Oriana fallaci è una giornalista, una scrittrice e un’attivista. Nasce a Firenze il 29 giugno 1929 e le idee che sposa per tutta la vita le respira sin da bambina a casa. Vive la sua infanzia durante la dittatura fascista di Benito Mussolini, ma il pensiero antifascista del padre la influenza. Ecco allora che non è strano pensare a una donna e professionista appassionata e ribelle: così come si dimostrerà per tutta la sua vita.
Fa parte della resistenza a soli 10 anni. I suoi compiti sono principalmente di vedetta, ma non solo. Ha anche una discreta dimestichezza con le armi, grazie alle battute di caccia organizzate sempre dal padre. Quando cresce un po’, Oriana si unisce al movimento clandestino di resistenza ed è tra i volontari per la libertà contro il nazismo. Fin da bambina affronta una vita difficile, che le permette di sviluppare la tempra della maturità, che conosciamo grazie al suo impegno sociale.
Il padre viene catturato, imprigionato e torturato dai nazisti; ma per fortuna riesce a salvarsi. A soli 14 anni Oriana Fallaci riceve un riconoscimento da parte dell’Esercito per il suo attivismo contro la guerra. La fine del conflitto le permette di dedicarsi alla scrittura in maniera totalizzante. Prima è il giornalismo il suo campo di espressione, poi scrive saggi e romanzi. Qualsiasi sia il suo mezzo comunicativo, le viene riconosciuto un talento a livello internazionale.
All’inizio è cronista per diversi giornali. Intervista importanti personalità politici. Il suo talento la fa approdare all’Europeo, settimanale molto prestigioso. Collabora con realtà editoriali sia europee che sudamericane. Indimenticabile la sua intervista all’Ayatollah Khomeini, dittatore teocratico iraniano, misogino e poco propenso a riconoscere dignità e diritti alle donne. Con il suo articolo La rabbia e l’orgoglio, traccia un ritratto dettagliato del leader.
Con Henry Kissinger affronta argomenti mai affrontati prima, anche di natura privata, ma lei dichiara di non essere rimasta soddisfatta. Intervista anche i potenti della Terra e fa una sorta di raccolta in Intervista con la storia. Una sua citazione fa comprendere sino in fondo la forma mentis di Oriana Fallaci: “Su ogni esperienza personale lascio brandelli d’anima e partecipo a ciò che vedo o sento come se riguardasse me personalmente e dovessi prendere posizione (infatti ne prendo sempre una basata su una precisa scelta morale)”.
Potrebbe essere definita una scrittrice civile, dalla forte motivazione morale ed etica. Si trovano dei punti in comune con Pier Paolo Pasolini, al quale scrive una lettera-ricordo dopo la sua morte. Quello che la spinge a scrivere “è quello di raccontare una storia con un significato […], è una grande emozione, un’emozione psicologica o politica e intellettuale. ‘Niente e così sia’, il libro sul Vietnam, per me non è nemmeno un libro sul Vietnam, è un libro sulla guerra”, rivela la giornalista.
Lettera a un bambino mai nato (1975), Un uomo (1979) – romanzo scritto dopo la morte del compagno Alekos Panagulis – sono tutti esempi del suo pathos intellettuale, che dà il via a dibattiti e discussioni al livello sociale. In Insciallah scrive la storia delle truppe italiane in Libano nel 1983 e, come nella maggior parte dei suoi libri, descrive la vita di individui normali che si liberano dalle oppressioni e dalle ingiustizie. I suoi libri sono tradotti in più di trenta Paesi. Oriana Fallaci riceve la laurea ad honorem in Letteratura dal Columbia College of Chicago. È proprio la sua ammirazione per gli Usa che la fa reagire all’attacco terroristico del 2001 alle Torri Gemelle.
Ed è proprio dal grande attaccamento per gli Stati Uniti, dalla grande ammirazione che la Fallaci sente per questo Paese, che nasce la sua reazione al terribile attentato terroristico dell’11 settembre 2001 alle Twin Towers. Si rivolge al direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli: “Mi chiedi di parlare, stavolta. Mi chiedi di rompere almeno stavolta il silenzio che ho scelto, che da anni mi impongo per non mischiarmi alle cicale. E lo faccio. Perché ho saputo che anche in Italia alcuni gioiscono come l’altra sera alla Tv gioivano i palestinesi di Gaza. “Vittoria! Vittoria!” Uomini, donne, bambini. Ammesso che chi fa una cosa simile possa essere definito uomo, donna, bambino. Ho saputo che alcune cicale di lusso, politici o cosiddetti politici, intellettuali o cosiddetti intellettuali, nonché altri individui che non meritano la qualifica di cittadini, si comportano sostanzialmente nello stesso modo. Dicono: “Gli sta bene, agli americani gli sta bene”. E sono molto, molto arrabbiata. Arrabbiata d’una rabbia fredda, lucida, razionale. Una rabbia che elimina ogni distacco, ogni indulgenza. Che mi ordina di rispondergli e anzitutto di sputargli addosso. Io gli sputo addosso”.
Oriana Fallaci muore il 15 settembre 2006 a Firenze, a causa di un male incurabile. Il suo ultimo libro, dal titolo Un cappello pieno di ciliegie nasce successivamente e racconta la storia della sua famiglia.