Giuseppe Mazzini è un patriota, politico, filosofo e giornalista. Contribuisce in maniera decisiva alla nascita dello Stato unitario italiano ed è considerato uno dei padri della patria. Le teorie mazziniane sono importanti per la definizione dei moderni movimenti europei per l’affermazione della democrazia nella forma repubblicana.
Nasce a Genova il 22 giugno del 1805 e, per seguire il volere del padre, si iscrive alla facoltà di Medicina. Abbandona però presto gli studi medici per iscriversi a Legge. Dopo i moti del 1821, inizia a sviluppare l’idea che sia necessario lottare per la libertà della patria.
Nel 1826 Mazzini scrive il saggio Dell’amor patrio di Dante che verrà però pubblicato solo nel 1837. L’anno successivo si laurea in Diritto civile e Diritto canonico e diventa membro della carboneria. Fuggito in Francia, a causa della sua attività rivoluzionaria, fonda la Giovine Italia, associazione politica che ha l’obiettivo di riunire in una sola repubblica gli stati italiani.
Nel 1848, torna in Italia e a Milano fonda il quotidiano L’Italia del popolo. Con il ritorno degli austriaci nella città lombarda, raggiunge Garibaldi a Bergamo, per poi partire per la Svizzera. In quel periodo ha due condanne a morte che pendono sulla sua testa, una per i moti di Genova del 1857 e l’altra a Parigi per complicità in un attentato contro Luigi Napoleone. Ripara esule a Londra e, all’inizio della guerra, si reca clandestinamente a Firenze con l’obiettivo di raggiungere Garibaldi per l’impresa del Mille. In realtà riesce a unirsi a lui nel 1861 in un’adunanza di mazziniani e garibaldini in soccorso a Garibaldi in difficoltà in Sicilia.
Nel 1866 è candidato alle elezioni di Messina per la scelta dei deputati del nuovo parlamento di Firenze. Mazzini si trova però a Londra in esilio e non può fare campagna elettorale. Anche se assente dal Paese, Mazzini vince le elezioni che vengono annullate a causa delle condanne. Richiamati alle urne due mesi dopo, gli elettori continuano a scegliere Mazzini, così come avviene anche la terza volta. A quel punto la Camera convalida il risultato, ma Giuseppe rifiuta l’incarico per non giurare fedeltà allo Statuto albertino.
Nel 1870 viene arrestato in Sicilia e incarcerato nel carcere di Gaeta. Esce qualche mese dopo grazie all’amnistia concessa ai condannati politici per la presa di Roma. Nel 1871 promuove il Patto di Fratellanza tra le società italiane operaie e l’anno seguente va in incognito a Pisa. Già malato, muore nella città toscana il 10 marzo 1872 quando la polizia sta per arrestarlo nuovamente.