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Il liberalismo: cos’è e quando è nato

È la dottrina politica che, ponendo l’accento sull’individuo, teorizza per prima i limiti da attribuire all’esercizio del potere

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Il Liberalismo è una dottrina politica ed economica che riconosce all’individuo un valore assoluto e autonomo rispetto a quello della società e dello Stato di cui fa parte, e che è invece solamente il frutto di un “contratto” tra cittadini. Nato dalla crisi della concezione autoritaria e gerarchica della società propria del pensiero medievale, il liberalismo trova la sua piena realizzazione nella concezione dello Stato liberale.

Dottrina

Secondo la dottrina liberista il fine principale dello Stato non è quello “positivo” di provvedere al bene comune, di rendere i sudditi moralmente migliori, o più saggi, o più felici, o più ricchi, bensì quello “negativo” di rimuovere tutti quegli ostacoli che impediscono al cittadino di migliorare moralmente, di diventare più saggio, più felice, più ricco, in pratica di realizzarsi secondo le proprie capacità e il proprio talento.

Contrariamente alla concezione di Stato assoluto, nella quale il sovrano è un “legibus solutus”, che esercita il potere senza alcun limite giuridico, nello Stato liberale si tende a limitare il più possibile gli abusi di potere, per a garantire la libertà dei cittadini dall’ingerenza dei pubblici poteri. Detti limiti derivano dai compiti circoscritti attribuiti allo Stato stesso, ridotto a mero arbitro nella gara degli interessi individuali e non già promotore degli interessi comuni.

Rispetto alla struttura giuridica, i limiti del potere vengono definiti grazie alle due dottrine fondanti del liberalismo:

  • dottrina del diritto naturale, che consiste nel riconoscimento dell’esistenza di diritti naturali dell’individuo anteriori al sorgere dello Stato;
  • dottrina della struttura dei poteri, che prevede l’organizzazione delle funzioni principali dello Stato, in modo che non vengano esercitate dalla stessa persona o dallo stesso organo;

Entrambe le dottrine vengono enunciate nel 1690 dal “Secondo trattato sul governo civile” del filosofo inglese John Locke, considerato il maggior teorico del liberalismo, che con la sua opera costituirà il presupposto ideale della futura Rivoluzione americana e che influenzerà, attraverso il lavoro di Montesquieu, anche la Rivoluzione francese.

Liberismo

Il Liberismo è la dottrina che applica i principi del liberalismo. I liberisti sono a favore dell’applicazione del principio del laissez-faire, che stabilisce una politica di non intervento dello Stato nelle attività economiche private. Tale teoria viene rielaborata dall’economista scozzese Adam Smith, che giudicando il benessere individuale più importante del potere dello Stato, auspica una politica di libero scambio che lasci agire la “mano invisibile” della concorrenza, intesa come forza regolatrice dell’economia.

Liberalismo e Democrazia

Se la libertà individuale è il principio ispiratore del liberalismo, quello della democrazia è l’eguaglianza. Il concetto fondamentale della teoria democratica è la sovranità popolare, il potere deve appartenere a tutti i cittadini e non ad uno solo o a pochi. Il popolo può trasmettere temporaneamente ad altri, come i suoi rappresentanti, questo potere, ma non può rinunciarvi né alienarlo per sempre. Allo stesso modo, mentre il liberalismo si occupa di proteggere essenzialmente i diritti civili, come la libertà di pensiero e di stampa, di riunione e di associazione, la dottrina democratica ha come principale scopo la difesa dei diritti politici. Uno Stato può essere allora definito tanto più democratico, quanto più numerose siano le categorie dei cittadini a cui estende i diritti politici, che si realizzano pienamente nel suffragio universale, cioè l’attribuzione di tali diritti a tutti, prescindendo da ogni differenza riguardante ceto, cultura o sesso.

L’accento posto dal liberalismo sul fatto che l’individuo abbia già mezzi spirituali e materiali per l’esercizio e il godimento delle libertà, ha fatto sì che questa dottrina sia stata a lungo ritenuta ostile all’estensione dei “diritti” e inconciliabile con la democrazia. In realtà, se uno Stato liberale puro, in cui vengono riconosciuti i principali diritti civili, ma il suffragio resta ristretto, non può definirsi democratico, uno Stato a suffragio universale può, avvalendosi degli stessi congegni della democrazia, instaurare un regime illiberale, come accaduto con diversi regimi impadronitisi del potere attraverso il metodo elettorale.