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Benito Mussolini: biografia e attività politica

Dalla Marcia su Roma e il primo governo all'Alleanza con la Germania fino alla caduta e la Repubblica Sociale Italiana: tutto sul politico e giornalista italiano

Paolo Marcacci

Paolo Marcacci

INSEGNANTE DI LETTERE, GIORNALISTA PUBBLICISTA, SPEAKER RADIOFONICO, OPINIONISTA TELEVISIVO

Ho trasformato in professione quelle che erano le mie passioni, sin dagli anni delle elementari. Dormivo con l'antologia sul comodino e le riviste sportive sotto il letto. L'una mi è servita per diventare una firma delle altre. Per questo, mi sembra di non aver lavorato un solo giorno in vita mia.

I Natali

Nato da Alessandro, fabbro ferraio e Rosa Maltoni, maestra elementare, il 29 luglio 1883 viene alla luce Benito Mussolini a Dovia di Predappio (Forlì).

Gli studi

La formazione scolastica avviene nel collegio dei Salesiani di Faenza (1892-’93), poi presso il collegio “Carducci” di Forlimpopoli ottenendo il diploma di maestro elementare.

I primi fermenti politici

Sulla spinta delle passioni politiche paterne, dato che il genitore è vicino ai principi dell’Internazionale Socialista, si avvicina al PSI.
Sulla scia dell’esempio materno, diviene maestro elementare e inizia ad insegnare, in diverse località, più o meno distanti dal centro d’origine.
È il periodo in cui Mussolini abbina i primi fermenti politici all’attività scolastica, iniziando peraltro a dedicarsi anche a quella giornalistica. Per evitare il servizio militare, emigra in Svizzera e per quasi due anni vive a Losanna, Berna, Ginevra e anche in Francia, guadagnandosi da vivere con lavori saltuari come manovale, muratore, garzone e commesso. Nel paese elvetico viene a contatto con esponenti rivoluzionari di rilievo, tra i quali Angelica Balabanoff, che lo introduce allo studio scientifico del marxismo. Nel 1904 si iscrive alla facoltà di scienze sociali di Losanna. Additato come esponente del pensiero anarchico, viene in più occasioni tratto in arresto e due volte espulso.
Nel mese di novembre del 1904 rientra in Italia, in seguito a un’amnistia che include il reato di diserzione per il quale era stato condannato dal Tribunale militare di Bologna. Prestato il servizio militare “riparatore”, nel novembre 1906 torna all’insegnamento, ma in questa fase diviene preponderante l’attivo amo politico.

Mussolini dirigente sindacale

A Trento nel 1909 ricopre la carica di segretario della Camera del Lavoro e dirige il quotidiano “L’avventura del lavoratore”, scontrandosi ben presto con gli ambienti borghesi ed ecclesiastici.

Il matrimoni

Quando fa ritorno in quel di Forlì, Mussolini sposa Rachele Guidi, che è la figlia della nuova compagna del padre; la cerimonia avviene con rito civile nel 1915 e verrà rinnovata dal rito religioso nel 1925. Dal matrimonio nasceranno cinque figli: Edda nel 1910, Vittorio nel 1925, Bruno nel 1918, Romano nel 1927 e Anna Maria nel 1929.

La crescita politica

Tornando all’attività col Partito Socialista, tra il 1910 e il 1912 è molto attivo all’interno della federazione provinciale di Forlì, promuovendo l’autonomia della stessa e continuando l’attività politica. Nello
stesso periodo viene condannato per incitamento alla violenza durante uno sciopero generale di protesta contro la Guerra di Libia. Uscito dal carcere dopo cinque mesi, partecipa al XIII congresso del PSI, a Reggio Emilia, 7-10 luglio 1912: con un discorso che evidenzia le sue doti oratorie e il suo crescente carisma, invoca l’espulsione di alcuni riformisti dell’ala moderata del partito, come Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi, e rilancia la sua concezione rivoluzionaria del socialismo. Il suo successo personale è decisivo per la vittoria della parte oltranzista, che conquista la guida del partito. Assume poi la direzione del quotidiano socialista “Avanti!” alla fine del 1912, divenendo uno dei principali agitatori e fomentatori delle inquietudini alle quali è in preda buona parte della società italiana.

La Grande Guerra e la svolta interventista

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1914, Mussolini si dichiara, come il Partito Socialista, a favore di una neutralità assoluta. Nel giro di pochi mesi, però, matura il convincimento che l’opposizione alla guerra finirebbe per trascinare il partito e tutto il movimento ai margini del dibattito: secondo il suo sentire, bisogna cavalcare l’occasione per riportare le masse sulla via del fermento rivoluzionario.
Il suo tentativo, perorato anche per via giornalistica, non attecchisce in seno al PSI.
Il 20 ottobre, in una riunione a Bologna, la svolta mussoliniana viene respinta dalla dirigenza del partito e Mussolini si dimette dalla direzione del giornale. A questo punto decide di fondare un suo giornale e ai primi di novembre nasce “Il Popolo d’Italia. Quotidiano socialista”, nel nome; foglio in realtà ultranazionalista ed evidentemente schierato su posizioni interventiste a fianco dell’Intesa, ovvero con Inghilterra e Francia.
A seguito di queste prese di posizione viene espulso anche dal partito (24-25 novembre 1914). Nell’agosto 1915, al momento della mobilitazione per l’ingresso italiano nella Grande Guerra, Mussolini viene anche richiamato alle armi. Dal dicembre 1915 al 1917 racconta le sue esperienze in trincea nel Diario pubblicato su “Il Popolo d’Italia”. Congedato nel giugno 1917 per i postumi delle ferite causategli da un’esplosione, avvia ex novo il battage giornalistico con editoriali aggressivi nei quali, soprattutto dopo la disfatta di Caporetto, perora la causa di una ancor più dura disciplina e l’avvento di una dittatura militare, pur di giungere alla vittoria.

I fasci di combattimento

Il 23 marzo 1919, con un discorso tenuto a Milano a Piazza San Sepolcro, nascono i “Fasci di Combattimento”, basati idealmente su un miscuglio di idee della sinistra rivoluzionaria e principi di veemente nazionalismo. L’iniziativa non attecchisce subito; progressivamente però’ man mano che la situazione italiana si va complicando, il Fascismo si connota come forza organizzata in funzione antisindacale e antisocialista, Mussolini ottiene crescenti adesioni e pareri favorevoli dai settori agrari e industriali della media e alta borghesia. È in questa fase che Mussolini ritiene maturi i tempi per avviare il percorso che porterà alla presa del potere.

Marcia su Roma e primo governo

La marcia su Roma, con relativa destituzione del Presidente del Consiglio in carica, Luigi Facta, il 28 ottobre 1922 gli apre le porte per formare un nuovo esecutivo: viene costituito un governo di ampia coalizione che illude molti circa la possibilità dell’attesa e invocata “normalizzazione”; le vicende che seguiranno prenderanno in realtà tutt’altra piega: il potere si consolida ulteriormente nelle mani di Mussolini con la vittoria nelle elezioni del 1924 e nonostante difficoltà sorte a causa dell’assassinio del deputato socialista Matteotti (10 giugno 1924),che in un coraggioso discorso aveva denunciato brogli e intimidazioni ai seggi in favore del Fascismo, l’affermazione del partito diventa irrefrenabile.

Delitto Matteotti e Leggi fascistissime

Con il discorso del 3 gennaio 1925, al quale segue la promulgazione delle “Leggi fascistissime”, si verifica l’affermazione di un regime chiaramente dittatoriale: Mussolini riesce a conservare e ad accrescere la sua popolarità, sfruttando abilmente iniziative genericamente populistiche (tra queste, la conciliazione tra lo Stato italiano e la Chiesa sancita dalla firma dei Patti Lateranensi, avvenuta l’11 febbraio 1929), utilizzando un sistema di propaganda efficacissimo e occupando i centri del potere di ogni aspetto della società civile, anche per mezzo del famigerato “culto della personalità” veicolato alla popolazione, a partire dalle fasce d’età più giovani per mezzo della propaganda in atto nella scuola fascista.

L’alleanza con la Germania e le leggi razziali

Negli anni Trenta,l’esasperazione ideologica e populista, porta Mussolini ad orientarsi verso ambizioni coloniali che, anche per l’Italia, condurranno al disastro del secondo conflitto mondiale: la conquista e la guerra d’Etiopia tra il 1935 e il 1936 e l’avvicinamento alla Germania di Hitler con la firma, nel 1939, del cosiddetto “Patto d’Acciaio”, saranno solo due dei momenti più salienti. Per compiacere l’alleato nazionalsocialista, nel 1938 anche in Italia vengono promulgate le Leggi Razziali, sulla scia delle Leggi di Norimberga che erano entrate in vigore in Germania nel 1935, attraverso le quali si avvia la persecuzione sistematica dei cittadini di religione ebraica e la loro esclusione da ogni ambito della vita pubblica.

L’Italia in guerra, la caduta e la RSI

Il 10 giugno 1940 segna l’ingresso del paese nel conflitto in corso, nell’illusione di un rapido e facile trionfo, vista la posizione in quel momento dominante dell’alleato nazista. L’andamento della guerra e le vicende che seguiranno, porteranno invece ad una conclusione molto differente. Con la caduta del regime, avvenuta il 25 luglio 1943, dopo che Mussolini è stato esautorato dal Gran Consiglio del Fascismo, le sue sorti conosceranno un vero e proprio precipizio politico ed esistenziale: trasferito a Ponza, poi alla Maddalena e infine al Campo Imperatore sul Gran Sasso, il 12 settembre viene liberato dai paracadutisti tedeschi e portato prima a Vienna e poi in Germania, dove il 15 proclama la ricostituzione del Partito Repubblicano Fascista.
Ormai totalmente primo ai voleri di Hitler, si insedia a Salò, sede della nuova RSI – Repubblica Sociale Italiana, uno staterello fascista nell’area del Lago di Garda.

L’epilogo

Sempre più isolato e privo di credibilità, quando gli ultimi reparti nazisti vengono sconfitti ed eliminati, propone ai capi del C.L.N.A.I (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) un passaggio di poteri, che viene respinto. Travestito da militare tedesco, tenta allora la fuga assieme verso la Valtellina. Riconosciuto a Dongo dai partigiani, viene arrestato e giustiziato il 28 aprile 1945 a Giulino di Mezzegra (Como). Il suo cadavere, assieme a quello della compagna Claretta Petacci e ad alcuni sodali, verrà poi esposto al pubblico ludibrio a Milano, in Piazzale Loreto, in preda alle ire di una folla inferocita.