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“Alla sera” di Ugo Foscolo, sintesi e spiegazione della poesia

La fine del giorno e quella dell’esistenza coincidono in un componimento dalle forti tonalità romantiche, che esorcizza la morte e il timore di essa

Silvia Pino

Silvia Pino

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Ho iniziato con le lingue straniere, ho continuato con la traduzione e poi con l’editoria. Sono stata catturata dalla critica del testo perché stregata dalle parole, dalla comunicazione per pura casualità. Leggo, indago e amo i giochi di parole. Poiché non era abbastanza ho iniziato a scrivere e non mi sono più fermata.

“Alla sera” è una delle più note poesie di Ugo Foscolo, pubblicata nell’aprile del 1803. Il componimento è parte dell’edizione definitiva delle Poesie, inserito dall’autore nella posizione di testa. Foscolo decide di collocare “Alla sera” come primo sonetto della raccolta quale premessa a un momento di turbamento umano e politico che il poeta attraversa in quel periodo.

Foscolo parla di come la sera, momento della giornata silenzioso e immobile, offra un’immagine momentanea dello sparire di ogni forma di vita. Il momento del crepuscolo in questa poesia non è avvertito dall’autore come una sfida drammatica a cui lo sottopone il destino, ma come un dolce perdersi della vita stessa.

Questa poesia riprende tematiche già affrontate nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis, in cui l’autore, rispecchiandosi in una figura eroica, sventurata e tormentata, si sente in conflitto con il proprio tempo e vive l’esilio come una condizione politica ed esistenziale insieme. Ma sono diverse anche le reminiscenze di altri poeti associate ai temi fondamentali della poetica foscoliana, quali la terra come madre, il valore eternatrice della poesia e il parallelo con il mito antico.

Testo e parafrasi

Forse perché della fatal quiete

Tu sei l’immago a me sì cara, vieni,

O Sera! E quando ti corteggian liete

Le nubi estive e i zeffiri sereni,

E quando dal nevoso aere inquiete

Tenebre, e lunghe, all’universo meni,

Sempre scendi invocata, e le secrete

Vie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme

Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge

Questo reo tempo, e van con lui le torme

Delle cure, onde meco egli si strugge;

E mentre io guardo la tua pace, dorme

Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.

“O Sera, mi sei così cara quando arrivi forse perché sei l’immagine della morte! Sia quando le nuvole estive e i venti del bel tempo ti circondano allegramente, e quando dal nevoso aere inquiete tenebre e lunghe all’universo meni sempre scendi invocata, e le secrete vie del mio cor soavemente tieni. Mi fai vagare con i pensieri sulle orme che conducono alla morte; e intanto passa velocemente questo tempo malvagio, e con lui se ne vanno le schiere degli affanni con cui insieme a me egli si consuma. E mentre io guardo la tua pace, si placa quello spirito guerriero che si agita dentro di me”.

Sintesi e spiegazione

“Alla sera”, come intuibile già dal suo titolo, parla del momento in cui la giornata finisce. L’arrivo della sera è caro al poeta, sia in primavera, quando il cielo è sereno, che in inverno, quando si rabbuia minacciando una tempesta di neve. La sera, simile alla morte, riesce a trasmettere un senso di pace interiore, ponendo fine alle preoccupazioni che assillano l’uomo durante il giorno e invitando a riflettere sul nulla eterno. Intanto il tempo trascorre velocemente e le difficoltà della vita passano, così come l’arrivo della sera riesce e dare riposo allo spirito battagliero del poeta.

Il tema principale della poesia è, dunque, la morte, che Foscolo non nomina mai direttamente, ma cui allude per mezzo di due espressioni:

  • “Fatal quiete”, in quanto momento di riposo voluto dal fato, dal destino comune a tutti i viventi;
  • “Nulla eterno”, in quanto il poeta crede che la morte cancelli ogni cosa;

Secondo Foscolo, infatti, non vi è nulla dopo la morte e così come la sera porta con sé le preoccupazioni di tutti i giorni, anche la morte trascina via ogni cosa, corpo, anima e tormenti, per sempre.

Scegliendo la sera quale momento della giornata che spinge il poeta a riflettere sulla morte e sulla relatività delle tribolazioni umane e a percepire un senso di distanza dal presente infelice in cui si trova a vivere, Foscolo introduce una tematica esistenziale, in cui emerge la concezione laica e materialistica del poeta. In lui non alberga alcun sentimento religioso, lo evidenzia definendo la morte “fatal quiete” e “nulla eterno” intese come estinzione definitiva della vita. L’analogia tra “sera” e “morte” non assume però un significato angoscioso, ma al contrario positivo e rasserenante. La fine del giorno come quella della vita non spaventa, ma porta alla pacificazione delle tensioni interne.

Il periodo in cui Foscolo compone l’opera è un momento di gravosi impegni militari e di disillusioni amorose, che il poeta vive con grande turbamento, angoscia e amarezza. Il “reo tempo” dell’undicesimo verso altro non è allora che una metafora che può essere estesa tanto alla vita personale, quanto al contesto storico-politico e all’intera condizione umana. Il solo desiderio di Foscolo è quello di trovare un attimo di pace per poter riflettere e scrivere. E in quale miglior momento della sera fermare il flusso dei pensieri e cercare di afferrare il mistero dell’esistenza.

L’ambientazione notturna di questo componimento può considerarsi anticipatrice di quelle che saranno poi le atmosfere tipiche di alcuni componimenti di Leopardi, in cui spesso la notte diventa momento di meditazione, “quieta e angosciosa” allo stesso tempo, come in Canto notturno di un pastore errante dell’Asia).

Infine, ripartendo dall’inizio, la sospensione meditativa che anima il componimento è evidente fin dalla sua apertura con l’avverbio “Forse” al primo verso, come a testimoniare un dialogo che il poeta porta avanti abitudinariamente con la sera, se non addirittura la fase avanzata di un discorso già avviato con essa. Foscolo si ritrova a confidarsi con la sera, tentando di dare una parvenza di razionalità alla morte e alla fine di tutto e giungendo a rendersi conto che nella vita tutto è effimero e destinato a terminare, e questo pensiero placa il suo spirito guerriero, le sue preoccupazioni, il suo tormentarsi nel continuo tentativo di mettere in salvo ciò che l’uomo crea rispetto all’eternità. Se tutto è destinato a terminare in qualche modo, non soltanto le cose materiali, ma anche i sogni e i dolori dell’uomo, inghiottiti dall’oblio, allora diventa possibile lasciare spazio a un cielo stellato e limpido che accoglie l’uomo nel non essere, la morte, un rifugio, il posto da cui si nasce e in cui si torna.