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La metafisica di Aristotele: riassunto e spiegazione

Andrea Bosio

Andrea Bosio

INSEGNANTE DI FILOSOFIA E STORIA

Nato a Genova, è cresciuto a Savona. Si è laureato in Scienze storiche presso l’Università di Genova, occupandosi di storia della comunicazione scientifica e di storia della Chiesa. È dottorando presso la Facoltà valdese di teologia. Per Effatà editrice, ha pubblicato il volume Giovani Minzoni terra incognita.

La metafisica di Aristotele rappresenta una delle riflessioni più influenti e profonde sulla natura della realtà e dell’essere. Questa disciplina, che si pone al di là della fisica, cerca di indagare i principi fondamentali dell’esistenza, le cause prime e la struttura ontologica degli enti. Aristotele, attraverso la sua opera “Metafisica,” esplora ciò che esiste in senso assoluto, cercando di rispondere alle domande fondamentali sull’essenza, sulla sostanza e sul significato ultimo dell’essere. Con la sua ricerca, Aristotele getta le basi per la metafisica come campo di indagine autonoma, introducendo concetti che saranno alla base della filosofia occidentale per secoli.

La ricerca dell’essere in quanto essere

Per Aristotele, la metafisica è definita come la scienza dell’essere in quanto essere. Mentre le altre discipline studiano aspetti specifici dell’essere (come la fisica, che si occupa del movimento e della materia, o la matematica, che si concentra sulle quantità e le forme), la metafisica cerca di comprendere l’essere nella sua totalità. Aristotele afferma che esiste un principio unico e fondamentale che governa tutti gli enti, e la metafisica è la disciplina che si occupa di identificare e studiare questo principio.

L’essere, per Aristotele, non è un concetto univoco: può essere inteso in molti modi diversi. Tuttavia, esiste un significato primario dell’essere che funge da fondamento per tutti gli altri significati. Aristotele distingue l’essere in categorie come la sostanza, la qualità, la quantità, la relazione e altre ancora, ma ritiene che la sostanza sia il significato fondamentale dell’essere. La metafisica, quindi, diventa la scienza che studia la sostanza e le sue proprietà, cercando di comprendere ciò che rende possibile l’esistenza e la permanenza degli enti.

Attraverso la metafisica, Aristotele intende esplorare la natura ultima della realtà e identificare i principi che permettono agli enti di essere ciò che sono. La ricerca dell’essere in quanto essere è quindi un tentativo di comprendere le fondamenta dell’esistenza, al di là delle apparenze e delle caratteristiche accidentali. Questa indagine porta Aristotele a formulare una serie di teorie che riguardano la sostanza, la causa, la potenza e l’atto, tutti elementi che costituiscono l’ossatura della sua visione metafisica.

La teoria della sostanza

Uno dei concetti centrali nella metafisica di Aristotele è quello di sostanza (in greco, ousia). Per Aristotele, la sostanza è il fondamento dell’essere, ciò che esiste in modo indipendente e che non necessita di altro per esistere. La sostanza è ciò che rende un ente un’unità coerente e stabile, distinguendolo dalle sue qualità accidentali. Ad esempio, un uomo è una sostanza, mentre le sue caratteristiche come il colore dei capelli o la sua altezza sono accidenti che non ne alterano l’essenza.

Aristotele distingue tra sostanza prima e sostanza seconda. La sostanza prima è l’ente concreto e particolare, come un uomo o un cavallo, mentre la sostanza seconda è l’essenza universale che caratterizza tutti gli enti di una stessa specie, come l’umanità o la cavallinità. La sostanza è quindi sia l’elemento particolare che identifica un ente specifico, sia l’essenza generale che accomuna tutti gli enti simili.

La sostanza è anche il principio che permette di spiegare il cambiamento e la permanenza degli enti. Mentre le qualità accidentali possono mutare, la sostanza di un ente rimane stabile e garantisce la sua identità nel tempo. Questo concetto di sostanza è alla base della metafisica aristotelica e rappresenta il principio ontologico fondamentale della realtà. Per Aristotele, comprendere la sostanza significa comprendere l’essenza e il significato ultimo degli enti, poiché essa rappresenta il nucleo dell’essere.

Le quattro cause

Un’altra teoria fondamentale della metafisica di Aristotele è quella delle quattro cause, che rappresentano i principi esplicativi attraverso cui è possibile comprendere l’esistenza e la natura degli oggetti. Aristotele introduce le quattro cause per rispondere alla domanda su perché una cosa esiste e qual è il processo che porta un ente a essere ciò che è. Le quattro cause sono:

  • Causa materiale – Si riferisce alla materia di cui è fatto un oggetto, come il marmo di una statua.
  • Causa formale – Indica la forma o l’essenza dell’oggetto, cioè la struttura che lo definisce.
  • Causa efficiente – È l’agente che dà origine all’oggetto, come lo scultore per la statua.
  • Causa finale – Rappresenta lo scopo o il fine ultimo per cui l’oggetto esiste.

Queste quattro cause offrono una spiegazione completa degli enti, considerando sia la loro composizione materiale sia il fine a cui tendono. La causa finale è particolarmente importante nella visione teleologica di Aristotele, poiché ogni ente naturale ha un fine intrinseco che guida il suo sviluppo. Questa concezione finalistica è alla base della visione aristotelica della realtà come un sistema ordinato e finalizzato, in cui ogni cosa esiste per un motivo preciso.

Atto e potenza nella metafisica aristotelica

Nella sua metafisica, Aristotele introduce anche i concetti di atto e potenza per spiegare il cambiamento e la realizzazione delle potenzialità degli enti. La potenza è la possibilità di diventare qualcos’altro, mentre l’atto è la realizzazione di quella possibilità. Ad esempio, un seme è in potenza una pianta, ma diventa una pianta in atto quando cresce e si sviluppa.

Per Aristotele, ogni ente possiede delle potenzialità intrinseche che possono essere realizzate attraverso il processo di cambiamento. Il cambiamento è visto come il passaggio dalla potenza all’atto, un processo naturale che permette agli enti di evolversi e di raggiungere la loro forma definitiva. Questa teoria dell’atto e della potenza è essenziale per comprendere la concezione aristotelica del movimento e della trasformazione.

Inoltre, Aristotele ritiene che l’atto sia superiore alla potenza, poiché rappresenta la realizzazione piena dell’essere. La potenza è solo una possibilità, mentre l’atto è la realtà concreta. Questa distinzione tra atto e potenza è alla base della metafisica aristotelica e permette di spiegare non solo il cambiamento, ma anche la gerarchia degli esseri, in cui gli enti superiori, come il primo motore immobile, sono in atto puro, senza potenzialità inespresse.

Il primo motore immobile

Uno dei concetti più complessi e affascinanti della metafisica aristotelica è quello del primo motore immobile, un principio eterno e immutabile che funge da causa ultima di tutto il movimento nell’universo. Aristotele arriva alla nozione di primo motore immobile attraverso la sua riflessione sul movimento e sulla causalità. Egli sostiene che il movimento non può essere causato all’infinito da un ente su un altro, e che deve esserci un principio primo che dia origine a tutto il movimento senza essere mosso a sua volta.

Il primo motore immobile è quindi un essere perfetto e assoluto, che esiste necessariamente e che non ha in sé alcuna potenzialità inattuata. Esso è puro atto, privo di materia e di potenza, ed è quindi immutabile e eterno. Aristotele identifica il primo motore immobile con la causa finale di tutto l’universo, poiché tutti gli enti tendono verso di esso come verso un fine ultimo. Questo principio funge da attrattore per tutti gli altri esseri, che cercano di realizzare le proprie potenzialità per avvicinarsi alla perfezione del primo motore.

La nozione di primo motore immobile ha implicazioni teologiche, poiché Aristotele descrive questo principio come una sorta di divinità filosofica, un essere assolutamente perfetto che governa l’universo attraverso il suo puro atto di esistere. Questa concezione influenzerà profondamente la filosofia medievale e sarà alla base della teologia scolastica.

La metafisica come scienza delle cause prime

Per Aristotele, la metafisica è la scienza delle cause prime e dei principi fondamentali. Essa non si limita a studiare il mondo sensibile, ma cerca di comprendere le cause ultime di tutto ciò che esiste. La metafisica è quindi una scienza superiore, che si colloca al di sopra delle altre discipline e che ha come oggetto di indagine l’essere in quanto essere. Attraverso la metafisica, Aristotele cerca di rispondere alle domande fondamentali sull’essenza, sulla sostanza e sulla finalità dell’esistenza.

Questa scienza delle cause prime rappresenta il culmine della ricerca filosofica, poiché permette di comprendere la realtà in modo completo e profondo. La metafisica di Aristotele non è solo un’indagine intellettuale, ma è anche un percorso di conoscenza che porta l’uomo a scoprire i principi universali che regolano il mondo. La ricerca delle cause prime e del primo motore immobile diventa così un cammino verso la comprensione della struttura ultima dell’essere, una scoperta del significato profondo della realtà.