Do ut des: cosa vuol dire e quando si usa
- Nascita dell'espressione
- Il concetto originario contenuto nell'espressione
- Utilizzo moderno dell'espressione e risvolti filosofici e morali
Nascita dell’espressione
L’espressione latina – Do ut des – compare per la prima volata nel terzo secolo d.C., con accezione giuridica, in particolare per quanto riguarda un atto di compravendita. Viene adoperata da Giulio Paolo nel Digesto e nel corso dei secoli successivi è venuta sempre più affermandosi come semplificazione del più ampio – Aut enim do tibi ut des, aut do ut facias, aut facio ut des, aut facio ut facias -, che per semplificazione potremmo tradurre in un essenziale – Dopo quello che ti ho dato, ora aspetto che tu dia qualcosa a me -.
Il concetto originario contenuto nell’espressione
Trattandosi di una formula almeno in origine di natura giuridica, ciò che filosoficamente va sottolineato dell’espressione è il patto che impegna entrambe le parti contraenti l’accordo a rispettare ciascuna l’obbligo nei confronti dell’altra. Molto spesso la formula sottintendeva dunque il trasferimento di proprietà di un bene materiale o di una somma di monete a fronte del trasferimento, già in precedenza avvenuto, di qualche altra cosa.
Utilizzo moderno dell’espressione e risvolti filosofici e morali
L’espressione, nel corso dei secoli successivi, è stata utilizzata di continuo e ha proceduto di pari passo con una semplificazione progressiva del concetto; non con una banalizzazione dello stesso, però. Poche altre espressioni come – Do ut des – sono infatti la cartina di tornasole di quello che è diventato nel tempo il modo di pensare e di agire del cosiddetto “Homo economicus”, ossia secondo la teoria economica classica l’individuo che ha come caratteristiche precipue la razionalità e il conseguente interesse esclusivo per la cura dei suoi interessi individuali; per il suo “particulare” avrebbe detto Francesco Guicciardini.
La declinazione più in voga oggi del concetto è più o meno quella secondo la quale: – Nessuno fa niente per niente – o, per essere ancora più diretti: – Se faccio qualcosa per te mi aspetto qualcos’altro in cambio -. Ecco che allora basta una semplice espressione di tre sillabe e soprattutto l’attualizzazione progressiva della sua accezione per farci capire i valori, o la mancanza di valori se il lettore preferisce, che segnano e caratterizzano i tempi che stiamo vivendo. Tutto ha un prezzo, dunque, di conseguenza tutto è o sarebbe mercificabile. Secondo questa logica e soprattutto secondo tutti quelli che ne fanno un’ispirazione fondante per il loro modo di agire e di rapportarsi al mondo che ci circonda, sembrerebbero esclusi dei concetti come la generosità o la gratuità dell’atto, l’altruismo, l’agire disinteressato e tanti altri comportamenti che in realtà nobilitano l’animo umano e la stessa definizione di umanità.
Riflettendoci ulteriormente, potremmo dire che il motto in sé, che in origine era circostanziato e riferito a un ambito della vita importante ma circoscritto come quello economico e giuridico, dall’epoca classica fino all’attualità ha compiuto un percorso di diffusione che lo ha reso buono e valido per sintetizzare il modo che gli individui hanno, nel mondo occidentale, di rapportarsi ai loro simili.