Nicola Lagioia è indubbiamente uno tra i più vivaci protagonisti della scena culturale italiana. Scrittore, autore, speaker radiofonico e conduttore tv di successo, curatore di rubriche per prestigiose testate giornalistiche, dal 2017 ricopre anche l’incarico di direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino.
Barese, classe 1973, una volta completati gli studi in Giurisprudenza comincia subito a dedicarsi a lavori in ambito editoriale, dandosi da fare soprattutto in funzione di redattore e ghost writer.
L’ultimo libro di Nicola Lagioia, La città dei vivi arriva esattamente a 20 anni dal suo esordio letterario.
Era infatti il 2001 quando l’autore pugliese pubblicava Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare sé stessi), opera prima piuttosto complessa, prova di talento talmente originale da collocarsi – per molti e con pieno diritto – "tra lo sperimentalismo europeo e il postmoderno americano".
Nel romanzo di Lagioia Lev Tolstoj, il grande maestro russo, vive in un monolocale sulla Nomentana a Roma, gioca a scopa e offre al protagonista consigli utili per superare al meglio le proprie fobie di natura intellettuale e, soprattutto, sentimentale.
Sergio Pent, autore e critico letterario, scrive che quello di Lagioia è prima di ogni cosa un prezioso "tentativo di fare letteratura attraverso la letteratura".
Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj
Il secondo romanzo arriva tre anni più tardi, nel 2004. In Occidente per principianti – con uno stile sferzante e una prosa potente – l’autore sviluppa una storia che è un viaggio lunga la Penisola alla ricerca del primo amore di Rodolfo Valentino.
A cercare la donna – che sarebbe l’unica capace di testimoniare l’educazione sentimentale della prima icona globale del cinema – sono una giornalista quasi fallita e comunque priva di prospettive, un regista pericolosamente rincorso dai creditori e una studentessa. Il viaggio è soprattutto la testimonianza di un paese in crisi, profondamente ossessionato dall’ansia di apparire.
Ma è con Riportando tutto a casa e – più tardi – con La ferocia, che Nicola Lagioia si fa conoscere dal grande pubblico. Con il primo vince anche il Premio Viareggio 2010, mentre è con il secondo che si aggiudica l’ambito Premio Strega nel 2015.
Riportando tutto a casa è l’affresco denso di un’Italia, quella dei ruggenti anni ’80, in cui le ideologie si sono esaurite e le televisioni commerciali contribuiscono a disegnare una nuova, attraente carta dei desideri.
Nuovi bisogni ma anche nuovi buchi neri, come quello delle tossicodipendenze, con il consumo di eroina che proprio in quegli anni conosce il suo boom.
Lo sguardo sul Paese che cambia è quello di tre ragazzi adolescenti politicamente disimpegnati, tre amici che da Bari attraversano questo tempo fatto di vorticosi cambiamenti, in cui i padri sono concentrati sulla propria scalata sociale e con le case – sempre più grandi e lussuose con il benessere – che si fanno presto luoghi da cui scappare.
Ne La ferocia, Nicola Lagioia, con una scrittura avvincente e personaggi sempre perfettamente delineati, offre ai suoi lettori la storia della Famiglia Salvemini: di Vittorio e Annamaria e dei quattro figli, Ruggero, Michele, Clara e Gioia.
Il teatro è ancora quello della Puglia, un territorio tra i più belli di tutto il Paese e troppo spesso sottoposto alle violenze di imprenditori senza scrupoli che sullo sfruttamento fondano le loro ambizioni di successo e scalata sociale. In questo ambiente, dove i figli dei Salvemini nascono e crescono nell’abbondanza, l’inarrestabile ambizione dei genitori cancella ogni manifestazione d’amore e di rispetto. Anche la tragedia che investe la famiglia finisce per mostrare radici molto più profonde, antiche.
La città dei vivi è invece la ricostruzione di un delitto agghiacciante e ancora nella mente di molti: la vicenda Foffo-Prato-Varani. Nel marzo 2016, in un anonimo appartamento di periferia, due ragazzi di buona famiglia di nome Manuel Foffo e Marco Prato seviziano per ore un ragazzo più giovane, Luca Varani, provocandogli una morte lenta, terribile, inspiegabile. Un delitto sconvolgente, se possibile anche più di molti altri, perché praticamente privo di un movente, un episodio di cronaca nera che conquista subito le prime pagine di tv e giornali.
Lagioia con grande abilità riesce a condurre i lettori in una Roma sublime e maledetta in cui milioni di esistenze parallele, e ignare le une delle altre, rischiano ogni giorno di incrociarsi drammaticamente. Lo sforzo dell’autore è tutto teso a comprendere, registrare, scovare negli assassini dei segnali precursori della tragedia. Un libro profondo, importante, che Lagioia scrive con il solito, evidentissimo talento.
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