L’elegia a Roma: Properzio
Insieme a Tibullo ed Ovidio rappresentò gli elegiaci romani che cantarono l’amore per una sola donna, discostandosene per la predilezione della mitologia
L’elegia a Roma si diffonde come reazione ad un secolo di guerre civili e al genere epico che le aveva accompagnate. Così, alle armi si contrappongono gli amori e alla vita politica si preferisce quella privata, mentre impegni militari e pratica forense sono considerate alla stregua di deleterie occasioni di carrierismo. Nell’elegia il centro dell’esistenza è l’amore per una sola donna, che assume il ruolo di unico scopo della vita. Amore che è condensato in forma breve e intensa, per rappresentare le storie dolorose e tormentate vissute dal poeta, condannato ad avere una ‘vita di nequitia’, un’esistenza condotta ai margini della società. L’abbandono di tematiche alte e altre da parte degli elegiaci per mettere al centro del discorso poetico l’amore, contiene l’ammissione di un senso di inadeguatezza a trattare argomenti elevati, una recusatio di comodo, che libera l’autore da ogni altro vincolo che quello della ‘domina’, la donna vista come padrona, in questo caso del poeta, reso schiavo dal ‘servitium amoris’.
I poeti elegiaci
I poeti elegiaci che cantarono l’amore ai tempi dell’antica Roma furono Tibullo, Properzio ed Ovidio e i loro topos sono diventati immortali punti di riferimento per la letteratura e addirittura per la cinematografia. Dal punto di vista stilistico, i tre elegiaci si ispirano ai greci Callimaco e Fileto, mantenendo una forma essenziale e raffinata, mentre sui contenuti se ne discostano decisamente, abbandonando il carattere oggettivo ed erudito degli ellenisti, per lasciare libero sfogo alla soggettività dell’autore e contaminandosi con l’epigramma e l’idillio, ma anche con la commedia e la tragedia. È poi Catullo da cui imparano a trattare l’amore come tormento e travaglio ed è Cornelio Gallo a coniare il servis amoris, l’amore per una sola donna, centrale nell’elegia romana.
L’elegia di Properzio
Rispetto a Tibullo, ricostruire la biografia di Properzio e della sua amata Cinzia è reso più semplice dalle opere dello stesso poeta, che tratteggia le tappe della sua vita. Nato ad Assisi, in Umbria, attorno al 50, anche lui da una famiglia potenzialmente agiata, ma spogliata del suo patrimonio dalle usuali confische di Roma, dove si trasferì per proseguire gli studi giuridici e nella quale, invece, intraprese la sua attività poetica, della quale sono giunte fino a noi 92 elegie, suddivise in quattro libri.
Primo libro
Conosciuto come il Monobiblos, il libro singolo, viene composto nel 28 a.C. e regala a Properzio grande fama a Roma. Si tratta di uno scritto di rottura, che trascura le grandi imprese di Augusto, per celebrare uno stile di vita trasgressivo, che implicasse l’abbandono degli impegni civili e politici in aperta polemica con le conquiste imperiali. Idee che conquistano Mecenate, pronto ad offrire a Properzio la sua protezione.
Secondo e terzo libro
Il primo dei due viene certamente pubblicato nel 25 a. C., mentre c’è incertezza sulla data dell’altro, che comunque ripercorre gli stessi temi, anche se a quelli amorosi si affiancano quelli classici dell’età ellenistica, per un ritorno graduale alla poesia dotta e raffinata professata da Callimaco e un definitivo ‘discidium’, distacco dalla figura di Cinzia, sintomo di un allontanamento volontario dall’elegia d’amore.
Quarto libro
Opera con tutta probabilità resa pubblica postuma, descrive bene la parola di Properzio, partito incendiario e tornato pompiere. Le undici elegie estese contenute nel quarto libro sono infatti la prova di come il poeta fosse tornato sotto il mantello di Augusto, trattando di antichi miti romani e celebrando la battaglia di Azio e la figura di Contrelia, per esaltare l’amore coniugale.
La poetica
Tra gli elegiaci romani e le loro donne, la figura di Cinzia si staglia come la più reale e viva, descritta minuziosamente tanto nel fisico quanto nel carattere, ed il suo essere di rango inferiore rispetto al poeta e dunque irraggiungibile legalmente, rende appieno il senso del tema dell’amore elegiaco romano e al suo caratteristico ‘servitium amoris’. Dal punto di vista stilistico, Properzio si distingue per i repentini passaggi dalla forma arcaica al linguaggio familiare, il ‘sermo cotidianus’, ma anche per il frequente ricorso alla mitologia, seppur non nella classica chiave erudita dell’arte alessandrina, che lo presentava come autonomo dal contesto, ma accostandolo e contaminandolo con le sue vicende personali, per utilizzarlo come paragone o esempio nella spiegazione.