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Frida Kahlo, vita e opere d'arte della pittrice messicana

Tutti in Frida è straordinario. Vediamo, dunque, come "i due grandi incidenti della sua vita" - l'impatto con un tram e l'incontro amoroso con il pittore Diego Rivera - hanno reso questa donna simbolo femminista e artista rivoluzionaria

Valeria Biotti

Valeria Biotti

SCRITTRICE, GIORNALISTA, SOCIOLOGA

Sono scrittrice, giornalista, sociologa, autrice teatrale, speaker radiofonica, vignettista, mi occupo di Pedagogia Familiare. Di me è stato detto:“È una delle promesse della satira italiana” (Stefano Disegni); “È una scrittrice umoristica davvero divertente” (Stefano Benni).

Una vita incredibile

Frida Kahlo – all’anagrafe Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón – nasce a Coyoacán, un sobborgo poco fuori Città del Messico, il 6 luglio 1907. Ama in realtà affermare di aver visto la luce nel 1910 e non per il vezzo di “scontarsi qualche anno”, ma per il valore simbolico della data. Frida si sente potentemente rivoluzionaria e il 1910 è l’anno della Rivoluzione Messicana.

Il padre, Guillermo, è un fotografo tedesco trasferitosi in Messico nel 1891, la madre Matilde Calderón y González è una donna benestante di origini amerinde.

Affetta da spina bifida o forse da poliomielite (al tempo la confusione tra le due è frequente), vive un’infanzia tosta e battagliera. «Pata de palo» (gamba di legno) la appellano gli altri bambini indicando la deformità che rende le due gambe difformi tra loro. Ma Frida reagisce lanciandosi in sport solitamente preclusi alle donne e non negandosi alcuna attività.

Rispetto alle sorelle è quella col piglio più deciso e più anticonvenzionale. Tanto più che il padre Guillermo decide di puntare sulla sua istruzione. La iscrive alla Scuola Preparatoria – frequentata quasi in toto da ragazzi – e la inizia alle fotografia.
Frida si prende cura del padre anche nei momenti più difficili; affetto da epilessia, è lei a sapere cosa fare nel caso intervenga un attacco mentre si trovano fuori casa.

A scuola, fraternizza con i Cachuchas, un gruppo di ispirazione socialista dedito all’approfondimento della filosofia, della letteratura, dell’arte e particolarmente incline alla goliardia. In particolare, si innamora del loro capo, Alejandro Gómez Arias, al quale scriverà lettere surreali, vezzose e colme di sogni, così come dolorose, invece, dopo il terribile incidente occorsole e dopo essere stata abbandonata.

L’incidente e lo specchio

È il 17 settembre quando sale su un autobus con Alejandro per tornare a casa; il mezzo viene travolto da un tram, in un impatto terrificante. Il bus si ritrova letteralmente schiacciato contro un muro; tra i passeggeri, la ragazza è quella che ha la peggio.

La colonna vertebrale le si spezza in tre punti, il collo del femore e alcune costole si fracassano. La gamba sinistra riporta ben 11 fratture e l’anca le viene trafitta dal passamano dell’autobus.
La slogatura del piede destro appare quasi un dettaglio, a questo punto, così come la lussazione della spalla opposta.

L’osso pelvico, fracassato in tre punti, sembra quasi polverizzato.

Sono 32 le operazioni a cui Frida è sottoposta, tra busti più o meno fissi, cavi di trazione, dolori lancinanti.
La famiglia – provata economicamente già dalle conseguenze della rivoluzione – fatica a sostenere il peso delle cure mediche; e, mentre è bloccata a letto, Frida inizia a rimuginare su come non essere un peso per i suoi cari.

Nel frattempo, i genitori costruiscono per lei un catafalco in grado di permetterle di disegnare e dipingere, mentre è ancora impossibilitata ad alzarsi. Appongono, poi, sulla sommità del baldacchino, uno specchio.
Croce e delizia insieme, lo specchio le mostra costantemente la propria immagine provata dalla malattia, ma le permette anche di sviluppare quell’osservazione di se stessa che renderà i suoi autoritratti così colmi d’anima e potenti.

L’incontro che le cambia la vita

Lo ha già visto affrescare dal vivo e lo considera un genio. D’altra parte, Diego Rivera è l’emblema dell’incontro tra rappresentazione artistica e impegno politico. Segretario del Partita Comunista messicano, è uno dei massimi esponenti della pittura murale del tempo: non “arte da cavalletto”, dunque, ma lotta politica per immagini.

È a lui che Frida si rivolge per sapere se i suoi quadri valgano qualcosa. «Ho necessità di lavorare», gli dice aspettandolo con qualche tela sotto il braccio, «devo sapere se continuare o se è una perdita di tempo».
Rivera – noto donnaiolo – non è solo attratto dalla forza di quella giovane così determinata. Certo, è vestita in modo maschile e ha dei tratti molto particolari; ma è il punto di vista che nota all’interno dei suoi quadri a colpirlo. Accetta di recarsi a casa della famiglia di lei la domenica successiva: vuole saperne di più.

L’incontro con Diego e – spoiler! – il matrimonio con questo omone (il «mio panzòn», lo chiama) sono la chiave perché Frida diventi la Frida Kahlo che conosciamo.

Milita anche lei nelle file del Partito Comunista, frequenta intellettuali e artisti d’ogni genere: le feste a casa della fotografa Tina Modotti ne nutrono ogni passione e curiosità.
Diego e Frida sono una coppia travolgente, nel feeling innegabile e nei conflitti esplosivi. Quando Rivera viene chiamato a dipingere negli USA l’interno del Rockefeller Center di New York e gli affreschi per l’Esposizione Universale di Chicago – proprio a casa del nemico capitalista – Frida lo segue; felice, finalmente, di poter coronare il suo sogno: vedere il mondo.

Le avventure, i tradimenti

Negli Stati Uniti Frida si lancia alla scoperta di tutto ciò che è nuovo e “diverso”. Si avventura per China Town, sperimenta. Mentre il marito si concede “distrazioni” di varia natura – che non stupiscono Frida, non rappresentando una novità – lei stessa si lascia andare ad avventure con uomini e donne. Eppure le manca la sua terra, che nei suoi quadri rappresenta colorata, ricca, gravida di meraviglie. Gli Stati Uniti, invece, divengono pian piano per lei l’emblema del grigiore.
Rivera è perfettamente a suo agio – uomo eccessivo nella patria degli eccessi – Frida inizia a star male.
A contribuire al dramma, l’episodio straziante del suo primo (ne seguiranno altri) aborto. Il corpo è martoriato dall’incidente, la gravidanza si interrompe tra dolori e tormenti.

Al ritorno in Messico, Rivera fa costruire per sé e la moglie una “doppia casa”, separata in due unità ma unita da un ponte. I due, così, possono mantenere un contatto e un confronto, ma anche recuperare un’indipendenza personale e d’artista.
Quando, però, Frida scopre il marito tradirla con Cristina Kahlo, sua sorella minore, la rottura è inevitabile. Nel 1939, i due divorziano.

Torneranno insieme – ma “con riserva”, senza rapporti intimi, mentre lei avrebbe badato al proprio mantenimento in maniera autonoma – un anno dopo, dietro insistenza di lui. Il matrimonio viene celebrato a San Francisco nel 1940.

Negli anni, la pittura di Frida Kahlo acquisisce una ricchezza e una profondità sempre nuove. E se per molti rappresenta un universo insondabile, per i contemporanei inizia ad assumere un valore importante, in maniera particolare dopo l’incontro con l’intellettuale surrealista per eccellenza – André Breton – giunto in Messico per incontrare Lev Trockij (che ivi ha ricevuto asilo politico, proprio grazie all’intercessione della coppia di artisti e di cui Frida diviene amante).

I riconoscimenti e le ultime fatiche

Breton apprezza fin da subito le tele della pittrice messicana definendola «surrealista» e suggerendole di tenere una mostra personale a Parigi. Tale mostra – realizzata grazie allintervento decisivo di Marcel Duchamp – non riscuote un particolare successo commerciale, ma colpisce profondamente artisti dal calibro di Pablo Picasso, Vasilij Kandinskij, Joan Miró e Yves Tanguy.

Eppure Frida non comprende come – in anni in cui si respira pesantemente la follia dei totalitarismi – in Europa ci sia spazio per un’arte non politicamente impegnata, di fatto superficiale.

Torna con piacere alla sua terra, da cui avverte il grido della gente, il lamento dei nativi, il bisogno di rappresentazione politica della realtà.

Il suo ultimo decennio di vita è attraversato dall’aggravarsi delle sue condizioni, tra operazioni continue – nel solo 1950 si opera 7 volte in 7 mesi – l’amputazione di una gamba, dolori insopportabili.

Eppure, contemporaneamente, il suo lavoro di pittrice riceve il giusto riconoscimento, non solo attraverso esposizioni internazionali ma anche con il più grande degli onori: la sua prima personale nel suo amato Messico. È il 1953 e Frida – ormai incapace di camminare – si presenta a sorpresa all’inaugurazione della mostra, trasportata con tutto il letto a baldacchino. L’effetto è, come suo solito, dirompente.

Scompare l’anno successivo, nel 1954, privando il Messico della sua più grande artista.

L’arte di Frida e il suo spiccato Femminismo

Se l’incontro con Rivera influenza in qualche modo l’arte di Frida, non bisogna dimenticare quanto lui tenga in gran conto l’opinione di lei. L’influenza, dunque, è ampiamente reciproca; così come lo stesso Diego ritiene Frida più capace di lui (come confiderà a un concorde Picasso).

Da lui, la moglie, assimila non soltanto le tematiche politiche e sociali, ma anche uno stile per molti versi naïf che la porta ad affondare le radici delle proprie suggestioni nell’arte popolare e nelle tradizioni precolombiane. Centrale, per lei, è affermare la propria identità messicana; anche ricorrendo a soggetti tratti dalle civiltà native. Per la medesima ragione – oltre al vivo desiderio di compiacere il gusto del marito – Frida si ispira nel vestirsi ai costumi delle donne di Tehuantepec, un comune di Oaxaca, società a stampo non propriamente patriarcale, che colpisce il suo immaginario.

Dove risiede la grandezza dell’arte di Frida, al di là della sua potente originalità?
Nella sua libertà. La libertà di rendere l’immagine racconto, superando le regole strettamente pittoriche; ma, soprattutto, la libertà di dipingere la donna e il suo corpo totalmente incurante dello sguardo esterno, libera dal giudizio dell’occhio maschile, solitamente taglio e misura della società.

Frida traspone all’interno dei suoi quadri il proprio dolore, esponendolo come espone gli organi interni delle Frida che dipinge. E, attraverso un uso violento, spesso, del colore, carica non solo di emotività ma anche di responsabilità civile e politica la raffigurazione della realtà.

Le opere più famose

Tra le sue opere più famose, sicuramente gli autoritratti.
Ma anche:

  • L’autobus (1929)
  • Frida e Diego (1931)
  • Ospedale Henry Ford (1932)
  • Autoritratto al confine tra Messico e Stati Uniti (1932)
  • Il mio vestito è appeso là (1933)
  • Qualche piccola punzecchiatura (1935)
  • Frida e l’aborto (1936)
  • La mia balia e io (1937)
  • Quattro abitanti del Messico (1938)
  • Chiedono aeroplani e gli danno ali di carta (1938)
  • Le due Frida (1939)
  • Diego nel mio pensiero (1943)
  • Ritratto di mio padre (1951)
  • Viva la vida (1954)
  • e molti, molti altri