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Dino Buzzati: vita, opere e stile

Surreale, visionario, ma anche riflessivo e profondo, lo scrittore bellunese ha fornito un contributo fondamentale alla letteratura italiana novecentesca

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Scrittore, giornalista, pittore, drammaturgo, librettista, scenografo, costumista e poeta, celebre per essere l’autore del famosissimo romanzo “Il deserto dei Tartari”, Dino Buzzati ha fornito un contributo di rilievo alla letteratura italiana del ‘900. Autore di romanzi e racconti, caratterizzati da uno stile surreale e realistico-magico, è considerato uno dei maggiori autori fantastici della sua epoca, al punto da meritarsi la definizione di “Kafka italiano” per via delle atmosfere surreali e fantastiche che permeano i suoi scritti. Un paragone che però Buzzatti rigetterà sempre.

Kafka è Kafka, io sono io. Piantiamola con questa storia”.

Vita e opere

Dino Buzzati nasce a San Pellegrino di Belluno nel 1906 in una famiglia benestante, il padre, Giulio Cesare, è un famoso giurista e la madre è la figlia di un celebre medico e di una nobildonna. Terzo di quattro fratelli, trascorre la sua infanzia a Milano, dove il padre è docente universitario. Fin da subito mostra uno spiccato interesse verso l’arte e la musica e impara già da adolescente a suonare il pianoforte ed il violino.

Giulio Cesare muore improvvisamente quando Dino ha appena 14 anni, ma la perdita del genitore non ne pregiudica gli studi, si diploma al Liceo Classico Giuseppe Parini a Milano e si laurea in giurisprudenza. Concluso il percorso di studi inizia a praticare la carriera giornalistica, senza però abbandonare le sue passioni per la letteratura e l’arte. Entrato come praticante al Corriere della Sera nel 1928, vi resterà per molti anni, diventandone anche redattore ed inviato, scrivendo di attualità, ma anche della Seconda Guerra Mondiale, come nel caso della sua “Cronaca di ore memorabili”, nel 1945 riguardante la Liberazione.

Contemporaneamente, però, Buzzati si dedica al suo sogno di pubblicare un romanzo e ci riesce nel 1933, con “Bàrnabo delle montagne”, cui seguono a pochi anni di distanza prima “Il segreto del Bosco Vecchio” e poi “Il deserto dei Tartari”, inizialmente intitolato “La fortezza”, che otterrà una grande successo in Italia e in Francia e che resterà la sua opera più celebre. In seguito pubblica una serie di raccolte dei suoi racconti più riusciti e rappresentativi, tra le quali “I sette messaggeri”, “Paura alla Scala” e “Il crollo della Baliverna del 1954”.

Nel 1950 diventa vicedirettore della “Domenica del Corriere”, ruolo che rivestirà fino al 1963, dando avvio contemporaneamente alla sua carriera artistica, che troverà la massima espressione in “Piazza del Duomo a Milano”, il suo quadro più famoso, anche se non mancheranno riconoscimenti per le opere che incessantemente continuerà a dipingere per tutta la vita.

Al 1958 risale invece la pubblicazione dei “Sessanta racconti”, con i quali vince il Premio Strega, mentre è del 1960 “Il grande ritratto”, il suo unico romanzo sperimentale, centrato sul tema della femminilità, che trova un grande riscontro da parte dei lettori.

Nel 1966, a sessant’anni suonati, compie il “grande passo”, sposando Almerina Antoniazzi, ma della sua vita privata non si conosce granché. Dall’anno successivo torna alle origini, accettando di diventare critico d’arte per il Corriere della Sera.

Il “Poema a fumetti” del 1969, identificato come la prima graphic novel italiana e che gli vale il prestigioso Premio Amelia, “Le notti difficili” del 1970 e “I miracoli di Val Morel” del 1971, sono le ultime opere edite prima della scomparsa dell’autore, avvenuta per malattia nel 1972 a Milano.

Lo stile

L’intera opera di Buzzati è da ricondurre al genere fantastico, ma mostra tratti molto vicini al surrealismo, ed elementi che la accomunano all’horror e alla fantascienza. Semplice, ma al contempo accattivante, lo stile narrativo riesce a coinvolgere completamente il lettore, portandolo a riflettere su sentimenti tipici dell’animo umano, talvolta celati consapevolmente da ciascuno di noi, quali l’angoscia, la paura della morte, l’interesse verso la magia ed il mistero.

Il protagonista però sempre presente nelle sue opere è il destino, alla cui mutevolezza soggiacciono i personaggi dei suoi romanzi, e che recita costantemente il ruolo di entità onnipotente ed imperscrutabile che sa anche rivelarsi beffarda.

Altro tema che seppur allegorizzato risulta costantemente adottato dall’autore, è quello del tempo che scorre inesorabile verso la morte, la signora di nero vestita, il ponte tra il mondo fisico e quello metafisico, il misterioso portale che ogni uomo dovrà varcare nel giorno della sua personale apocalisse, intesa come “rivelazione”.

Il surreale diventa allora nient’altro che il cumulo delle paure, delle angosce e delle inquietudini dell’uomo, stati d’animo che con Buzzati diventano racconto letterario.