La forma corretta prevede l’univerbazione con troncamento, ossia la grafia in una sola parola: tuttora. La lingua contemporanea, infatti, non contempla la formula con l’apostrofo, anche se l’elisione era usata fino al XIX secolo, periodo in cui era ammessa la grafia tutt’ora.
Procediamo a ritroso per capire il processo che ha portato alla regolarizzazione dell’espressione tuttora. Partiamo dalla due parole che vengono fuse insieme acquisendo un valore di sintagma, vale a dire un’unità sintattica con significato proprio: tutto e ora. Affiancandole si formerebbe il vocabolo tuttoora, con una doppia o non prevista dalla grammatica italiana. Per ovviare a tale errore, tutto subisce un troncamento e nasce un nuovo termine.
D’altra parte l’univerbazione opta spesso per l’eliminazione di una vocale, una consonante o un gruppo di lettere per creare una terza parola a partire da altre due. Per tuttora, infatti, vale lo stesso discorso che abbiamo fatto per talvolta, talora, finora e qualora: dalla giustapposizione di due parole, grazie al troncamento della prima, nasce un terzo termine, che non prevede l’uso di alcun apostrofo.