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Chi era e cos'ha fatto Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Imperatore del Sacro Romano Impero, arciduca d’Austria, re di Spagna e delle Indie, così come di Napoli, Sicilia, Sardegna, Germania ed Italia, nonché principe sovrano dei Paesi Bassi come duca di Borgogna: Carlo, a capo della storica Casa d’Asburgo, regnò durante la prima metà del Cinquecento su un territorio vastissimo, in Europa e nelle colonie americane e africane, cui aggiunse quelle asiatiche nelle Filippine.

Chi era Carlo V d’Asburgo

Nacque il 24 febbraio del 1500 a Gand da Filippo I d’Asburgo detto ‘Il Bello’ e Giovanna di Castiglia ‘La Pazza’ e – a causa dell’infermità mentale della madre e la prematura scomparsa del padre, il 25 settembre 1506 – ereditò giovanissimo un ‘impero sul quale non tramontava mai il sole’, esteso su tre continenti: Europa, Africa e America. Abituato sin da piccolo alle infinite responsabilità che avrebbe dovuto ben presto gestire, ricevette una rigida educazione cattolica – dal 1507 al 1509 – da Adriaan Florensz di Utrecht, decano di San Pietro e futuro papa Adriano VI, e poi da Guillaume de Croÿ, Signore di Chièvres. Seppur cresciuto nelle Fiandre e ‘pervaso’ dalla cultura fiamminga, fu abituato a parlare francese, così come a praticare la scherma, divenendo un abile cavallerizzo nonostante soffrisse dalla nascita di epilessia. Ascese al trono di Spagna nel 1516 col nome di Carlo I, in un primo momento ‘affiancato’ dal consigliere Erasmo da Rotterdam, che dubitò delle capacità intellettuali del re e lo criticò apertamente per le sue difficoltà ad esprimersi in spagnolo, la cui conoscenza resterà sempre “molto superficiale“. Inviso anche alla popolazione, in quanto Asburgo, seppur con discendenze iberiche da parte di madre, la sua effettiva sovranità venne riconosciuta soltanto nel 1519, anno in cui dovette prima recarsi in Austria per raccogliere anche l’eredità asburgica alla morte del nonno paterno Massimiliano I, votato all’unanimità dai principi elettori, e poi a Francoforte, dove fu nominato Re dei Romani, ponendolo alla guida, col nome di Carlo V, del Sacro Romano Impero. Dopo essere stato incoronato ad Aquisgrana, aver finanziato le spedizioni di Magellano ed aver acquisito anche il Ducato di Württemberg, nel 1520 condannò Martin Lutero, poi messo in salvo dal suo protettore Federico il saggio.

Carlo V tra Francia, Spagna, Italia, America e Africa

In quanto duca di un vasto territorio appartenente alla Francia, la Borgogna, che lo rendeva di fatto un vassallo, Carlo V non abbandonò mai l’idea di annetterlo al suo impero, un’ambizione che contribuirà a corrodere ancor di più il rapporto con il vicino regno, il grande nemico che, al pari degli ottomani, lo costrinse a gestire – spesso contemporaneamente – numerosi conflitti. Ne uscì sempre vittorioso, ma ‘dissanguato’ economicamente, considerando anche le numerose campagne organizzate in America ed affidate ai grandi ‘conquistadores’ Hernán Cortés e Francisco Pizarro, che sconfissero gli Aztechi e gli Incas. I propri possedimenti si spingeranno fino all’Asia e, precisamente, nelle Filippine, a seguito della prima circumnavigazione del globo terracqueo compiuta da Magellano. La bravura e la fortuna in campo militare, tuttavia, non fu replicata in campo religioso, nel vano tentativo di ‘soffocare’ la dottrina protestante di Martin Lutero, che si diffuse rapidamente. Dovette inoltre affrontare numerosi problemi in Spagna, come le rivolte dei ‘comuneros’ in Castiglia e ‘della Germanìes’ in Aragona, prontamente sedate, di fronte ad un popolo scontento di essere considerato ‘di secondo piano’ rispetto al Sacro Romano Impero. Tra il 1521 e il 1529, ‘trovando nel frattempo il tempo’ di sposarsi – l’11 marzo 1526 – con la cugina Isabella d’Aviz, figlia del re di Portogallo Manuele I e dalla quale avrà sei eredi, Carlo V fu impegnato in due cruente guerre con la Francia per il controllo del Ducato di Milano e della Repubblica di Genova, funzionali a collegare la Spagna al resto dell’impero. Le vinse entrambe (decisiva la battaglia di Pavia), ma dovette prendere ufficialmente le distanze dal famoso ‘ratto di Roma’, durante il quale le truppe germaniche devastarono la città, suscitando sdegno in tutto il mondo civile. Un evento che fece ‘dirottare’ a Bologna, il 22 febbraio 1530, l’incoronazione come Re d’Italia, città in cui, due giorni dopo, si celebrò anche quella di Imperatore del Sacro Romano Impero. Fu un anno importante, quello in questione, soprattutto a causa della morte del Gran Cancelliere Mercurino Arborio Gattinara, il più influente e stimato dei consiglieri, nonché l’ultimo: di qui in avanti, infatti, in un decennio colmo di importanti avvenimenti, tutte le decisioni di Carlo V saranno soltanto frutto delle proprie convinzioni e delle proprie volontà. I problemi, i soliti: le guerre con la Francia, con l’Impero ottomano e con la dottrina protestante. La battaglia si combatté in un primo momento a ‘colpi di matrimoni combinati’, funzionali ad avere il controllo di tutti quei territori non conquistati con le armi. Carlo V, ad esempio, fece sposare la figlia Margherita con il Duca di Firenze e la nipote Cristina di Danimarca con il Duca di Milano. La goccia che fece traboccare il vaso, però, fu l’alleanza stretta da Francesco I con il Sultano di Costantinopoli Solimano il magnifico, che affidarono al pirata Barbarossa un’offensiva in Sicilia e in Andalusia. La reazione fu un attacco dell’imperatore in Maghreb, culminato nella sconfitta dei Mori a Tunisi, cui fece seguito un ‘viaggio trionfale’ in Italia, dalla Sicilia a Roma, dove tentò di stringere un’alleanza col nuovo pontefice Paolo III, che si era dichiarato neutrale. Dopo un nuovo scontro con la Francia, che non fece né vincitori né vinti, e la sfortunata sconfitta subita per mano dell’armata di Barbarossa, Carlo V si riavvicinò agli Stati tedeschi, dai quali aveva un disperato bisogno di fondi, mettendo da parte il proprio ostracismo nei confronti dei luterani. Ottenuti uomini e risorse, puntò dritto ad Algeri, roccaforte dei pirati, ma complice il maltempo, 150 navi naufragarono, e con esse le velleità di controllare il mar Mediterraneo.

Carlo V, dal Concilio di Trento all’abdicazione

Il fallimento di Carlo V in Nordafrica incoraggiò Francesco I ad intraprendere – nel 1542 – una quarta guerra contro i rivali asburgici, dalla quale uscirà però – oltre due anni dopo – nettamente sconfitto. Il re francese, oltre a rinunciare al sogno di conquistare l’Italia, dovette anche impegnarsi ad appoggiare l’apertura di un Concilio sulla questione luterana, che si svolse a Trento il 15 dicembre 1545. Ad ogni modo, né il re di Francia, né l’imperatore, né il papa Paolo III che lo convocò vedranno mai la sua conclusione. Ne conseguì tuttavia uno scontro, culminato nella battaglia di Mühlberg del 1547, al termine del quale i principi tedeschi si ritirarono e si sottomisero a Carlo V, che non ne aveva tuttavia preso parte, in quanto costretto al riposo da uno dei suoi frequenti attacchi di gotta, ‘dazio’ da pagare in cambio dei piaceri della buona tavola. La morte del ‘grande nemico’ Francesco I segnò paradossalmente l’inizio del declino dell’imperatore che, controllando tutto il Sud Italia, Genova, la Savoia, i Ducati di Milano, Ferrara, Toscana e Mantova e le Repubbliche di Siena e Lucca, preoccupava non poco il pontefice, così come il suo successore Giulio III: entrambi si avvicinarono al nuovo re francese Enrico II. A contribuire al logoramento del dominio di Carlo V, poi, ci furono le numerose congiure antiasburgiche nel nord dello Stivale e le rivolte condotte dai Principi protestanti in Germania, finanziate dalla Francia. Enrico II, contestualmente, organizzò una serie di attacchi volti alla conquista di Napoli (la missione fallì miseramente, nonostante la netta vittoria ottenuta dall’alleato turco nelle acque al largo di Ponza), nell’Italia settentrionale e, soprattutto, nelle Fiandre. Carlo V si rifugiò ad Innsbruck, dove cominciò il rafforzamento del suo contingente militare che mise in allarme gli Stati tedeschi: al termine di un’intensa attività diplomatica, l’imperatore rinunciò a tutte le conquiste ottenute con la vittoria di Mühlberg in cambio dell’isolamento della Francia, alla quale dichiarò guerra nel 1552, mettendo in poco tempo Metz sotto assedio. L’offensiva, però, fu fallimentare e Carlo V entrò in una fase di profonda riflessione, iniziando a progettare la propria successione e mettendo in discussione il proprio operato: non accettava il fatto di non essere riuscito a creare un unico grande impero sotto la guida asburgica, così come di non essersi ripreso la Borgogna o di non aver impedito al protestantesimo di affermarsi. Anzi, nel 1555 fu persino costretto a sottoscrivere la Pace di Augusta che, introducendo il principio ‘cuius regio, eius religio’, con cui si sancì che i sudditi dovessero professore la religione scelta dal loro reggente, di fatto riconobbe per la prima volta la dottrina luterana. Pensieroso, angosciato e in non perfette condizioni di salute, con nuove, grandi sfide all’orizzonte, Carlo V abdicò – come Duca di Borgogna – in favore del figlio Filippo il 25 settembre dello stesso anno, al quale assegnò poi – il successivo 16 gennaio – le corone di Spagna, Castiglia, Sicilia e delle Nuove Indie, a giugno i Paesi Bassi e la Franca Contea e a luglio l’Aragona. Il 12 settembre, invece, cedette la corona imperiale al fratello Ferdinando. Quindi, accompagnato dalle sorelle Eleonora e Maria, partì per la Spagna, diretto al monastero di San Jerónimo di Yuste, dove fu accolto dai monaci in processione, intonando il ‘Te Deum’. Pur soddisfacendo la propria ‘esigenza’ ascetica, mantenne rapporti con il mondo politico per ancora un paio d’anni, fino alla sua morte, che sopraggiunse il 21 settembre 1558, probabilmente a causa della malaria e al termine di tre settimane di agonia, gridando – secondo le cronache – in spagnolo “Ya, voy, Señor” (cioè, “Sto arrivando, Signore“) e, prima di esalare l’ultimo respiro, “Ay Jesus” (“Oh Gesù“).