Che scuola ha fatto Bebe Vio: l'aneddoto amaro sulla carrozzina
Che scuola ha fatto la campionessa paralimpica Bebe Vio? La sportiva ha ricordato un triste aneddoto sulla carrozzina risalente ai tempi delle medie
Bebe Vio è una delle sportive più amate del nostro paese. La campionessa paralimpica di fioretto, che alle Paralimpiadi di Parigi 2024 ha conquistato due medaglie di bronzo, è molto attiva sui social e ha un gran seguito, anche grazie a tutti gli impegni che ha intrapreso al di fuori del suo lavoro per promuovere l’inclusione e il diritto allo sport. In una recente intervista la sportiva ha ricordato amaramente i tempi delle scuole medie, per un fatto accaduto quando usava la carrozzina per andare in classe. Che scuola ha fatto Bebe Vio dopo le medie e qual è questo ricordo amaro che non riesce a dimenticare?
Che scuola ha fatto Bebe Vio
Bebe Vio è una forza della natura: quello che vuole raggiungere lo ottiene sempre, anche se questo vuol dire lavorare sodo, fare tanta fatica e magari mettere in conto qualche sacrificio. Così è per lei nello sport, ambito nel quale ha vinto medaglie olimpiche, mondiali ed europee, e anche nella vita privata. Ha avuto l’onore di essere definita come “un esempio di resilienza” da Ursula Van Der Leyen, presidente della Commissione Europea, che l’ha chiamata a Strasburgo a parlare alla sua generazione e a ispirarla. Ma anche di essere accolta da Barack Obama con il quale ha scattato un selfie non previsto dal protocollo.
Anche a scuola è sempre stata determinata. Nonostante la sua disabilità e anche in seguito ai successi in ambito sportivo, non ha mai lasciato gli studi. Dopo aver ottenuto nel 2016 il diploma in “Arti Grafiche e Comunicazione”, presso l’Istituto San Marco della Gazzera di Venezia (con una tesina di Maturità dedicata ai Giochi Olimpici e ai loro colori), Bebe Vio si è laureata l’anno scorso in Comunicazione e Relazioni Internazionali alla John Cabot University di Roma.
Questo importante traguardo è stato celebrato dalla sportiva con un lungo post sui social: “Per tutte le notti prima degli esami. Per tutti gli accetto anche un 18. Per tutti i stavolta non so niente. Per tutti gli appunti presi (pochi). E tutti quelli chiesti (tanti). Per tutti i gruppi di studio in aula. In biblioteca. In casa. Al bar. Per tutte le domande che non erano nei libri. Per tutti gli spritz post esame. Per tutte le splendide persone che hanno segnato indelebilmente gli anni più belli della mia vita. Per tutti questi motivi è stato un percorso meraviglioso. E stasera è il caso di festeggiare alla grandissima con le persone che mi sono state vicine in questi 5 anni”.
Il triste ricordo di Bebe Vio sulla scuola
Il percorso scolastico di Bebe Vio non è stato privo di ostacoli, soprattutto da quando a 11 anni i medici le hanno dovuto amputare gli arti in seguito alle complicazioni di una meningite fulminante. La sua famiglia le è sempre stata accanto, ma non sempre sulla sua strada ha incontrato persone inclusive e comprensive. Come i genitori di alcuni suoi compagni delle medie. Non dimenticherà mai quello che hanno detto, come raccontato in una recente intervista a ‘Vanity Fair’.
Parlando della disabilità, la campionessa spiega che “fino poco fa era considerata una cosa brutta, nascosta. Anzi, poi, nella mentalità italiana, portava male. Alle medie addirittura dicevano ai bambini ‘Non ti sedere sulla carrozzina che poi sennò ci rimani‘. Adesso invece la disabilità sta diventando normalità e lo scopo è proprio di non considerare i disabili come supereroi ma come persone normali”.
Per fortuna per lei sin da ragazzina la carrozzina e le protesi sono state come un giocattolo . “Quello che sposta i pesi nella società è la cultura e purtroppo il suo contrario è l’ignoranza. Nel momento in cui c’è ignoranza, intesa non come offesa ma nel suo significato vero di non sapere qualcosa, hai paura di quella cosa perché non la conosci. Quando ero piccola i primi commenti che facevano sui di me se i bambini chiedevano ‘Mamma che cos’è?’, era ‘Non guardare!’. È sempre stata la cosa più brutta e sbagliata che potesse dire un genitore. Avrebbero dovuto dire ‘Vai lì e chiedi’ e adesso invece nei libri di scuola si parla di disabilità, negli sport olimpici le protesi sono una cosa estremamente normale, come le carrozzine. È normale dare una mano alla gente che passa per strada, è normale guardare ed è giusto guardare, è giusto chiedere perché solo la conoscenza ti fa passare la paura”.