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Chi era Agamennone e il suo ruolo nella guerra di Troia

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

Agamennone è una figura centrale nella mitologia greca, simbolo di potere, ambizione e tragica fatalità. Figlio di Atreo e re di Micene, Agamennone è ricordato come il comandante supremo dell’esercito acheo nella guerra di Troia. Il suo carattere complesso, segnato dall’orgoglio e dalla determinazione, lo rende una delle personalità più controverse del mondo epico greco.

La sua storia è intrecciata con eventi di sangue, vendetta e inganno, culminando in un tragico ritorno a casa che ne definisce la leggenda. La figura di Agamennone incarna sia la forza che le debolezze del comando, ponendo interrogativi sull’equilibrio tra dovere e giustizia.

Chi era Agamennone nella mitologia greca

Agamennone era figlio di Atreo, re di Micene, e di Aeropa, discendente di una delle famiglie più importanti e problematiche dell’antichità. La famiglia degli Atridi, infatti, è segnata da una serie di maledizioni e vendette che caratterizzano il destino dei suoi membri, sottolineando i temi della fatalità e del crimine ereditario. La mitologia ci racconta che Agamennone e suo fratello Menelao dovettero fuggire da Micene quando il loro zio Tieste uccise Atreo e prese il potere. Dopo un periodo di esilio, i due fratelli riuscirono a riconquistare il regno e Agamennone divenne re di Micene, mentre Menelao prese il trono di Sparta.

Agamennone è descritto come un re forte e determinato, dotato di grande intelligenza e abilità strategiche, ma anche di un temperamento orgoglioso e spesso spietato. La sua ambizione è uno dei tratti distintivi del suo carattere, insieme alla sua ostinazione nel perseguire i propri obiettivi a qualsiasi costo. Tuttavia, queste qualità fanno di lui un personaggio complesso e tragico, il cui destino è segnato sia da atti eroici che da decisioni discutibili. Agamennone è anche un padre e marito, ma le sue relazioni familiari sono spesso condizionate dalla sua sete di potere e dalla necessità di preservare il proprio dominio.

Agamennone nella guerra di Troia

Agamennone gioca un ruolo fondamentale nella guerra di Troia: è lui a prendere l’iniziativa di radunare l’esercito acheo per vendicare l’oltraggio subito dal fratello Menelao, quando Paride, principe di Troia, rapisce sua moglie Elena. Questo gesto, oltre a costituire un’offesa personale, viene considerato un attacco al prestigio dei re achei e richiede una risposta militare. Così, Agamennone raduna i sovrani delle varie città greche e guida l’esercito acheo verso Troia, stabilendosi come capo supremo.

Tuttavia, la sua ira e il suo orgoglio creano tensioni all’interno dell’esercito. La disputa più celebre è quella con Achille, il più forte dei guerrieri achei, che si scontra con Agamennone per una questione di onore e prestigio. Quando Agamennone si appropria della schiava Briseide, appartenente ad Achille, quest’ultimo si sente umiliato e abbandona il campo di battaglia, lasciando l’esercito senza la sua principale forza combattente. Questo episodio mette in luce l’indole irremovibile di Agamennone, disposto a mettere a rischio l’intera spedizione pur di mantenere il controllo e l’autorità.

L’ira di Agamennone, che sfocia spesso in decisioni controverse, è in parte motivata dal suo desiderio di mantenere il rispetto e la fedeltà dei suoi uomini, ma anche da una profonda paura di perdere la propria supremazia. Durante la guerra, Agamennone dimostra di essere un leader determinato e risoluto, ma anche incapace di mediare e comprendere le esigenze dei suoi alleati. La sua rabbia e il suo orgoglio, dunque, rappresentano sia il suo punto di forza che la sua debolezza, elementi che contribuiranno in parte alla sua rovina.

Il ritorno a Micene e la morte di Agamennone

Dopo dieci anni di guerra e la caduta di Troia, Agamennone torna a Micene carico di bottini e con Cassandra, principessa troiana, come schiava e amante. Tuttavia, il suo ritorno non è accolto come un trionfo. La moglie Clitennestra, rimasta a Micene durante la sua lunga assenza, ha sviluppato un rancore profondo verso di lui. Il risentimento di Clitennestra è alimentato da diversi fattori: Agamennone, infatti, ha sacrificato la loro figlia Ifigenia per ottenere venti favorevoli per la spedizione a Troia, un atto che la regina non ha mai perdonato. Inoltre, la relazione di Agamennone con Cassandra rappresenta un’ulteriore offesa alla dignità della moglie.

Durante l’assenza di Agamennone, Clitennestra ha intrecciato una relazione con Egisto, cugino di Agamennone, che nutre a sua volta un desiderio di vendetta per le atrocità compiute dalla famiglia degli Atridi. Insieme, Clitennestra ed Egisto tramano l’omicidio di Agamennone. Quando il re rientra a Micene, viene accolto con finti onori, ma cade vittima di un inganno mortale. Clitennestra, con l’aiuto di Egisto, lo uccide brutalmente, compiendo un atto di vendetta per i torti subiti.

La morte di Agamennone è una delle scene più celebri e drammatiche della mitologia greca, raccontata con toni di tragedia e simbolismo nelle opere di Eschilo e altri poeti. Questo evento rappresenta la culminazione della maledizione che incombe sulla casa degli Atridi e sottolinea il tema della vendetta e della punizione divina. Agamennone, che aveva conquistato gloria e potere, paga infine il prezzo delle sue azioni, rivelando il lato oscuro della grandezza.

Agamennone rimane una figura tragica e affascinante, esempio della complessità dell’animo umano e delle conseguenze del potere e della vendetta. La sua storia è un racconto epico di forza e caduta, in cui onore e tradimento si intrecciano in un destino implacabile.