La grafia corretta è tutt’altro, con apostrofo. La versione tuttaltro, attaccato, non esiste su nessun dizionario ed è un vero e proprio errore grammaticale. Infatti in tutt’altro si verifica un’elisione, ossia la caduta dell’ultima vocale del pronome indefinito tutto – la o – prima di una parola che inizia con vocale – il pronome indefinito altro; questo fenomeno serve ad impedire la formazione di uno iato dalla difficile pronuncia: tutt’altro è decisamente più scorrevole di tutto altro.
La tendenza all’economia e alla semplificazione fonetica dell’italiano fa sì che l’elisione sia un fenomeno linguistico molto diffuso: abbiamo ad esempio senz’altro e tutt’uno – quasi identici a tutt’altro – ma anche tutt’oggi, d’accordo, poc’anzi, quant’altro e d’altronde, solo per citarne alcuni.
Il dubbio che nasce al momento di mettere per iscritto queste espressioni deriva dal fatto che in altri casi, senza seguire una regola univoca, si produce invece un’univerbazione. Può infatti succedere che un termine perda l’ultima vocale prima di unirsi a un secondo lemma – che può anch’esso iniziare con vocale -, e che queste due parole fuse insieme diano luogo a un terzo vocabolo. Lo vediamo ad esempio in finora, qualora, tuttora, talora e talvolta.
Quindi, visto che la pronuncia non è sufficiente a segnalare la presenza o meno di un apostrofo, è possibile nascano delle incertezze quando dalla forma parlata dobbiamo passare a quella scritta. Per concludere, anche se fino all’Ottocento era ammessa la versione unita, tuttaltro, oggi dobbiamo sempre usare quella separata e con apostrofo, tutt’altro.
Esempio 1: Paolo è tutt’altro che stupido
Esempio 2: Mi aveva detto tutt’altro
Esempio 3: La sua situazione è tutt’altro che facile