Cornelio Nepote e la biografia storica
Lo storico romano, nei 'Chronica', opera andata perduta, elaborò una sorta di compendio di storia universale, dall'età mitica fino a quella contemporanea
Chi era Cornelio Nepote
Della vita di Cornelio Nepote, storico e biografo romano nato nel 100 a.C. a Hostilia, l’odierna Ostiglia (in provincia di Mantova) e all’epoca un piccolo villaggio della Gallia Cisalpina, sappiamo molto poco: delle sue origini, così come dei suoi ultimi giorni, ne ha parlato Plinio il Vecchio, che lo definì un ‘Padi accola’, ovvero abitante un delle rive del Po, e che ritenne morì a Roma all’incirca nel 27 a.C., “sotto il principato di Augusto". Nell’Urbe si era trasferito, forse, nel 65 a.C. ma, ad ogni modo, qui ebbe modo di conoscere numerose personalità della cultura del tempo, a partire da Cicerone, con cui ebbe a lungo rapporti epistolari, ma anche Attico, Varrone e Catullo, il quale gli dedicò una parte del suo ‘Liber’. A differenza loro, tuttavia, Cornelio Nepote rimase estraneo alla vita politica di quegli anni.
La biografia storica
Ispirandosi ai ‘poetae novi’, probabilmente in età giovanile, Cornelio Nepote iniziò a comporre dei versi ma, non ottenendo i risultati sperati, abbandonò presto questa forma d’arte, pur restando fedele alla linea estetica da loro supportata. Secondo le testimonianze di Catullo, Ausonio e Aulo Gellio, egli fu l’autore dei Chronica, un’opera andata interamente perduta ma che, originariamente, sarebbe stata strutturata in tre libri che si presentavano come una sorta di compendio di storia universale, dall’età mitica fino a quella contemporanea. Tale ambizioso lavoro dello storico e biografo di Hostilia, che si ipotizza possa essersi basato sull’omonima opera del greco Apollodoro, fu estremamente apprezzato da Catullo che, sempre nel suo ‘Liber’ (I, 5-7), scrisse: «ausus es unus […] / omne aevum tribus explicare chartis / doctis […] et laboriosis» (“Tu solo osasti spiegare tutta la storia in tre libri pieni di cultura e di duro lavoro"). Aulo Gellio e Carisio, inoltre, testimoniarono l’esistenza di un’altra significativa opera di Cornelio Nepote, gli ‘Exemplorum Libri’, una raccolta di episodi aneddotici suddivisi in cinque tomi. Il ‘De viris illustribus’, poi, fu una raccolta di biografie in sedici libri ripartiti in sezioni. Di questa opera è pervenuto integralmente fino ai giorni nostri solo quello dedicato ai condottieri stranieri, intitolato ‘De excellentibus ducibus exterarum gentium’, oltre, in maniera isolata, alle vite di Catone il Censore e di Attico. Il suo stile si connota per essere piano e lineare, a prima vista particolarmente semplice, al punto da essere stato considerato monotono e denso di notizie e informazioni estremamente schematiche e sommarie, nonostante abbia tentato, soprattutto nella biografia di Attico, di ricalcare la ben più complessa scrittura dell’amico Cicerone: proprio questa sua ‘essenzialità’ ha fatto sì che Cornelio Nepote sia diventato – insieme a Giulio Cesare, Fedro ed Eutropio – uno degli autori maggiormente tradotti da chi si appresta a studiare il latino. Il linguaggio, talvolta colorito, presenta sovente alcuni arcaismi ma, a differenza di molti altri autori latini, adopera frequentemente il comparativo di minoranza: presso i Romani, infatti, era assai più frequente il tentativo di evidenziare l’abbondare di una qualità, anziché la carenza.