Le citazioni di: Giovanni Falcone

Giovanni Falcone, magistrato palermitano che ha lottato contro Cosa nostra

Giovanni Falcone, all’anagrafe Giovanni Salvatore Augusto Falcone, nasce a Palermo il 18 maggio 1939. È un magistrato che – insieme alla moglie Francesca Morvillo e ai tre uomini della sua scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani – è stato ucciso da Cosa nostra il 23 maggio del 1992 sul tratto autostradale che da Punta Raisi lo avrebbe riportato a Palermo, all’altezza dello svincolo per Capaci. Con il collega Paolo Borsellino, ucciso il 19 luglio dello stesso anno, è una personalità di spicco della lotta alla mafia.

Figlio di Arturo Falcone e Luisa Bentivegna, ha due sorelle. Dopo la maturità classica all’Umberto I del capoluogo siciliano e una breve esperienza all’Accademia navale di Livorno, si laurea in Giurisprudenza. Nel 1964 diventa pretore a Lentini e poi è sostituto procuratore a Trapani per 12 anni.

Si trasferisce Palermo nel 1978, in seguito all’omicidio del giudice Cesare Terranova, e lavora all’Ufficio istruzione, a capo c’è Rocco Chinnici. Insieme a Borsellino, Falcone lavora a oltre 500 processi. Il suo lavoro per sconfiggere la mafia inizia con l’indagine su Rosario Spatola. Si concentra su movimenti bancari e situazioni patrimoniali, perché ha l’intuizione che seguendo le ingenti somme di denaro avrebbe scovato i capi di Cosa nostra.

Subito dopo l’omicidio di Chinnici, nel 1983, Antonino Caponnetto costituisce il pool antimafia. Insieme a Falcone e Borsellino ci lavorano Guarnotta e Di Lello. La svolta si ha con l’interrogatorio al pentito Tommaso Buscetta. Si dà il via al maxiprocesso, le famiglie di Falcone e Borsellino vengono trasferite all’isola dell’Asinara dopo la morte di Giuseppe Montana e Ninni Cassarà, loro collaboratori.

Nel 1987 si conclude il Maxiprocesso, con 360 condanne per complessivi 2665 anni di carcere e undici miliardi e mezzo di lire di multe da pagare. Nel 1986, Giovanni Falcone diventa procuratore della Repubblica di Marsala e il pool si allarga, ma due anni dopo, il successore di Caponnetto, Meli lo scioglie.

Nel 1989 fallisce l’attentato alla villa di vacanza di Falcone, all’Addaura. Negli stessi anni si sospetta che l’invio di lettere diffamatorie ai danni del giudice e dei suoi colleghi siano opera di una talpa all’interno della procura.

Nel 1990, grazie al lavoro di Falcone, vengono arrestati 14 trafficanti fra colombiani e siciliani. Nei due anni successivi il giudice viene attaccato su più fronti. Il suo impegno nella lotta alla mafia è incessante, ma termina il 23 maggio del 1992. Cinquecento chili di tritolo fanno saltare in aria l’auto in cui viaggia con la moglie e gli uomini della scorta.