La versione corretta è tutt’oggi, con apostrofo. La grafia tuttoggi, in un’unica parola, è da considerarsi errata. Cerchiamo di capire perché e quali sono le ragioni per cui possono nascere delle incertezze al momento di scrivere questo avverbio.
Tutt’oggi è composto dal pronome indefinito tutto, soggetto ad elisione, e dall’avverbio oggi. Si verifica dunque quel fenomeno linguistico che consiste nella caduta della vocale finale davanti alla parola seguente, che inizia con vocale, utile ad evitare la formazione di uno iato difficile da pronunciare. Casi simili sono d’accordo, poc’anzi, quant’altro, senz’altro e d’altronde.
Perché dunque al momento di scrivere tutt’oggi nascono i dubbi e si è tentati di utilizzare la grafia che prevede un solo termine? La risposta è semplice: perché nella lingua italiana succede spesso che due vocaboli si uniscano e perché non ci sono regole univoche che prevedano l’uso di una forma – attaccata – o dell’altra – staccata.
In molte altre situazioni, infatti, assistiamo all’univerbazione con troncamento, vale a dire la nascita di un terzo lemma nato dall’unione di due termini, dove il primo subisce un’apocope dell’ultima vocale. Per citare alcuni esempi: in davanti cade la a di da, in talora e talvolta cade la e di tale.
La forma univerbata di tuttoggi, poco diffusa, è legata a contesti poco sorvegliati, motivo per cui è decisamente preferibile evitarla. Vediamo dunque come utilizzare l’espressione corretta, tutt’oggi, locuzione avverbiale che significa fino a oggi, tuttora, fino ad ora.
Esempio 1: Il morbillo è tutt’oggi molto diffuso in Africa, nonostante la medicina abbia fatto enormi passi avanti
Esempio 2: A tutt’oggi non abbiamo risultati evidenti dell’efficacia del vaccino
Esempio 3: Il mio cane è tutt’oggi ammalato: a nulla sono servite le cure fatte