
Dante Alighieri è nelle opere di Shakespeare? "Trovata la prova"
Una ricerca ha mostrato la "prova decisiva" che Shakespeare ebbe un collaboratore che conosceva e riversò idee dantesche nei sui drammi
Nel corso degli anni sono state fatte diverse ipotesi sulla possibilità che il più importante drammaturgo al mondo, William Shakespeare, abbia potuto trarre ispirazione dalle opere di Dante Alighieri. Ora un team di ricercatori ha scoperto la “prova decisiva” della connessione tra i due grazie a un collaboratore del poeta inglese.
La prova su Dante nelle opere di Shakespeare
L’oggetto che ha permesso di dimostrare il legame tra Dante e Shakespeare è un libro dello scrittore fiorentino del 1564, appena riscoperto alla British Library. Il volume mostra che il drammaturgo inglese ebbe un collaboratore che conosceva l’italiano “e che nei suoi drammi riversò citazioni e idee dantesche”.
A sostenere questa tesi è la coppia Monaldi & Sorti, autori della trilogia Dante di Shakespeare, pubblicata in Italia tra il 2021 e il 2024 e ora in via di pubblicazione anche in inglese.
“In un articolo – hanno raccontato Monaldi&Sorti in alcune dichiarazioni riportate da ANSA – appena uscito sul portale accademico Zenodo, una studiosa dell’Università dell’Insubria, Marianna Iannaccone, ha pubblicato le immagini di un esemplare cinquecentesco della Divina Commedia da lei rinvenuto alla British Library di Londra”.
Si tratta di una edizione della Commedia del 1564, con sottolineature e annotazioni, di cui una perizia grafologica adesso ha identificato l’autore, l’erudito elisabettiano John Florio (1552-1625), londinese come la madre, ma di padre fiorentino.
Raffinato linguista e traduttore, che aveva tradotto tra l’altro il Decamerone di Boccaccio e i Saggi di Montaigne, è stato notato che diversi termini da lui illustrati si ritrovano puntualmente in Shakespeare. Alcuni sospettano che Florio sia stato un ghostwriter dell’autore di Amleto. Per Monaldi&Sorti l’edizione della British Library, identificata dalla Iannaccone, rappresenta adesso una “svolta decisiva”.
Il commento dei ricercatori su Dante e Shakespeare
Il metodo proposto da Monaldi & Sorti di usare Dante Alighieri come “cartina di tornasole” per indagare sull’identità di Shakespeare ha dato buoni risultati tanto che il presidente dello Shakesperean Authorship Trust (Sat), l’anglista William Leahy, decano del Mary Immaculate College, si è pronunciato a favore invitando gli autori a pubblicare contenuti e indagare su Dante fonte di Shakespeare.
“Avendo passato anni a raccontare Dante e le sue visioni dell’aldilà, usando le parole di Shakespeare, appena viste le foto della Commedia della British Library ci siamo resi immediatamente conto dell’importanza capitale che questa scoperta ha per il mistero Shakespeare”, ha spiegato il team Monaldi&Sorti.
“Sono letteralmente decine i passi danteschi, accuratamente evidenziati e commentati nella sua Divina Commedia da John Florio, che si ritrovano nelle opere attribuite al genio di Stratford. È stata un’emozione scoprire – hanno aggiunto – che tante scene dantesche le avevamo noi stessi narrate”.
Tra gli esempi citati da Monaldi&Storti, i due autori hanno spiegato: “Abbiamo raccontato i rimorsi di Dante per la rivalità che provava verso il suo scomparso amico Guido Cavalcanti, accennata anche nel canto XI del Purgatorio, usando le parole dell’Enrico IV, Parte Seconda. Uno schema pressoché identico in Dante e in Shakespeare: Enrico succede a Riccardo II, provoca la sua morte ma poi è aggredito dai rimorsi. Esattamente come Dante, che succede nel primato poetico a Guido, e ne causa la morte inviandolo in esilio (il poeta era priore di Firenze), dove Guido è ucciso dalla malaria”.
L’invito a cercare altre prove in diversi autori
Finora si conosceva bene solo un caso di “trasmissione” tra Dante, Florio e Shakespeare: il famoso neologismo dantesco ‘incielare‘ (collocare in Cielo), anch’esso tra le molteplici sottolineature nella Commedia di Florio identificata dalla Iannaccone.
I ricercatori però hanno evidenziato come nelle opere di Shakespeare vi siano anche molti passi danteschi che non sono stati sottolineati da Florio. Da qui è sorto il sospetto che altri autori conoscessero Dante, come Christopher Marlowe, già indicato come possibile alter ego del Bardo, che nel suo Doctor Faustus, “attinse dall’Inferno dantesco a piene mani”.
L’invito del team Monaldi&Sorti ai ricercatori è perciò quello di cercare “gli esemplari della Divina Commedia appartenuti agli altri ‘indiziati’. Bacone, Marlowe, Sidney o De Vere non erano come lo Shakespeare ‘storico’, che morì senza lasciare neppure un libro: conoscevano Dante, perché riutilizzarono i suoi scritti, ed erano dotti o benestanti. Ciò che è sicuro, è che adesso abbiamo un nuovo criterio per stabilire chi ha collaborato alle opere di Shakespeare, e questo criterio si chiama Dante”.