Enrico Berlinguer nasce a Sassari il 25 maggio 1922. È un politico, fra i più influenti e iconici della prima Prima Repubblica. Antifascista sardo, nel 1943 si iscrive al Partito Comunista e, nel dopoguerra, si adopera per la sua riorganizzazione giovanile: guida la FGCI fino al 1956. Nel 1962 diventa responsabile della sessione esteri della segreteria del PCI e ne diventa segretario generale dieci anni dopo. L’11 giugno 1984, a Padova, lo colpisce un ictus durante un comizio e muore.
È figlio di un avvocato, nobile, antifascista, massone e il fratello di Giovanni, scienziato e parlamentare. La sua infanzia viene segnata dalla malattia e dalla morte prematura della madre. Ateo, si sposa nel 1957 con Letizia Laurenti, in Campidoglio e con un rito civile. Dalla loro unione nascono quattro figli.
Da giovane dimostra una certa passione per la filosofia, nel 1940 si diploma al liceo classico senza sostenere gli esami, sospesi a causa della guerra. Si iscrive a Giurisprudenza ma non conclude mai gli studi.
Il ceto popolare sardo affronta un periodo di difficoltà, l’isola infatti è scollegata dal Mezzogiorno – liberato dagli Alleati – e dall’Italia occupata dai tedeschi. Il commercio chiuso non permette l’arrivo degli approvvigionamenti. Comincia un periodo di proteste e saccheggi. Nonostante i comunisti prendano le distanze, la polizia non crede alla loro versione e procede con 43 arresti, fra questi anche quello di Enrico Berlinguer, che dura circa quattro mesi: viene prosciolto dalle accuse. In seguito definirà la galera “formativa”.
Deputato dal 1968, segue una linea che prevede la cooperazione fra la classe operaia e il ceto medio. Una sorta di alleanza che spinge verso una visione moderata del comunismo. Il partito, sotto la sua guida assume un carattere laico. Ne è dimostrazione concreta la proposta di quello che viene definito “il compromesso storico” che si concretizza dopo il successo alle urne del Partito Comunista italiano nel 1975/76. Viene perseguita una politica di unità nazionale sino al 1979.
Dopo una conclusione negativa del Governo e il ritorno all’opposizione, Enrico Berlinguer cerca di risollevare il partito rispetto alla difficile situazione che si ritrova a vivere. Una condizione che viene accentuata dalla crisi politica e sociale che caratterizza l’Italia degli anni Ottanta. Così propone una “alternativa democratica alla DC, la Democrazia Cristiana, e continua il suo operato dall’interno.
Ha un ruolo determinante nella politica internazionale del Paese. La segreteria di Berlinguer si distacca dalla visione tradizionale dell’Unione Sovietica e prosegue con una maggiore integrazione nella sinistra europea occidentale. Passa dell’esperienza eurocomunista degli anni Settanta alla dichiarazione del 1982 sull’esaurimento della “spinta propulsiva” della rivoluzione d’ottobre.