Guido Guinizelli: Io voglio del ver la mia donna laudare
In questi due sonetti il poeta stilnovista descrive le emozioni provate alla vista della propria amata
Io voglio del ver la mia donna laudare
Io voglio del ver la mia donna laudare
ed asemblarli la rosa e lo giglio:
più che stella diana splende e pare,
e ciò ch’è lassù bello a lei somiglio.
Verde river’ a lei rasembro e l’âre
tutti color di fior’, giano e vermiglio,
oro ed azzurro e ricche gioi per dare:
medesmo Amor per lei rafina meglio.
Passa per via adorna, e sì gentile
ch’abassa orgoglio a cui dona salute,
e fa ‘l de nostra fé se non la crede;
e no-lle pò apressare om che sia vile;
ancor ve dirò c’ha maggior virtute:
null’om pò mal pensar fin che la vede.
Parafrasi e spiegazione
Io voglio lodare la mia donna con parole veritiere
e paragonarla alla rosa e al giglio:
ella risplende e pare più di quanto risplenda la stella di Venere,
e paragono a lei tutto ciò che splende in cielo.
A lei paragono una verde campagna e l’aria
e tutti i colori dei fiori, giallo e rosso,
oro e azzurro dei lapislazzuli e ricchi gioielli degni di essere regalati:
attraverso lei lo stesso Amore si fa prezioso.
Passa per la via ornata, ed è così angelica
che abbassa l’orgoglio a chiunque doni il suo saluto,
e converte coloro che non credono;
e nessun uomo che sia ignobile le si può avvicinare;
vi dirò che ha un potere miracoloso:
nessun uomo può avere pensieri malvagi finché la vede.
In questo sonetto Guido Guinizelli dedica alla propria amata lodi sperticate e intense parole d’amore. Si tratta di una donna di straordinaria bellezza, così ricca di qualità morali da non suscitare altro che gioia e bontà negli occhi e nel cuore di chi l’ammira. È vista come ispiratrice e purificatrice dell’amore stesso, al punto che la sua apparizione genera effetti pressoché miracolosi: sarebbe infatti in grado di convertire gli infedeli e di scacciare malesseri e cattivi pensieri. In altre parole, si compie il processo di sublimazione della donna – da creatura terrena a celeste – tipica della poetica stilnovistica.
Lo vostro bel saluto e ‘l gentil sguardo
Lo vostro bel saluto e ‘l gentil sguardo
che fate quando v’encontro, m’ancide:
Amor m’assale e già non ha reguardo
s’elli face peccato over merzede,
ché per mezzo lo cor me lanciò un dardo
che d oltre ‘n parte lo taglia e divide;
parlar non posso, ché ‘n pene io ardo
sì come quelli che sua morte vede.
Per li occhi passa come fa lo trono,
che fer’ per la finestra de la torre
e ciò che dentro trova spezza e fende;
remagno como statüa d’ottono,
ove vita né spirto non ricorre,
se non che la figura d’omo rende.
Parafrasi e spiegazione
Il vostro saluto aggraziato e lo sguardo distinto
che mi rivolgete quando mi imbatto in voi, mi uccidono
l’Amore si avventa su di me e non si angustia per niente
se egli mi arreca danno o appagamento,
perché mi scagliò una freccia in mezzo al cuore
che lo fende e lo divide da parte a parte;
non posso più esprimermi, perché brucio nei supplizi
così come colui che vede sopraggiungere la sua morte.
Esso procede per mezzo degli occhi come fa il tuono
che percuote vigorosamente attraverso la finestra della torre
e ciò in cui incappa all’interno lo annienta;
resto immobile come una statua d’ottone,
nella quale non sussiste né la vita né un’anima,
a meno che non raffiguri l’aspetto di un uomo.
Il sonetto descrive le emozioni del poeta al passaggio e al saluto della propria amata, durante il quale è assalito da un sentimento così profondo da perdere ogni ragione. Il tema principale è lo sgomento provato, anziché il gioioso stupore come nei componimenti precedenti, efficacemente spiegato attraverso similitudini come il fulmine che entra dentro alla finestra di una torre e la mancanza di vita della statua d’ottone: qui, l’amore si trasforma quasi in qualcosa di minaccioso e pericoloso. Inoltre, vi è anche quello dell’Afasia, cioè la consapevolezza dell’inadeguatezza degli strumenti che Guinizelli ha a disposizione per descrivere la propria amata, al punto da soffrirne, e quello del saluto, con riferimenti a Eros, il dio dell’amore.