Partiamo dalla regola: finora si scrive senza apostrofo in un unico termine. La versione che include l’apostrofo a seguito della caduta dell’ultima vocale della prima parola, fin’ora, non è corretta. Cerchiamo di capirne il perché.
Questo avverbio di tempo nasce dall’unione delle parole fino e ora. Semplicemente affiancando i due termini, si genererebbe la contrapposizione di una doppia o, inutile e difficile da pronunciare. Cosa succede dunque? In questo caso l’italiano contemporaneo prevede l’univerbazione, ossia la formazione di un solo vocabolo grazie al troncamento dell’ultima vocale della prima parola. Si tratta di un fenomeno comune nella lingua italiana. Lo vediamo ad esempio in talvolta, talora, tuttora e qualora, solo per citare alcuni esempi.
Ciononostante il dubbio relativo alla versione con apostrofo, fin’ora, è lecito poiché in molte altre situazioni simili, senza seguire una regola univoca, si propende per l’elisione. Di che cosa si tratta? Della caduta dell’ultima vocale di un termine che precede una parola con inizio vocalico, apocope segnalata sempre con un apostrofo. Lo vediamo ad esempio in poc’anzi, senz’altro, d’altronde, d’accordo, tutt’oggi, tutt’altro, tutt’uno e d’accordo.
L’unico modo per non sbagliare la grafia di finora, quindi, è quella di impararla correttamente. Da dimenticare le forme colloquiali o sgrammaticate come fin’ora, così come le versioni del passato che prevedevano, ad esempio, due lemmi distinti e senza apostrofo, fin ora. Oggi si usa la versione senza spazi, risultato dell’unione dei due vocaboli che compongono la parola stessa, con troncamento del primo.
Esempio 1: Finora è andato tutto bene
Esempio 2: Ne ho presi tre finora
Esempio 3: È stato molto gentile finora