotore del culto religioso
  • Tullo Ostilio, re guerriero
  • Anco Marzio, fondatore di Ostia
  • Tarquinio Prisco, primo re etrusco
  • Servio Tullio, noto per la riforma del sistema censuario
  • Tarquinio il Superbo, il cui governo tirannico portò alla fine della monarchia

Con la cacciata di Tarquinio il Superbo, Roma abbandonò il modello monarchico per adottare una nuova forma di governo: la Repubblica.

La Repubblica romana: struttura e conflitti interni

La Repubblica romana, durata dal 509 a.C. al 27 a.C., si fondava su un sistema complesso che mirava a garantire un equilibrio tra i diversi poteri dello Stato. Al vertice vi erano i consoli, due magistrati che detenevano il potere esecutivo e militare, eletti annualmente e dotati di ampie prerogative. Il Senato, composto principalmente da ex magistrati, svolgeva una funzione consultiva ma esercitava di fatto una forte influenza sulle decisioni politiche e sull’amministrazione. A completare la struttura istituzionale vi erano i comizi, assemblee popolari che avevano il compito di approvare le leggi, eleggere i magistrati e deliberare su questioni fondamentali.

Il periodo repubblicano fu segnato da forti tensioni sociali tra i patrizi, appartenenti all’aristocrazia terriera, e i plebei, ovvero la massa dei cittadini comuni. Questi conflitti portarono alla creazione di nuove istituzioni, tra cui il tribuno della plebe, una figura fondamentale dotata del potere di veto per tutelare gli interessi dei plebei contro gli abusi dei patrizi. Le lotte interne spinsero Roma ad avviare una progressiva riforma delle istituzioni, che condusse a un ampliamento della partecipazione politica e a un allargamento della cittadinanza romana, rafforzando così la coesione interna della Repubblica.

L’espansione militare e la conquista dell’Italia

Già nei primi secoli della Repubblica, Roma intraprese una politica espansionistica volta al controllo del Latium, dell’Etruria e delle altre regioni italiche. Le guerre contro i Volsci, gli Equi, i Sanniti e gli Etruschi portarono a un progressivo dominio sulla penisola.

Fondamentale fu la Guerra latina (340-338 a.C.), dopo la quale Roma impose trattati di alleanza differenziati, un modello che le permise di integrare i popoli vinti nel suo sistema politico e militare.

La strategia delle colonie e l’uso di strade militari (come la Via Appia) rafforzarono il controllo romano sull’Italia, ponendo le basi per la successiva espansione mediterranea.

Le guerre puniche e il dominio sul Mediterraneo occidentale

Tra i più importanti conflitti dell’antichità si annoverano le Guerre puniche, combattute tra il 264 e il 146 a.C. da Roma e Cartagine, quest’ultima allora potenza dominante del Mediterraneo occidentale. La prima guerra punica, iniziata nel 264 a.C. e conclusasi nel 241 a.C., vide Roma emergere vittoriosa e conquistare la Sicilia, che divenne così la sua prima provincia extra-italica.

La seconda guerra punica, combattuta tra il 218 e il 202 a.C., fu caratterizzata dalla straordinaria impresa del generale cartaginese Annibale, che attraversò le Alpi con un esercito comprendente anche elefanti, infliggendo pesanti sconfitte ai Romani in diverse battaglie. Tuttavia, il comandante romano Scipione l’Africano riuscì infine a sconfiggere Annibale nella celebre battaglia di Zama, determinando il crollo della potenza cartaginese. Infine, la terza guerra punica, tra il 149 e il 146 a.C., si concluse con la totale distruzione di Cartagine e l’annessione del suo territorio come provincia africana dell’Impero romano.

Attraverso questi conflitti, Roma si affermò come potenza egemone del Mediterraneo occidentale, estendendo il suo dominio anche sulla Spagna, sulla Sardegna e sulla Corsica, e ponendo solide basi per la futura espansione imperiale.

Le conquiste in Oriente e la crisi della Repubblica

Nel corso del II secolo a.C., Roma non si limitò a consolidare il proprio dominio sull’Occidente mediterraneo, ma rivolse il proprio interesse anche verso l’Oriente ellenistico, ricco di culture raffinate, risorse preziose e alleanze strategiche. Le tre grandi guerre contro la Macedonia, conosciute come le guerre macedoniche, si conclusero con la vittoria romana nella battaglia di Pidna del 168 a.C., che segnò la fine del regno di Perseo di Macedonia e la trasformazione della regione in provincia romana.

Successivamente, Roma si scontrò con il potente regno dei Seleucidi in Siria, culminando nella battaglia di Magnesia (190 a.C.), dove il re Antioco III fu sconfitto. Anche l’Egitto tolemaico, pur non essendo annesso militarmente in questo periodo, divenne uno stato cliente e oggetto di crescente influenza politica da parte di Roma. Queste conquiste aprirono la strada a un imponente afflusso di ricchezze, bottini di guerra e, soprattutto, masse di schiavi impiegati nelle campagne e nelle grandi ville aristocratiche. Le élite senatoriali si arricchirono notevolmente, investendo in latifundia che soppiantarono le piccole proprietà contadine.

Tale trasformazione economica generò profondi squilibri sociali. I piccoli proprietari terrieri, spesso ex soldati tornati dalla guerra, si ritrovarono senza terra né mezzi di sussistenza, esclusi dal sistema produttivo. Molti migrarono verso Roma, dove andarono a formare una plebe urbana disoccupata e instabile, diventando un fattore di pressione politica crescente. In questo clima, alcuni esponenti della classe dirigente tentarono di proporre riforme sociali e agrarie.

I più noti furono Tiberio e Gaio Gracco, tribuni della plebe alla fine del II secolo a.C., che cercarono di redistribuire le terre pubbliche ai cittadini poveri e di limitare l’espansione dei latifondi. Le loro iniziative, però, incontrarono la feroce opposizione del Senato: Tiberio fu ucciso nel 133 a.C., Gaio nel 121 a.C., entrambi vittime di repressioni violente. Il fallimento delle riforme pacifiche portò a un’escalation delle tensioni.

La fine del secolo fu segnata da guerre civili ricorrenti, con protagonisti come Gaio Mario e Lucio Cornelio Silla, che trasformarono l’assetto militare e politico della Repubblica. Nel vuoto lasciato dal sistema in crisi, emersero nuove figure forti: Pompeo, Crasso e Cesare, uniti nel Primo triumvirato, che minò ulteriormente le istituzioni tradizionali. La crisi repubblicana, dunque, fu politica, ma anche economica, sociale e militare, frutto di un’espansione imperiale non accompagnata da riforme strutturali adeguate.

Giulio Cesare: tra gloria e tirannide

Gaio Giulio Cesare, figura carismatica e ambiziosa, fu uno dei principali artefici del tramonto della Repubblica romana. La sua fulminea ascesa politica si consolidò grazie alla straordinaria campagna militare in Gallia tra il 58 e il 50 a.C., durante la quale sottomise numerose tribù celtiche e ampliò notevolmente i confini di Roma, acquisendo immense ricchezze e il sostegno incondizionato delle sue legioni. Il crescente potere personale di Cesare suscitò la preoccupazione del Senato e del suo ex alleato Pompeo, sfociando in una guerra civile che culminò nella battaglia di Farsalo (48 a.C.), dove Cesare ottenne una vittoria decisiva.

Rientrato a Roma, si fece proclamare dittatore a vita e avviò un vasto programma di riforme, riorganizzando la distribuzione delle terre, ampliando il numero di senatori, promuovendo grandi opere pubbliche e introducendo il calendario giuliano, ancora alla base del nostro attuale sistema. Tuttavia, la concentrazione del potere nelle sue mani, unita alla percezione di un possibile ritorno alla monarchia, generò ostilità tra i senatori.

Il 15 marzo del 44 a.C., alle idi di marzo, Cesare fu assassinato in Senato da una congiura capeggiata da Bruto e Cassio, uomini a lui vicini ma convinti di agire per salvare la libertà della Repubblica. Il suo assassinio, però, non riportò equilibrio, ma accelerò il collasso del sistema repubblicano, aprendo la strada a nuovi conflitti e alla nascita dell’Impero romano.

L’Impero romano e l’età di Augusto

Dopo la morte di Cesare, il potere passò al suo erede adottivo Ottaviano, che sconfisse Marco Antonio e Cleopatra nella battaglia di Azio (31 a.C.). Nel 27 a.C., ottenne il titolo di Augusto e divenne il primo imperatore romano, pur mantenendo formalmente le istituzioni repubblicane.

Il suo regno inaugurò la cosiddetta Pax Romana, un lungo periodo di stabilità e prosperità. Augusto riorganizzò l’esercito, il fisco, e la pubblica amministrazione, centralizzando il potere nelle mani del Princeps.

Roma divenne una metropoli cosmopolita, cuore di un Impero vastissimo, esteso dall’Inghilterra alla Siria, dal Danubio al deserto africano.

I successori di Augusto e la dinastia Giulio-Claudia

Dopo Augusto, si susseguirono imperatori della dinastia Giulio-Claudia, con alterne fortune:

  • Tiberio, abile amministratore ma autoritario
  • Caligola, ricordato per la sua follia
  • Claudio, espanse l’impero in Britannia
  • Nerone, famoso per la repressione e l’incendio di Roma nel 64 d.C.

Nonostante le crisi politiche, l’Impero si consolidò, mantenendo una struttura amministrativa efficiente e una rete di comunicazioni e infrastrutture senza precedenti.

L’età degli imperatori adottivi e il massimo splendore

Tra il I e il II secolo d.C., Roma visse la sua epoca d’oro sotto gli imperatori adottivi, come:

  • Traiano, che portò l’Impero alla massima estensione
  • Adriano, costruttore e promotore della cultura greca
  • Antonino Pio, governò in un’epoca di pace
  • Marco Aurelio, filosofo stoico e ultimo grande imperatore di questa fase

L’Impero garantiva pace, ordine e prosperità, sostenuto da un efficiente sistema di leggi, da una rete viaria imponente e da una moneta comune.

La crisi del III secolo e le invasioni barbariche

Nel III secolo l’Impero attraversò una fase di profonda crisi, caratterizzata da:

  • Instabilità politica, con decine di imperatori in pochi decenni
  • Invasioni barbariche, specialmente da parte dei Goti e dei Persiani
  • Crisi economica e svalutazione della moneta

L’imperatore Diocleziano tentò di riformare il sistema istituendo la Tetrarchia e rafforzando l’apparato burocratico, ma la crisi non fu del tutto superata.

Costantino e la cristianizzazione dell’Impero

Un punto di svolta fu rappresentato da Costantino il Grande, che nel 313 d.C. promulgò l’Editto di Milano, con il quale fu garantita la libertà di culto ai cristiani, ponendo fine alle persecuzioni che per secoli avevano colpito i seguaci della nuova fede. Questo atto segnò l’inizio di una profonda trasformazione religiosa e culturale dell’Impero romano. Nel 330 d.C., Costantino fondò Costantinopoli (l’odierna Istanbul), che divenne la nuova capitale dell’Impero d’Oriente, in posizione strategica tra Europa e Asia.

Il Cristianesimo, inizialmente tollerato, assunse via via un ruolo sempre più centrale nella vita pubblica. Con Teodosio I, che nel 380 d.C. promulgò l’Editto di Tessalonica, la religione cristiana fu proclamata religione ufficiale dello Stato, mentre i culti pagani vennero progressivamente proibiti. Questa scelta determinò una radicale trasformazione della cultura romana: il vecchio pantheon fu abbandonato, i templi furono convertiti in chiese e la filosofia greco-romana si intrecciò con la teologia cristiana. Il cristianesimo non solo influenzò l’arte, la letteratura e l’educazione, ma offrì anche una nuova visione del potere imperiale, concepito come strumento della volontà divina, gettando le basi ideologiche per il futuro Medioevo cristiano.

La caduta dell’Impero romano d’Occidente

Nel 395 d.C., alla morte di Teodosio, l’Impero fu definitivamente diviso in due entità autonome: l’Impero d’Occidente, con capitale Ravenna, e l’Impero d’Oriente, con capitale Costantinopoli.

L’Occidente subì crescenti pressioni da parte dei barbari, tra cui i Visigoti, che saccheggiarono Roma nel 410 d.C., e gli Unni di Attila.

Nel 476 d.C., con la deposizione dell’ultimo imperatore Romolo Augustolo da parte di Odoacre, si concluse la storia dell’Impero romano d’Occidente. L’Oriente, invece, sopravvisse ancora per un millennio come Impero Bizantino.