Le sei commedie superstiti di Terenzio
Il commediografo romano natio di Cartagine, il primo a introdurre il concetto di humanitas, fu autore di 'Andria', 'Hecyra', 'Heautontimorumenos', 'Eunuchus', 'Phormio' e 'Adelphoe'
Publio Terenzio Afro, nato a Cartagine tra il 190 e il 185 a.C. da una famiglia, con tutta probabilità, di origine berbera e morto a Stinfalo nel 159 a.C., fu il primo commediografo romano a introdurre il concetto di humanitas, un valore etico con il quale si sostenevano gli ideali di attenzione e cura benevola tra gli uomini. Scrisse in totale sei commedie, tutte giunte a noi integralmente: ‘Andria’, ‘Hecyra’, ‘Heautontimorumenos’, ‘Eunuchus’, ‘Phormio’ e ‘Adelphoe’.
Andria
Rappresentata nel 166 a.C., nata dalla contaminazione di due opere di Menandro (l’omonima ‘Andria’ e la ‘Perinthia’) e conosciuta in italiano col titolo ‘La ragazza di Andro’, narra la storia del vecchio Simone, il quale si è accordato con il vicino di casa Cremete affinché i loro figli Panfilo e Filumena si sposino. Il giovane, però, ha una relazione con una fanciulla di nome Glicerio, che tutti credono sorella dell’etera Criside e che attende da lui un figlio. Quando il padre – durante i funerali della stessa Criside – viene a conoscenza dei fatti, profondamente irritato, informa il ragazzo dell’imminenza delle nozze. Quest’ultimo, invece, convinto a non voler tradire il proprio amore, finge di accettare l’unione, soprattutto alla luce del fatto che Cremete sembrerebbe aver ritirato il proprio consenso, tornando però sui suoi passi. L’arrivo del vecchio Critone, amico della defunta Criside, risolve ogni equivoco: Glicerio è in realtà Pasibula, la figlia che Cremete credeva morta in naufragio verso l’isola di Andro, che può così sposare Panfilo. Un amico di quest’ultimo, Carino, si unisce invece in matrimonio con Filumena.
Hecyra
Rappresentata per la prima volta nel 165 a.C. in occasione dei Ludi Megalenses, con il pubblico che lasciò il teatro, preferendo uno spettacolo circense alla commedia, ebbe un analogo epilogo cinque anni più tardi, per avere successo soltanto al terzo tentativo. ‘Hecyra’ (‘La suocera’) è ispirata a due commedie, una di Apollodoro di Caristo e un’altra di Menandro, ed è un dramma sentimentale privo di comicità, incentrato su una suocera ideale, Sostrata, il cui figlio Panfilo ha sposato Filumena. Al ritorno da un viaggio, il ragazzo non trova la moglie in casa: secondo la sua cerchia di conoscenti, la giovane si sarebbe rifugiata a casa dei propri genitori a causa dei maltrattamenti della suocera. La realtà è però molto differente: Filumena sta per partorire un bambino, frutto di un atto di violenza subito prima del matrimonio da uno sconosciuto, che si scopre poi essere Panfilo stesso. Così, Sostrata e la cortigiana Bacchide si spendono alla fine di far riconciliare la coppia.
Heautontimorumenos
Rielaborazione dell’omonima commedia di Menandro, ‘Heautontimorùmenos’ (‘Il punitore di se stesso’) fu rappresentata con buon esito nel 163 a.C. e racconta la storia del vecchio Menedemo, che si autopunisce – per aver spinto il figlio Clinia ad arruolarsi come mercenario, in quanto non approvava il suo amore per la bella (ma povera) Antifila – costringendosi a condurre la dura esistenza del contadino. Nel frattempo, i due servi di Clinia e del suo amico Clitifone, figlio del vicino di casa di Menedemo, Cremete, portano in casa di quest’ultimo la prostituta Bacchide e Antifila. Il ragazzo scopre che la giovane lo ama ma, ingannato dal servo Siro, pensa che Bacchide sia Antifila, così da ingannare Cremete ed estorcergli il denaro richiesto dalla prostituta per compiere tale farsa. Cremete, a questo punto, confessa a Menedemo che Clinia è vivo e al sicuro in casa sua ma, mentre torna alla sua proprietà, trova Clitifone intento ad amoreggiare con Bacchide e lo rimprovera, convinto che la ragazza sia l’amata dell’amico Clinia. Sostrata, la moglie di Cremete, riconosce invece immediatamente Antifila, la figlia che ella aveva abbandonato alla nascita e il piano di Siro va in frantumi. La commedia termina con Menedemo che scopre che l’innamorata di Clinia è in realtà Antifila e Cremete che l’accetta ormai come figlia, ma che non vorrebbe darla in sposa per non pagare la dote. Menedemo, però, lo convince, con Cremete che sborsa poi anche i soldi per Bacchide e perdona l’astuto servo Siro. Tuttavia, pretende da Clitifone che egli lasci la prostituta. Clitifone accetta e si dichiara pronto a sposare una ragazza di buona famiglia a piacimento del padre e della madre.
Eunuchus
Rappresentata nel 161 a.C. e conosciuta in italiano col titolo ‘L’eunuco’, è una commedia ispirata da due diverse opere di Menandro (l’omonima ‘Eunuchus’ e ‘Colax’) e fu il maggior successo di Terenzio. La protagonista è Taide, un’etera di cui sono innamorati il soldato Trasone e il giovane Fedria. Il primo dona alla cortigiana una schiava di nome Panfila, di cui si innamora Chèrea, il fratello di Fedria, che si traveste da eunuco per incontrarla segretamente. Trasone, nel frattempo, cerca di riprendersi Panfila, ma il suo piano fallisce, in quanto la donna viene liberata una volta provata la sua cittadinanza ateniese. Il suo matrimonio potrà così essere celebrato, mentre Taide preferirà convivere con Fedria.
Phormio
Rielaborazione dell”Epidikazòmenos’ di Apollodoro di Caristo e rappresentata per la prima volta nel 161 a.C., ‘Phormio’ narra dell’astuto parassita Formione (il protagonista che dà il nome al titolo) che, aiutato dal proprio schiavo Geta, riesce con un cavillo giuridico a far sposare il suo giovane protettore Antifone con la povera Fanio, che si scoprirà in un secondo momento appartenere a una buona famiglia. Formione, quindi, procura a Feria, cugino di Antifone, la somma necessaria per riscattare una suonatrice di cui è innamorato.
Adelphoe
Rielaborazione dell’opera omonima di Menandro (con l’aggiunta di una scena presa dai ‘Synapothnèskontes’ di Difilo) e rappresentata per la prima volta nel 160 a.C., durante le celebrazioni funebri in onore di Lucio Emilio Paolo Macedonico, ‘Adelphoe’ (‘Fratelli’) narra di Ctesifone ed Eschino, educati con metodi estremamente diversi dai propri genitori: il primo, infatti, è costretto a vivere in campagna dal padre Demea, mentre al secondo è permesso stare liberamente in città presso lo zio paterno Micione. Eschino, che Demea considera uno scapestrato, rapisce la cortigiana Bacchide, alimentando il pregiudizio negativo del padre. In realtà il giovane, innamorato di Panfila, ha compiuto tale gesto per aiutare il fratello. Dopo varie vicende, la commedia si conclude con il matrimonio dei due giovani e con il ripensamento sui metodi educativi da parte di Demea, che permette così a Ctesifone di tenere in casa Bacchide.