Voltaire, pseudonimo di François Marie Arouet, nasce a Parigi il 21 novembre 1694. È un filosofo, scrittore e saggista, storico, drammaturgo, poeta di origini francesi e borghesi. Riceve un’istruzione umanistica di tutto rispetto al collegio Louis-le-Grand gestito dai gesuiti.
Da giovanissimo è autore di poesie argute e leggere. Il successo della tragedia Œdipe, nel 1718, gli apre le porte dell’alta società. Inizia una fase di fervore letterario. Nel 1727, per un contrasto con il cavaliere de Rohan, viene rinchiuso alla Bastiglia ingiustamente.
Costretto a lasciare la Francia, si trasferisce in Inghilterra. Anche lì ottiene grandi riconoscimenti e riesce ad avviare la sua carriera di filosofo e critico. ‘Sfrutta’ il fatto che la società inglese sia più moderna e libera di quella francese da cui proviene per andarle contro.
Le Lettres sur les Anglais (o Lettres philosophiques) del 1734, sono il frutto di una scrittura più matura. Attraverso il pretesto di informare sui fatti dell’Inghilterra, Voltaire – con questa opera – attacca le istituzioni, politiche, religiose e sociali della Francia. Nonostante lo scandalo, il suo successo fa sì che la nazione allarghi le sue vedute.
Viene obbligato a trasferirsi in Lorena e, al suo ritorno, gli viene vietata la residenza a Parigi. Si stabilisce al castello di Cirey (Champagne) da Madame du Châtelet. Grazie alla sua vicinanza, approfondisce temi scientifici e scrive Éléments de la philosophie de Newton (1738), un violento attacco alla fisica cartesiana.
L’influenza greca gli permette di dar vita a una produzione drammaturgica eccellente. Sono di quegli anni le tragedie Alzire, Mahomet e Mérope. Si riavvicina alla nobiltà francese e nel 1745, grazie a Madame de Pompadour, ottiene il diploma di storiografo di Francia con la carica di gentiluomo di camera del re.
Due anni dopo si trasferisce a Lunéville con Madame du Châtelet. Dopo la sua morte – nel 1749 – Voltaire decide di andare a Berlino presso la Corte di Federico II, suo grande estimatore. Lì pubblica il suo capolavoro, Le siècle de Louis XIV. Il rapporto con il re viene compromesso da gelosie e pettegolezzi e ritorna in Francia.
Collabora per quattro anni con l’Encyclopédie, alla produzione di circa 40 voci letterarie e filosofiche. Lo scandalo della pubblicazione del Dictionnaire raisonné provoca l’interruzione del rapporto.
Nel 1755 si stabilisce in Svizzera per dieci anni. Costituisce un centro intellettuale in cui convergono scrittori, artisti e dame da tutta Europa. Le sue ricchezze gli permettono di vivere agiatamente. Ha molta autorevolezza e il suo intervento nei processi Calas, La Barre, Sirven e Lally porta alla revisione di sentenze ingiuste.
La filosofia di quegli anni è impetuosa e rivoluzionaria, terreno fertile per Voltaire. Con un numero notevole di opere ogni genere, si fa ascoltare e lotta contro concetti quali la superstizione, il fanatismo e il privilegio. Nasce il Dictionnaire philosophique (1764): testamento filosofico attraverso il quale prende le distanze dall’intolleranza, dal miracolo, dall’autorità, dalla falsificazione delle leggende e delle tradizioni.
Nel 1778 riesce a tornare a Parigi per la rappresentazione dell’ultima sua tragedia, Irène. Voltaire si mostra affaticato dalle emozioni di quel periodo e muore poco dopo: il 30 maggio di quell’anno. Nel 1791 le sue ceneri vengono deposte nel Panthéon.
Fra i suoi romanzi più popolari, senz’altro, troviamo Candide, con il quale si prende gioco dell’ottimismo leibniziano. Il già citato Le siècle de Louis XIV è la prima opera storica moderna. Rompe la tradizione annalistica, ordinando gli eventi secondo la loro connessione e mostrando i fatti a 360 gradi. Voltaire introduce il concetto di civiltà. L’altra grande opera storiografica è l’Essai sur les moeurs et l’esprit des nations (1756): il primo tentativo laico e critico di una “storia dello spirito umano”, una concezione universale.
Dal punto di vista filosofico, ammette Dio – “primo motore intelligente” – ma non ne determina l’essenza e gli attributi. La sua psicologia si basa sull’immediata evidenza: “io sono corpo e penso”. Il volterrianesimo oggi è inteso come spirito di radicale incredulità e di perentorio rifiuto del soprannaturale.