Salta al contenuto

Carme 76 di Catullo: traduzione, analisi e figure retoriche

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

Il Carme 76 di Catullo rappresenta una profonda riflessione sull’amore non corrisposto e sul tormento interiore che ne deriva. In questa poesia, il poeta si confronta con il proprio dolore, cercando una via d’uscita attraverso l’introspezione e l’invocazione agli dèi.

Carme 76 di Catullo: la traduzione

Se c’è per l’uomo qualche piacere nel ricordare i benefici passati,
quando pensa di essere stato pio,
di non aver violato la sacra fede, né in alcun patto
aver abusato del potere divino per ingannare gli uomini,
molte gioie ti attendono, Catullo, nella lunga vita,
da questo ingrato amore.
Infatti, qualunque cosa gli uomini possano dire o fare di bene a qualcuno,
queste sono state dette e fatte da te:
tutte sono andate perdute, affidate a un cuore ingrato.
Perché dunque ti tormenti ancora?
Perché non ti rafforzi nell’animo e ti allontani da lì
e, anche se gli dèi sono contrari, smetti di essere infelice?
È difficile deporre improvvisamente un lungo amore;
è difficile, ma fallo in qualunque modo tu possa.
Questa è l’unica salvezza, questo devi superare;
fallo, sia che sia possibile o impossibile.
O dèi, se è nella vostra natura avere pietà, o se mai a qualcuno
avete portato l’estremo aiuto proprio in punto di morte,
guardate me infelice e, se ho vissuto una vita pura,
strappatemi questa peste e rovina,
che, insinuandosi come un torpore nelle profondità delle membra,
ha scacciato ogni gioia dal mio petto.
Non chiedo più che lei ricambi il mio amore,
o (cosa che non è possibile) che voglia essere pudica;
desidero star bene e deporre questa terribile malattia.
O dèi, concedetemi questo in cambio della mia pietà.

L’analisi del carme

Il Carme 76 si distingue per la sua struttura articolata e per la profondità dei sentimenti espressi. Catullo inizia con una riflessione sulla propria pietas, sottolineando come abbia sempre agito con integrità e lealtà. Egli si rammarica che tutti i suoi atti di benevolenza siano stati vanificati dall’ingratitudine di Lesbia. Questa consapevolezza lo porta a interrogarsi sul motivo per cui continua a tormentarsi e lo spinge a esortarsi a trovare la forza interiore per superare il dolore. Tuttavia, riconosce la difficoltà di abbandonare un amore profondo e duraturo.

Nella parte finale, Catullo si rivolge agli dèi, implorando pietà e chiedendo di essere liberato da quella che definisce una “peste” che ha estirpato ogni gioia dal suo cuore. Egli non cerca più il ritorno dell’amore di Lesbia o la sua fedeltà, ma desidera solo guarire da questa sofferenza.

Temi principali

Nel Carme 76, emergono diversi temi chiave:

  • Pietas e fides: Catullo sottolinea la propria devozione e lealtà, sia verso gli dèi che nei confronti di Lesbia. Egli si considera pio e fedele, avendo sempre rispettato i patti e non avendo mai abusato della fiducia divina per ingannare gli altri.
  • Sofferenza amorosa: il poeta esprime il profondo dolore derivante dall’amore non corrisposto e dall’ingratitudine di Lesbia. Questo tormento è descritto come una malattia che ha invaso il suo essere, privandolo di ogni gioia.
  • Ricerca di liberazione: Catullo desidera liberarsi dalla sofferenza causata dall’amore. Egli si esorta a trovare la forza interiore per superare il dolore e si rivolge agli dèi, implorando il loro aiuto per guarire da questa “peste”.

Figure retoriche

Catullo arricchisce il Carme 76 con l’uso sapiente di diverse figure retoriche, che amplificano la profondità del suo tormento amoroso. L’allitterazione, evidente nella ripetizione del suono “s” in “Si qua recordanti benefacta priora voluptas”, crea un effetto sonoro che sottolinea la riflessione iniziale del poeta, enfatizzando il legame tra il ricordo delle sue azioni virtuose e il dolore presente.

La metafora è particolarmente incisiva nel descrivere l’amore come una peste e una rovina, un male devastante che ha annientato ogni gioia nel cuore di Catullo. Questa immagine rafforza l’idea che l’amore non sia solo fonte di piacere, ma possa trasformarsi in una malattia che consuma e paralizza l’anima. Un’altra metafora potente è quella del torpore che si insinua nelle membra (subrepens imos ut torpor in artus), a indicare come la sofferenza amorosa abbia gradualmente privato il poeta di ogni energia vitale, trasformando il sentimento in un peso insopportabile invece che in un’ispirazione.

L’anafora di difficile est evidenzia la complessità di superare un amore profondo. La ripetizione di questa espressione sottolinea quanto sia arduo distaccarsi dal proprio dolore, pur essendo consapevoli che sia l’unica via per ritrovare la serenità. Il poeta si sforza di convincersi che la guarigione sia possibile, ma il tono del componimento suggerisce quanto questa impresa sia faticosa e quasi impossibile.

L’uso dell’apostrofe agli dèi, introdotta con “O di, si vestrum est misereri…”, conferisce al carme un tono solenne e quasi sacro. Dopo aver riflettuto sul proprio tormento, Catullo si rivolge direttamente alle divinità, implorando pietà e chiedendo di essere liberato dalla sofferenza. Non supplica un ritorno di Lesbia né la speranza di riconquistarla, ma desidera essere liberato dalla dipendenza emotiva che lo lega a lei. Questa richiesta enfatizza la disperazione del poeta, che non riesce a trovare in sé stesso la forza per dimenticare l’amata e si affida all’aiuto divino.

Infine, l’antitesi tra “aut contra me ut diligat illa” (o che lei mi ami di nuovo) e “aut esse pudica velit” (o che voglia essere fedele) rafforza il realismo della sua presa di coscienza. Catullo ha ormai compreso che Lesbia non cambierà mai, e per questo motivo non si illude più di poter riconquistare il suo amore o di vederla finalmente fedele. Il suo unico desiderio è guarire, liberarsi dal tormento e riuscire a tornare a una vita serena, ma la forza di questo carme sta proprio nella difficoltà di raggiungere questo obiettivo, trasformando la poesia in un’intima confessione di lotta interiore e sofferenza profonda.

Il Carme 76 e l’evoluzione emotiva di Catullo

Questo componimento rappresenta una svolta nella poesia catulliana, poiché il poeta non esprime più solo la disperazione dell’amore tradito, ma anche la volontà di reagire. Rispetto ai carmi precedenti, in cui dominano il dolore (Carme 72) e il paradosso dell’odio e dell’amore (Carme 85), qui emerge una consapevolezza nuova: Catullo sa che deve smettere di soffrire e cerca di imporsi una via d’uscita.

Tuttavia, la sua richiesta di aiuto agli dèi rivela anche la difficoltà di compiere questo passo. Il distacco da Lesbia non è solo un atto razionale, ma una battaglia interiore che Catullo sta cercando di vincere.

Il tema dell’amore come malattia è centrale nel Carme 76. Il poeta non vede più l’amore come un’esperienza sublime, ma come una condizione patologica da cui è necessario guarire. Questa visione influenzerà profondamente la successiva poesia elegiaca latina, in cui l’amore viene spesso descritto come una schiavitù o un tormento.