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Quali sono i 7 re di Roma e qual è la loro storia

Nel periodo monarchico si susseguirono nell’arco di 244 anni, segnando la nascita e i primi passi della Città Eterna

Silvia Pino

Silvia Pino

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Ho iniziato con le lingue straniere, ho continuato con la traduzione e poi con l’editoria. Sono stata catturata dalla critica del testo perché stregata dalle parole, dalla comunicazione per pura casualità. Leggo, indago e amo i giochi di parole. Poiché non era abbastanza ho iniziato a scrivere e non mi sono più fermata.

I sette re di Roma, secondo la tradizione, governarono nel periodo monarchico della Città Eterna per un periodo lungo 244 anni, susseguendosi tra il 21 Aprile del 753 a.C., anno di fondazione della città, e il 509 a.C., quando una rivoluzione popolare guidata da alcuni membri dell’aristocrazia senatoria scacciò l’ultimo re, portando alla fondazione della libera Res Publica. I loro nomi e le loro date sono chiaramente il frutto di racconti e leggende e di ricostruzioni a posteriori, ma risultano comunque utili per illustrare la più antica organizzazione della città e i suoi primi passi nella Storia. Sono peraltro numerose le prove che vanno a surrogare queste leggende. Innanzitutto la celebrazione, già in età repubblicana, della cerimonia del regifugium o la presenza nel calendario, per i giorni 24 marzo e 24 maggio, della sigla QRFC, ovverosia Quando Rex Comitiavit, che indicava la data in cui era lecito per il re convocare il popolo in assemblea. A farne fede anche l’interregnum, istituto cui si ricorreva in caso di assenza dei magistrati superiori, la Regia, che prima di diventare la sede del Pontefice Massimo, fu l’antica residenza del sovrano, il notorio lapis niger del Foro romano, di età molto arcaica, che menziona per due volte la carica dei re, e gli scavi sul Palatino, che hanno fatto emergere la dimora dei primi re di Roma. Anche i nomi regali sembrano dimostrare la storicità dei racconti: mentre i sovrani più vicini alla fondazione hanno un nomen unico, i successivi aggiungeranno un patronimico, atto ad evitare omonimie in una comunità, quella romana, che si allargava rapidamente.

La scelta del REX e la sua elezione

La parola Rex è palesemente legata al verbo regere, ossia governare e il prescelto era considerato un vero e proprio “sacerdos”. Ma ecco come si arrivò all’istituzione della sua figura e quali erano i passaggi obbligati per eleggerlo. I romani nacquero come un popolo condannato a combattere per respingere gli assalti di invasori attirati da greggi e terre, la presenza del Tevere se da un lato rappresentava una ricchezza per le genti del posto, allo stesso tempo le esponeva alle incursioni nemiche. Il pericolo di essere sopraffatti spinse i primi romani ad associarsi agli stranieri che avessero accettato di battersi con loro e diede origine a un popolo variegato, senza distinzioni di razza o religione, unito dal solo intento di difendere Roma. Un tale melting pot, dato dall‘unione di genti diverse, usanze e credenze diverse, rese il popolo romano più critico e indipendente, tanto che anche nell’iniziale regime di monarchia assoluta il re veniva eletto. La procedura rimase pressoché la stessa per secoli, partendo dalla designatio da parte del senatore nominato interrex, per arrivare alla creatio da parte dei comitia curiata, fino all’inauguratio da parte di un augure, tappa conclusiva dell’elezione del rex, passata poi in eredità al rex sacrorum.

Da notare che, eccezion fatta per il fondatore, nessun re di Roma fu romano. Di più, nessuna delle grandi gentes romane fornì un re, anzi. I re romani furono stranieri e i Pompilii, i Tullii, gli Hostilli e i Marci oltre che stranieri erano anche di origini plebee. Nessuno dei re inoltre ereditò il trono dal padre, tuttavia sembra che per gli ultimi tre, di origine etrusca, fu stabilito un principio di discendenza matrilineare. Insomma, il principio ereditario rimase sempre estraneo alla mentalità romana, anche in età imperiale. Non a caso Cicerone osserva orgogliosamente nostri illi etiam tum agrestes viderunt virtutem et sapientiam regalem, non progeniem quaeri oportere” (rep. 2, 12,24), nel confronto con l’antica monarchia ereditaria di Sparta.

Poteri e insegne del Re

I poteri attribuiti all’eletto erano pressoché illimitati: il Re deteneva il potere esecutivo, era comandante in capo dell’esercito, capo di Stato e Pontefice massimo, legislatore e giudice supremo. Le insegne del sovrano erano i dodici littori raccolti in un fascio legato con strisce di cuoio intorno a una scure; la sedia curule, un sedile pieghevole “a X”, ornato d’avorio e simbolo del potere giudiziario; la toga rossa orlata da due bande di porpora, detta toga praetexta; le scarpe rosse di cuoio dipinto; il diadema bianco sul capo, una fascia di tessuto che cinge la fronte impreziosita da inserti in oro e pietre preziose.

I sette re di Roma

Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo, generalmente i loro nomi si ripetono ad alta voce uno dopo l’altro a mo’ di filastrocca, ma in realtà, dietro ciascun nome c’è una storia importantissima. I sette re di Roma sono stati abili politici dall’origine diversa che di volta in volta salivano al potere man mano che la città cambiava e si ingrandiva.

Romolo

Nato ad Albalonga nel 771 a.C., fu il primo dei sette re di Roma ed è a lui che si attribuisce, nel 753 a.C., la fondazione della Città Eterna, eretta sul Palatino dopo aver occupato cinque dei sette colli e ucciso il fratello gemello Remo, “reo” di aver oltrepassato i limiti stabiliti. Secondo la leggenda, i due fratelli, discendenti di Enea, figli di Rea Silvia, resa madre dal dio Marte, e condannati a morte dallo zio Amulio, tiranno di Albalonga, che aveva spodestato suo fratello Numitore, vennero nascosti in una cesta e affidati alla corrente del fiume Tevere. Furono tratti in salvo da una lupa, che li allevò e diede loro protezione, diventando così lo storico simbolo di Roma. Autoproclamatosi re dopo aver ucciso Remo, salì sul Monte Saturno, detto Campidoglio, dove designo un luogo sul quale innalzare un Tempio a Giove Feretrio. E’ a Romolo che vengono attribuite le prime riforme in campo politico ed istituzionale: dalla fondazione del Senato e dei comizi curiati, alla ripartizione dei patrizi in Tities, Luceres e Ramnes e dei plebei, distinguendo tra chi era in grado di combattere una guerra e chi invece non lo era. Fu lui a ordinare il ratto delle Sabine per popolare anche di donne la nuova città: ne scaturì una guerra che si risolse con un regno in condominio tra Romolo e Tazio, Re della Sabina, in pratica l’ottavo re, che si stabilì con il suo popolo sul Quirinale. Nel 706 a.C. Romolo sparì misteriosamente durante una tempesta e in seguito fu venerato come un dio, con il nome di Quirino.

Numa Pompilio

Nato nel 754 a.C. e cognato di Romolo, Numa Pompilio venne eletto dai comizi curiati e regnò dal 715 a.C., al 673 a.C., quando morì di malattia. La sua indole pacifica e non guerrigliera, regalò a Roma anni sereni. Ispirato dalla ninfa Egeria, diede un’organizzazione religiosa alla città: nel Foro, fece costruire il tempio di Vesta, con alle spalle la Regia, e lungo la Via Sacra fece edificare il Tempio di Giano, le cui porte potevano essere chiuse solo in tempo di pace e che in effetti rimasero chiuse per tutti i quarantatré anni del suo regno. Istituì i principali collegi sacerdotali e rivoluzionò il calendario, portandolo da dieci a dodici mesi con l’aggiunta di Gennaio e Febbraio. Anche i giorni dell’anno passarono da 304 a 355. Numa Pompilio fu un re popolare e amato dalla plebe, a lui si deve anche la prima suddivisione dei mestieri, classificati in fabbri, vasai, carpentieri e orefici. Fu seppellito in un mausoleo sul Gianicolo insieme ai suoi amati libri.

Tullo Ostilio

Pronipote di Romolo e terzo re di Roma, Tullo Ostilio regnò dal 672 a.C. al 641 a.C.. Contrariamente al suo docile predecessore Numa Pompilio, il nuovo sovrano era pervaso da spirito guerriero e diede a Roma l’egemonia sulle popolazioni circostanti. Per trovare un casus belli che giustificasse la guerra agli occhi degli dei, istituì il collegio dei feziali, cui assegnò il compito di trovare un pretesto per ogni belligeranza. Il nome di Tullo Ostilio si lega con la distruzione di Alba Longa al culmine di una guerra lunga e spietata: prima di mettere a ferro e fuoco la città, ne depredò tutte le ricchezze e deportò tutti i suoi abitanti sul monte Celio, quindi ne giustiziò il re, Mezio Fufezio, smembrandolo in maniera orribile dopo averlo legato mani e piedi a quattro quadrighe con cavalli lanciate in direzioni opposte. Il celebre scontro tra gli Orazi (tre fratelli romani) e i Curiazi (tre fratelli di Alba Longa) sancì la leggendaria vittoria. Successivamente conquistò anche Veio e Fidene e fece costruire una nuova sede senatoriale, la Curia Hostilia. Amato dal popolo perché garantì una casa a chiunque non potesse permettersela, pagò cara la sua scarsa devozione verso gli dei: una terribile peste colpì il popolo romano e lo stesso Tullo Ostilio, che solo in quel momento si ricordò di Giove, invocando il suo aiuto. La risposta dell’indispettita divinità fu un fulmine, che incenerì il re e la sua casa, ponendo fine a trentadue anni di regno.

Anco Marzio

Suocero di Tullo Ostilio e nipote di Numa Pompilio, Anco Marzio fu il quarto re di Roma, l’ultimo di discendenza sabina, e governò dal 640 a.C. al 616 a.C. lasciando numerosi importanti segni della sua opera. Sulla scorta delle imprese belliche del suo predecessore, Anco Marzio continuò la politica di espansione dell’Urbe, assoggettando dapprima Politorium, poi Metulla, Tellanae e Ficana. A lui si dovrebbe la creazione della colonia di Ostia, con la quale regalò a Roma quello sbocco sul mare che una aspirante grande potenza non poteva non avere, ne beneficiò il commercio, che si intensificò anche grazie alla navigabilità del Tevere. Fece scavare nuove saline e ne donò parte del prodotto al popolo, affinché lo utilizzasse per conservare gli alimenti e per scambiarlo con il legno degli Etruschi. Furono sua opera l’annessione del Gianicolo e del Celio, la costruzione della prima prigione pubblica e l’edificazione del primo ponte che congiungeva le due sponde del Tevere, Ponte Sublicio a Sud di quella che sarebbe diventata l’Isola Tiberina.

Tarquinio Prisco

Il primo re etrusco fu Tarquinio Prisco, che governò Roma dal 616 a.C. al 578 a.C., succedendo ad Anco Marzio, del quale era il braccio destro, tanto che ne divenne tutore dei figli alla sua morte. Incoronato secondo la leggenda da un’aquila, che divenne l’altro simbolo di Roma al pari della lupa, Lucio Tarquinio Prisco si chiamava Lucumone ed era figlio di un eminente greco, Demerato, fuggito da Corinto e stabilitosi a Tarquinia; sposò la raffinata dama etrusca Tanaquilla, che lo convinse a trasferirsi a Roma, dove entrò a far parte della tribù dei Luceri. Nonostante le sue origini, anche Tarquinio Prisco continuò a combattere con etruschi e latini, conquistando Collatia e assoggettando le popolazioni ribelli. Le sue gesta più famose però furono quelle nel campo delle costruzioni: sotto il regno di Tarquinio Prisco, Roma divenne più bella, furono lastricate le strade, venne arricchito il Foro, fu promossa la costruzione di grandiose opere pubbliche come il Circo Massimo e la Cloaca Maxima. Fortificò il suo potere attorno al culto di Iuppiter, ordinando la costruzione del Tempio di Giove, e di Hercules, cui nel Foro Boario fu dedicata una statua rivestita dell’ornatus triumphalis, e introdusse le cerimonie del trionfo e dei ludi romani. Morì assassinato da sicari assoldati dai figli di Anco Marzio, suoi figliocci, che lo accusavano di essere salito al trono solamente grazie al favore di cui godeva da parte del padre.

Servio Tullio

Ricordato come “il rifondatore”, Servio Tullio fu il sesto re di Roma e tra il 578 a.C. al 534 a.C. pose in essere numerose importanti opere. Etrusco di origini servili, riuscì a sedurre e sposare Tarquinia, una delle figlie di Tarquinio Prisco, e si distinse in battaglia come comandante di cavalleria. La sua ascesa al trono fu il frutto di un sotterfugio ordito con la suocera, che lo spalleggiò nel fare credere al popolo che in punto di morte Tarquinio Prisco lo avesse nominato reggente temporaneo. Non tutti però ne riconobbero la nomina e si ribellarono alla sua elezione, rivolte soffocate nel sangue da Servio Tullio, che riprese il controllo di Veio, Cere e Tarquinia. Ricordato per le mura serviane, imponenti costruzioni di tufo che cingevano i colli di Roma, ordinò un censimento della popolazione, prima di riorganizzare la città dividendola in quattro zone: Palatina, Esquilina, Collina e Suburrana. Cambiò le regole dell’arruolamento, estendendolo anche ai plebei, e ricordando le sue umili origini e la sua storia, promulgò una legge che consentiva a chiunque di scalare i livelli sociali a prescindere da origini e classe di appartenenza. Sull’Aventino fece ereggere un tempio dedicato a Diana, dea dei boschi e cara agli schiavi e alle donne. Secondo la leggenda, a porre fine alla vita di Servio Tullio fu la figlia Tullia, che uccise il padre e infierì sul cadavere schiacciandolo sotto il suo carro, avvelenò il marito Arunte Tarquinio e ne sposò il fratello, Lucio Tarquinio, che divenne il nuovo re.

Tarquinio il Superbo

Tarquinio il Superbo fu il settimo e ultimo re di Roma. Salito al trono nel 534 a.C. dopo essersi sbarazzato con un complotto del suo predecessore Servio Tullio, passò alla storia come il tiranno. Salito al trono con la forza, spazzo via tutte le riforme introdotte dai suoi predecessori, instaurando una sorta di monarchia assoluta e governando per mezzo del terrore, meritandosi l’appellativo popolare di “Superbo”. Un brutto episodio che vide protagonista il figlio, diede però il via alla sollevazione popolare che porterà alla sua cacciata e alla fine dell’era dei Re di Roma. Sesto, primogenito di Tarquinio, usò violenza nei confronti di Lucrezia, moglie di Tarquinio Collatino, che per la vergogna si tolse la vita. Fu la scintilla da cui divampò la rivolta: Sesto venne ucciso, mentre Tarquinio Il Superbo trovò rifugio nella città etrusca di Cere, dove morì nel 509 a.C. Nasceva così, secondo la leggenda, la Repubblica dei Consoli.