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Guelfi e Ghibellini: storia e conflitti di Firenze

Andrea Bosio

Andrea Bosio

INSEGNANTE DI FILOSOFIA E STORIA

Nato a Genova, è cresciuto a Savona. Si è laureato in Scienze storiche presso l’Università di Genova, occupandosi di storia della comunicazione scientifica e di storia della Chiesa. È dottorando presso la Facoltà valdese di teologia. Per Effatà editrice, ha pubblicato il volume Giovani Minzoni terra incognita.

Nel XIV secolo, Firenze era una città in effervescenza, un epicentro di arte, cultura e innovazione. Ma sotto la superficie dorata di questa metropoli rinascimentale bollivano tensioni politiche: la storica divisione tra guelfi e ghibellini, due fazioni che combattevano per il dominio e l’influenza politica, non era solo una lotta di potere. Si trattava di un riflesso di visioni del mondo divergenti, di fedeltà e di identità.

In questo articolo cercheremo proprio di capire come queste due fazioni hanno influenzato la storia e, soprattutto, qual era il motivo della loro rivalità così efferata.

La politica di Firenze ai tempi dei guelfi e dei ghibellini

La Firenze del XIV secolo era un epicentro di tensioni politiche, economiche e culturali, in gran parte a causa della feroce rivalità tra le fazioni dei guelfi e dei ghibellini. Questo conflitto non era semplicemente un problema locale; rifletteva le più ampie battaglie di potere tra il Papato e il Sacro Romano Impero nell’Italia medievale.

Firenze, con la sua crescente importanza come centro commerciale e culturale, divenne un terreno fertile per queste contese. I guelfi, sostenitori del Papato, propendevano per un governo comunale indipendente e erano generalmente favorevoli all’autonomia delle città-stato, mentre i ghibellini, al contrario, erano alleati dell’Impero e sostenevano un governo più centralizzato sotto la guida imperiale.

Le lotte tra queste due fazioni non erano solo di natura politica, ma influenzavano anche l’arte, la cultura e la vita quotidiana dei cittadini fiorentini. Palazzi, chiese e persino famiglie venivano spesso etichettati in base alla loro lealtà guelfa o ghibellina, rendendo la divisione una parte inestricabile dell’identità fiorentina e, soprattutto, influenzando molto anche la produzione artistica e culturale del tempo. Infatti, tra i personaggi che più di tutti hanno risentito di queste forti pressioni politiche ritroviamo lo stesso Dante, che più e più volte si mostrerà particolarmente scosso da questi avvenimenti.

I guelfi: guelfi bianchi e guelfi neri

I guelfi emergevano come una delle fazioni predominanti, distinti per il loro appoggio al Papato in opposizione all’autorità imperiale del Sacro Romano Impero. Nati come una coalizione di forze cittadine desiderose di mantenere una certa autonomia dai tentativi imperiali di consolidare il potere, i guelfi credevano fermamente nella necessità di un governo comunale indipendente e nella salvaguardia dei diritti e delle libertà delle città-stato italiane.

Tuttavia, nonostante questa comune avversione per l’ingerenza imperiale, la fazione guelfa non era monolitica. Al suo interno, c’erano delle spaccature profonde, che avevano le loro radici nella dinamica politica di Firenze. Le divisioni più significative all’interno dei guelfi erano tra i guelfi bianchi e i guelfi neri:

  • I guelfi bianchi, guidati da famiglie come i Cerchi, erano in generale favorevoli a una maggiore moderazione, cercando di raggiungere un compromesso tra le aspirazioni papali e quelle imperiali. Consideravano importante preservare l’indipendenza di Firenze, ma erano anche aperti al dialogo con gli avversari ghibellini.
  • I guelfi neri, sotto l’influenza delle famiglie come i Donati, erano decisamente più radicali nella loro lealtà al Papato e erano fortemente opposti a qualsiasi forma di compromesso con i ghibellini o con l’Impero.

La rivalità tra questi due sottogruppi guelfi divenne talmente intensa da portare a scontri violenti nelle strade di Firenze, culminando in una serie di esili, vendette e manovre politiche che avrebbero plasmato il destino della città nei decenni successivi. La divisione tra guelfi bianchi e neri era tanto radicata che perfino Dante Alighieri, si ritrovò coinvolto in queste lotte interne, essendo lui stesso un guelfo bianco.

I ghibellini e l’appoggio al Sacro Romano Impero

I ghibellini occupavano una posizione di rilievo, rappresentando la fazione che sosteneva l’autorità e la sovranità del Sacro Romano Impero nei confronti delle città-stato italiane. Questa lealtà imperiale si traduceva in una visione di un’Italia unita sotto l’egida dell’Imperatore, considerato come il baluardo supremo della cristianità e l’erede legittimo dell’antico Impero Romano. Erano spesso composti da nobili e aristocratici che vedevano nell’Impero la protezione dei loro privilegi e diritti.

L’ideologia ghibellina si radicava nella convinzione che solo un forte potere centrale, incarnato nell’Imperatore, potesse garantire pace, stabilità e prosperità in un continente travagliato da guerre e faide. Rifiutando l’idea di una frammentazione politica, i ghibellini si opponevano alle ambizioni autonomiste delle città-stato e lottavano per riportare le città ribelli sotto il dominio imperiale. Per loro, l’Imperatore non era solo un monarca, ma il custode dell’ordine universale, colui che avrebbe dovuto mediare tra le varie fazioni e garantire giustizia e equità in un mondo spesso caotico.

In città come Firenze, la presenza ghibellina era palpabile, anche se spesso in minoranza rispetto ai guelfi. Famiglie come i Lamberti e gli Uberti erano chiari esponenti dell’ideale ghibellino, e nonostante le sconfitte e gli esili subiti, lottavano incessantemente per vedere realizzato il sogno di un’Italia unita e forte sotto la guida dell’Imperatore. Questo ideale, tuttavia, si scontrava con la realtà di una penisola divisa e con la crescente potenza dei Comuni e delle Repubbliche marinare, che vedevano nell’autonomia la chiave del loro successo. La lotta tra guelfi e ghibellini, in questo contesto, non era solo una guerra di potere, ma rappresentava anche un profondo conflitto ideologico sul futuro dell’Italia.

L’influenza della lotta tra guelfi e ghibellini sull’opera di Dante

Dante Alighieri, figura eminente nella letteratura mondiale e autore della celebre Divina Commedia, non fu solamente un poeta, ma anche un attivo politico nel tumultuoso scenario di Firenze agli albori del Trecento. Nell’intricato quadro delle fazioni che si contendevano il potere cittadino, Dante era affiliato ai guelfi, il partito prevalentemente filo-papale. Tuttavia, all’interno di questo schieramento, era presente, appunto, una frattura che divise i guelfi in due sottogruppi: i guelfi bianchi, moderati e inclini a una maggiore autonomia di Firenze rispetto al Papato, e i guelfi neri, più radicali e vicini alle posizioni papali.

Dante si allineò con i guelfi bianchi, sostenendo l’idea di una Firenze autonoma e resistente alle ingerenze papali. La sua posizione politica, però, lo portò presto in rotta di collisione con i guelfi neri, che con l’appoggio del papa Bonifacio VIII riuscirono a prendere il controllo della città. Nel 1302, dopo una serie di intrighi e manovre politiche, Dante venne accusato di corruzione e condannato all’esilio. Fu questa una sentenza che segnò profondamente la sua esistenza, come lui stesso ha a più riprese affermato nelle sue opere.

Lontano dalla sua amata Firenze, Dante intraprese un viaggio sia fisico che spirituale. L’esilio alimentò la sua riflessione sul senso della giustizia, sul ruolo dell’individuo nella società e sulla natura stessa dell’esistenza umana. La sua condizione di esiliato influenzò fortemente la “Divina Commedia", in cui Dante non solo immagina un viaggio attraverso l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, ma esprime anche il suo profondo senso di alienazione e disorientamento in un mondo in cui la giustizia sembra essere una chimera. In uno dei passi più celebri del “Paradiso", Dante si definisce un “fiorentino, guelfo e bianco", sottolineando la sua identità e le sofferenze subite a causa delle divisioni politiche della sua città.

Dante: un guelfo bianco in esilio

Dante è stanco dell’inutile alleanza che i Guelfi bianchi (di cui fa parte) hanno stretto con i Ghibellini (loro acerrimi nemici) nel tentativo di tornare a Firenze (da cui sono stati entrambi esiliati) per scacciare i Guelfi neri e impadronirsi del potere politico.

Decide pertanto di accantonare la politica (“sì ch’a te fia bello averti fatta parte per te stesso", Paradiso, XVII, 68-69) dedicandosi alla stesura dell’Inferno.

Il passo che trovi nella scheda a lato è tratto dal Canto XVII del Paradiso, in cui il suo avo Cacciaguida gli profetizza l’esilio da Firenze. Per stampare la scheda, scarica il pdf qui:

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Mappa mentale su Guelfi e Ghibellini

L’origine di questi due strani nomi, Guelfi e Ghibellini, è incerta e non definitiva, tuttavia alcune interpretazioni sono possibili partendo dall’analisi del conflitto legato alla morte dell’Imperatore Enrico V (1125 d. C.). I Ghibellini prenderebbero il loro nome dal castello di Weibling che appartiene alla casata degli Hohenstaufen, mentre i loro nemici, i Guelfi, assumerebbero il nome dai duchi di Baviera, discendenti da un Welf.

Tenere bene a mente le distinzioni delle fazioni politiche in lotta nella Firenze del ‘300 non è affatto facile. Questa semplice mappa ti sarà da guida e fungerà da aiuto per impedire che la confusione, come a volte succedeva anche nella mente dei protagonisti stessi delle vicende raccontate, prenda il sopravvento e ti impedisca di capire la composizione dei principali schieramenti di partito.

Se vuoi stampare la mappa con le informazioni principali su guelfi e ghibellini, scarica il pdf in bianco e nero qui:

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