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Maria Montessori, chi era e in cosa consiste il suo metodo

Paolo Marcacci

Paolo Marcacci

INSEGNANTE DI LETTERE, GIORNALISTA PUBBLICISTA, SPEAKER RADIOFONICO, OPINIONISTA TELEVISIVO

Ho trasformato in professione quelle che erano le mie passioni, sin dagli anni delle elementari. Dormivo con l'antologia sul comodino e le riviste sportive sotto il letto. L'una mi è servita per diventare una firma delle altre. Per questo, mi sembra di non aver lavorato un solo giorno in vita mia.

La nascita

Maria Montessori nasce a Chiaravalle, in provincia di Ancona, il 31 agosto del 1870, figlia di Alessandro Montessori e Renilde Stoppani. Venuta alla luce, dunque, venti giorni prima dell’episodio della Breccia di Porta Pia e dell’entrata dei garibaldini a Roma, che sarebbe stata di lì a quattro mesi proclamata nuova Capitale del Regno d’Italia.

L’influenza dello zio Antonio

Una figura fondamentale nella formazione della giovane fu senz’altro suo zio Antonio Stoppani, figura eminente nell’ambito culturale e in quello religioso nella città marchigiana. Era un abate e al tempo stesso uno scienziato; un precursore per quanto riguarda il tentativo di conciliare la ricerca scientifica con la fede religiosa. L’interesse per la conoscenza e l’amore per lo studio fu lui a instillarli nella nipote, la quale lo vide sempre come una guida spirituale, oltre che un maestro.

La formazione

La famiglia Montessori, per gli spostamenti dovuti alla professione del padre Alessandro, impiegato di concetto, si trovò a vivere alcuni anni a Firenze, quindi a Roma.
A Roma, Maria manifestò una spiccata attitudine verso le discipline umanistiche, in seguito cominciò a interessarsi anche a quelle scientifiche. In questo periodo approfondì anche la sua conoscenza della lingua francese e prese lezioni si pianoforte.
Sorprendentemente, la giovane Montessori optò per studi di tipo tecnico, diplomandosi con un voto altissimo e soprattutto evidenziando una spiccata dote per l’approfondimento culturale. Nonostante le resistenze paterne, perché il genitore l’avrebbe voluta “semplicemente” insegnante, attraverso un articolato percorso accademico riuscì a laurearsi in medicina, terza donna a ottenere un titolo del genere nell’Italia di fine Ottocento.

La scoperta di una vocazione

Maria Montessori subito dopo la laurea si dedicò alla conoscenza delle condizioni di salute dei bambini che facevano parte dei ceti più umili della popolazione italiana e per questo motivo frequentava i quartieri più popolari della Capitale, informandosi di ogni aspetto riguardante il livello della loro igiene e le malattie più presenti in quell’area cittadina. Da questo sopralluoghi e dalla conoscenza diretta di queste situazioni, nacque la sua decisione di specializzarsi in Neuropsichiatria infantile.
In principio gli studi di laboratorio la occupavano per quasi tutto il tempo, con lo scopo di studiare i batteri delle malattie più diffuse presso i bambini delle fasce di popolazione meno abbienti, in seguito iniziò a prevalere la vocazione pedagogica.

La Montessori e bambini “diversi”

Ai primi del Novecento, e per molti decenni a seguire, i bambini con problemi di deficit cognitivi o anche semplicemente con criticità caratteriali, venivano sbrigativamente bollati come “anormali”, “idioti”, “deficienti”. Proprio sull’osservazione di bambini con determinate problematiche si focalizzò all’inizio la curiosità pedagogica della Montessori, mentre avveniva contestualmente la sua virata culturale, perché alla preparazione scientifica lei abbinò la laurea in filosofia e soprattutto un sempre più attivo sperimentalismo nel campo educativo.

La casa dei bambini

Nel 1907 Maria apre la prima “Casa dei Bambini” a Roma, nel quartiere di San Lorenzo, per bambini di estrazione popolare, figli di proletari o in generale di ceti poco abbienti. Maria, in tale contesto, trasferisce con successo le esperienze fatte con i bambini disabili, suscitando clamore in ambito educativo. Nasce il “metodo Montessori”. Nel 1909 esce il libro Il metodo della pedagogia scientifica, che verrà poi tradotto in molte lingue. Grazie anche ai suoi viaggi in America e in Europa le sue idee e i suoi metodi prendono piede rapidamente anche all’estero. Ovunque si aprono delle “Case dei Bambini” e per Maria Montessori si apre una stagione di esperienze didattiche all’estero. Nascono l’Opera nazionale Montessori (1924) e l’Associazione Montessori Internazionale (1929). All’inizio dell’era fascista, Mussolini introduce il metodo nelle scuole italiane; negli ultimi anni della dittatura le scuole montessoriane vengono però chiuse, perché lo stesso accade nella Germania nazista: il metodo viene giudicato agli antipodi rispetto all’autoritarismo preteso anche in ambito scolastico dalle dittature.

Le basi del Metodo Montessori

Il metodo Montessori si riferisce all’educazione del bambino dalla nascita all’età matura. L’insegnante deve essere figura di riferimento in modo diverso rispetto a quello tradizionale: una sorta di intermediario che stimola la voglia di fare, che è connaturata nel bambino; deve quindi affidarsi all’osservazione, scegliere il materiale adatto, supervisionare ma utilizzare anche e spesso il silenzio, affinché il bambino estrinsechi doti e inventiva nell’elaborazione della realtà.

Le fasce d’età del Metodo

Nella sua analisi Maria Montessori prevede quattro periodi dello sviluppo. Il primo (2-6 anni) ha il focus sulla sperimentazione dei sensi e l’abitudine progressiva alla vita pratica e all’interazione con gli altri, in un ambiente rasserenante. Tra i temi: motricità, tempo, lavori di casa, conoscenza della natura, progressi nell’autonomia, scelta del silenzio, linguaggio, numeri, spazio, rumori e suoni, colori, scrittura, autodeterminazione. Nel secondo periodo (7-12 anni) avviene il passaggio dal piano dei sensi a quello dei concetti. L’educatore rimane un intermediario; il bambino al tempo stesso deve sempre avvertire la sicurezza che conferisce la presenza di una guida adulta. Tra i vari argomenti e concetti: studi sull’acqua, la chimica, l’educazione astronomica, storia, le religioni, l’arte, la musica e lo scoutismo o l’associazionismo in generale.

– L’adolescenza (12 – 18 anni) è il periodo in cui il bambino diventa uomo, cioè un membro della società. L’associarsi porta forze nuove; stimola le energie. La natura umana ha bisogno della vita sociale, tanto per il pensiero che per l’azione -: attraverso capisaldi concettuali come questi lei esige una riforma delle scuole secondarie e favorisce l’educazione in comunità, in campagna, sull’esempio di quelle da lei sperimentate in Gran Bretagna e altrove. Sono concetti fondanti sia l’autonomia del ragazzo che la sua difesa, le cure fisiche, l’alimentazione corretta, l’educazione civica e alla moralità, la personalità da consolidare attraverso il modo di esprimersi.
Per il quarto periodo, quello di una “matura giovinezza”, la Montessori sottolinea il bisogno di incoraggiare il giovane adulto all’autonomia, a cooperare in vari ambiti e perseguire una progressiva autonomia anche economica già lungo la durata degli studi universitari.

Limiti del metodo e critiche

Il carisma della Montessori e la sua spiccata personalità, soprattutto in rapporto all’epoca, hanno costituito al tempo stesso l’origine dell’affermazione delle sue metodologie e il limite per la sua messa in pratica, a volte: non è certo facile avere a disposizione, ancora oggi, insegnanti che abbiano la stessa passione e la incessante dedizione della fondatrice. Le sue esigenze di concessione della libertà che devono coesistere con le regole e la disciplina nel lavoro con i bambini sono state spesso fraintese e male attuate, così come i suoi critici hanno spesso travisato i suoi principi.