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Guerre puniche, cronologia e protagonisti delle battaglie

Combattute fra il III e il II secolo avanti Cristo, vedono Roma compiere il primo passo verso l’espansione e la distruzione della civiltà sua acerrima finale, quella di Cartagine

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Con la vittoria sui cartaginesi nelle tre guerre puniche combattute tra 264 a.C. e 146 a.C., Roma compie il primo grande passo verso l’espansione, ponendo fine all’acerrima rivalità con la civiltà cartaginese. Scoppiate per motivi politici, economici e per le ambizioni di dominio del Mediterraneo dei due popoli contendenti, le tre guerre si concludono con la totale vittoria dei romani, Cartagine, ormai distrutta, viene cosparsa di sale, affinché non possa crescervi più nulla.

Roma e Cartagine da alleate a rivali

Intorno al 573 a.C., Cartagine assume il ruolo di guida politica di tutte le colonie fenicie nel Mediterraneo, tra le quali Olbia e Palermo in Italia e Cadice in Spagna, entrando a far parte della cerchia dei potenti del mondo antico. Grazie alla sua invincibile flotta e uno spietato esercito composto da mercenari, riesce a respingere le spinte espansioniste dei greci, escludendoli dalle rotte commerciali verso le isole britanniche e contendendo loro l’Italia meridionale, conservando il controllo sulla Sardegna e sulla Sicilia occidentale. La crescita vertiginosa della coetanea Roma, che in breve si propone come antagonista nell’area mediterranea, porta ai primi contrasti sui limiti delle rispettive sfere di influenza, che vengono inizialmente regolati con dei trattati, come quello del 279 a.C. che le porta paradossalmente a combattere da alleate contro il re dell’Epiro Pirro, corso in aiuto di Taranto contro i romani e di Siracusa contro i cartaginesi. Solo qualche anno più tardi, però, si sarebbero trovate l’una contro l’altra.

Prima guerra punica

La prima guerra punica si combatte tra il 264 a.C. e 241 a.C.. Il casus belli è offerto dai Mamertini, una banda di mercenari che ha occupato Messina battendosi contro Gerone, tiranno di Siracusa, sconfitto anche grazie all’aiuto dei cartaginesi. Un sostegno considerato però insufficiente dai Mamertini, che chiedono ed ottengono di allearsi con Roma, suscitando la reazione di Cartagine, che non può permettere l’intromissione, seppur indiretta, dei romani nei suoi interessi in Sicilia.

La prima battaglia nota della prima guerra punica avviene nel 260 a.C. nelle acque di Milazzo e vede la flotta romana imporsi grazie all’uso del “corvo”, una passerella mobile, dotata di uncini alle estremità, che permette di agganciare la nave nemica e di arrembarla, spostando il combattimento da navale alla “terraferma”.

Nel 256 a.C. il console romano Attilio Regolo assedia Cartagine, che resiste e distrugge l’esercito romano. Il lungo conflitto prosegue e vede complessivamente prevalere Roma, tanto che nel 241 a.C. i Cartaginesi avanzano una richiesta di pace, ma ottengono una fragorosa sconfitta alle isole Egadi contro la flotta guidata dal console Quinto Lutazio Catulo, che segna il passaggio della Sicilia ai romani, che negli anni successivi conquisteranno anche Sardegna e Corsica.

Seconda guerra punica

La seconda guerra punica si svolge dal 218 a.C. al 202 a.C.. Le pesanti sconfitte patite contro i romani, hanno finito per spaccare in due Cartagine, che si ritrova divisa tra il partito dei proprietari terrieri, contrari a una nuova guerra perché timorosi di perdere le loro terre e i loro beni, e quello revanscista, favorevole alla ricostituzione dell’impero cartaginese e votato alla distruzione di Roma. A prevalere è il secondo gruppo, guidato dalla famiglia Barca, di cui fa parte Annibale, che nel 219 a.C. accende la miccia, dichiarando guerra con un pretesto a Sagunto, città in orbità romana.

Il piano di Annibale, che ha giurato agli dei di odiare i romani fino alla morte, è ambizioso, trascinare in guerra Roma, invadendo l’Italia, ma facendolo passando dai Pirenei alle Alpi, grazie alla clamorosa novità degli elefanti. L’effetto sorpresa è vincente e nel 218 a.C. i romani, condotti dal generale Publio Cornelio Scipione, vengono sconfitti sia sul fiume Ticino che sul Trebbia. L’avanzata di Annibale prosegue incontrastata e nel 217 a.C. sconfigge ancora i “padroni di casa”, guidati stavolta dal generale Gaio Flaminio, sbaragliandoli nei pressi del lago Trasimeno.

A questo punto, anziché puntare verso Roma, non avendo sufficienti uomini per porre sotto assedio la città, i cartaginesi deviano il loro percorso, con l’obiettivo di dare man forte alle ribellioni delle popolazioni italiche e battendo ancora i romani nel 216 a.C. a Canne, in Puglia. Le cose sembrano dare ragione ai progetti di Annibale, che si allea con il re di Macedonia Filippo V e provoca le rivolte dei Galli della Val Padana, dei Sanniti, dei Bruzi e dei Lucani.

La maggioranza dei popoli confederati, però, resta fedele a Roma, dandole modo di riorganizzarsi. E proprio il tempo giocherà un fattore decisivo per la riscossa dei romani, che grazie alla paziente strategia militare di Quinto Fabio Massimo, detto Cunctator, “temporeggiatore”, riconquistano lentamente ma inesorabilmente tutte le città appena prese da Annibale. Siracusa torna nelle mani dei Romani nel 212 a.C. e Capua nel 211 a.C..

L’avanzata di Annibale verso Roma non fa più paura, così è il momento di contrattaccare. Scipione sconfina in Spagna e nel 209 a.C, espugna il principale centro punico Cartagena. Intanto in Italia falliscono le operazioni di soccorso dei fratelli di Annibale, nel 205 a.C., Asdrubale perde la vita in battaglia nelle odierne marche, mentre Magone non riesce a rianimare la rivolta dei Galli padani.

Nel 204 a.C., dopo essersi alleato con Massinissa, re dei Numidi, Scipione sbarca sulle coste africane e nel 203 a.C. trionfa nella battaglia dei Campi Magni e nel 202 a.C., a Zama, dove batte definitivamente Annibale di ritorno dall’Italia. Le condizioni di pace imposte a Cartagine sono durissime: perdita di tutti i territori in Spagna e di quelli in Africa appartenuti ai Numidi, rinuncia alla flotta, pagamento di un salatissimo indennizzo di guerra e la possibilità di muovere guerre ad altri solamente dietro consenso di Roma.

Terza guerra punica

Il trionfo di Scipione nella seconda guerra punica è stato pressoché totale e ha consegnato a Roma l’indiscussa leadership politica e commerciale del Mediterraneo occidentale. La ripresa postbellica cartaginese è faticosa e lenta e non crea allarmismi o sentori, ma ai romani la vittoria non basta, Cartagine deve essere cancellata. E’ ancora l’alleato Massinissa a fornire l’occasione. Nel 151 a.C. con una serie di provocazioni costringe Cartagine a dichiarargli guerra, violando il trattato con Roma, le sanzioni sono ovviamente pesantissime, ma i cartaginesi, per quieto vivere, le accettano tutte, tranne una, quella che gli impone di abbandonare la città per fondarne una nuova più lontana dal mare. Eccolo il pretesto per scatenare la terza guerra punica, che si combatte dal 149 a.C. al 146 a.C. e che vede il generale Scipione Emiliano entrare dopo un lungo assedio a Cartagine, che viene rasa al suolo, i suoi cittadini vengono trucidati o resi schiavi e il territorio appartenente ai cartaginesi viene trasformato in provincia romana d’Africa.