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Chi è Patroclo, il personaggio dell'Iliade di Omero

Profondamente legato ad Achille, prese il suo posto nella guerra di Troia quando questi si svestì dell'armatura, in segno di protesta nei confronti di Agamennone. Fu proprio la sua morte, per mano di Ettore, a far cambiare idea all'eroe acheo, mosso da un sentimento di vendetta

Alessio Abbruzzese

Alessio Abbruzzese

GIORNALISTA

Nato e cresciuto a Roma, mi appassiono fin da piccolissimo al mondo classico e a quello sport, dicotomia che ancora oggi fa inevitabilmente parte della mia vita. Potete leggermi sulle pagine de Il cuoio sul Corriere dello Sport, e online sul sito del Guerin Sportivo. Mi interesso di numerosissime altre cose, ma di quelle di solito non scrivo.

La figura di Patroclo è una delle più importanti non solo nell’Iliade di Omero, ma in tutta la mitologia greca. Si mise in luce in battaglia, infondendo grande coraggio agli Achei e creando scompiglio nelle fila troiane. Venne ucciso da Ettore soltanto dopo essere stato indebolito dal dio Apollo e ferito da Euforbo e il suo rapporto con Achille è uno degli elementi-chiave del poema, ma anche uno dei temi più discussi nel corso dei secoli.

Chi era Patroclo

Secondo la tradizione sostenuta da Omero, la più autorevole, Patroclo nacque dal re di Opunte Menezio e da Stenele, figlia d’Acasto. Altre versioni, invece, attribuiscono la figura paterna ad Eaco e quella materna a Piope, a Polimela o a Filomela. La mitologia greca racconta che egli, dopo aver trascorso un’infanzia piuttosto infelice, sottratto alle cure della madre, considerata ‘ritardata’, affidato ad una levatrice e poco stimato dal padre, a soli nove anni si unì ai numerosissimi pretendenti di Elena al fine di ottenerne la mano. L’anno seguente venne mandato in esilio e, costretto ad abbandonare la terra natia, fu accolto a Ftia da Peleo, dove ebbe modo di conoscere l’affascinante figlio, Achille, al fianco del quale partì per la guerra di Troia. Il personaggio di Patroclo descritto da Omero nell’Iliade – che in più di un’occasione tradisce una certa simpatia nei suoi confronti – differisce in toto dagli altri eroi Achei in quanto, a caratterizzarlo, non sono la forza fisica e la rudezza, bensì la nobiltà d’animo, la gentilezza, la bontà e la dolcezza, virtù per le quali viene lodato da molti personaggi del poema, su tutti Briseide. Basti pensare che alla sua morte, a piangerlo, sono persino i cavalli di Achille, anche se l’episodio che forse più di ogni altro mette in risalto la sua personalità è quello narrato nel libro XVI, nel quale si reca dall’amato semidio in lacrime per i tanti compagni morti o rimasti gravemente feriti in battaglia.

Patroclo, il rapporto con Achille

Il rapporto tra Achille e Patroclo è uno degli elementi cardine dell’intero poema omerico. Non ci è dato sapere con certezza quale fosse la vera natura, ma quel che è certo è che nel mondo antico l’omosessualità fosse un orientamento largamente diffuso, oltre che socialmente accettato. Molti studiosi, critici e commentatori, già a partire dal V secolo a.C., hanno ipotizzato che i due fossero ‘legati’ da pederastia pedagogica, una relazione estremamente ritualizzata che escluderebbe quindi il coinvolgimento sentimentale e amoroso dei diretti interessati, una teoria che non sembrerebbe tuttavia suffragata dall’atteggiamento di Achille, arrogante, brutale, insensibile e spietato con qualunque personaggio ad eccezione di Patroclo, verso il quale, piuttosto, si mostrava sovente gentile e sinceramente preoccupato. Lo stesso turbinio di emozioni vissute dal semidio alla notizia della morte dell’amico, in quella che appare una vera e propria trasformazione che caratterizza tutta la parte finale dell’Iliade, farebbe propendere pertanto verso la relazione amorosa.

La morte di Patroclo

A Troia Patroclo si mise in luce sul campo di battaglia, guadagnandosi la stima e il rispetto di compagni e avversari. Quando, però, Achille si tirò fuori dalla contesa, in quanto infuriato con Agamennone, che lo aveva privato della schiava Briseide, Patroclo si spese in tutti i modi affinché si ravvedesse e cambiasse idea. Quindi, fallita la nobile impresa, decise di imbracciare le sue armi e indossare la sua armatura, per scagliarsi contro i Troiani i quali, credendolo Achille, caddero preda del caos e del terrore della morte. Patroclo, di fatto, riportò una vittoria importantissima per gli Achei, ribaltando le sorti della guerra, ma non seguì il consiglio dell’amico, vale a dire quello di limitarsi a scacciare i Troiani dal proprio accampamento. Così, ad un passo dalla conquista delle mura della città, Patroclo venne prima stordito dal dio Apollo, che lo colpì due volte, poi ferito da Euforbo e, infine, ucciso da Ettore, che lo trapassò con la lancia della propria biga. Subito prima di ‘farlo morire’, però, Omero concesse un ultimo momento di grande dignità al personaggio, che sminuì l’azione di Ettore e ne profetizzò la fine, la sua e quella di Troia. Il suo corpo esanime fu conteso in uno scontro violentissimo tra le due fazioni, che si risolse – in favore degli Achei – soltanto grazie all’intervento di Achille, furioso, addolorato e mosso da un sentimento di vendetta. Bastò il suo urlo per mettere in fuga il nemico. Dopo aver organizzato i giochi funebri in onore del compagno, il semidio riprese parte attiva nella guerra e, quando verrà ucciso per mano di Paride, le sue ceneri verranno mischiate a quelle dell’amato Patroclo.