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Il Premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi Fonte foto: Ipa

Perché la fisica non è più la materia che si studiava a scuola

Secondo il Premio Nobel Parisi la fisica "vissuta" da chi ci lavora ogni giorno non è più quella che si studiava una volta nei libri di testo

Patrizia Chimera

Patrizia Chimera

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Giornalista pubblicista, è appassionata di sostenibilità e cultura. Dopo la laurea in scienze della comunicazione ha collaborato con grandi gruppi editoriali e agenzie di comunicazione specializzandosi nella scrittura di articoli sul mondo scolastico.

La fisica di cui si occupano oggi gli scienziati che vengono anche insigniti di importanti riconoscimenti, come il Nobel, non è più la materia che si studiava a scuola. Parola di Giorgio Parisi. Il fisico italiano, che ha ottenuto il suo Nobel nel 2021, è intervenuto per parlare in merito all’assegnazione annuale di questo importante premio, andato a John Hopfield e Geoffrey Hinton per i loro studi sull’intelligenza artificiale. E ha voluto spiegare cosa studiano oggi nel suo campo.

Parisi, la fisica non è quella che si studiava a scuola

In un’intervista rilasciata al quotidiano ‘La Repubblica’, il Premio Nobel italiano ha raccontato che oggi la fisica con cui lavorano lui e i suoi colleghi non è assolutamente quella che si studiava a scuola.

Le sue parole: “La nostra disciplina, da 50 anni a questa parte, si interessa a tantissime cose che non sono la fisica tradizionale. Lo stesso Hopfield, prima di dedicarsi alle reti neurali, si era occupato del trasferimento delle informazioni necessarie alla sintesi delle proteine, di semiconduttori e superconduttività in certi metalli. Penso che, sia con il premio dato a me nel 2021 che con quello di ieri, l’Accademia delle Scienze abbia voluto prestare attenzione a queste diramazioni della fisica in campi emergenti”.

Anche Parisi si è occupato degli studi sulle reti neurali

Nell’intervista Giorgio Parisi spiega che si aspettava l’assegnazione del Nobel 2024 per la Fisica: “Prima di ricevere il Nobel nel 2021, quando pensavo a una eventuale assegnazione del premio per i miei studi, immaginavo che magari l’avrei preso insieme a John Hopfield“.

Il fisico italiano non ha mai incontrato il collega statunitense, che ha ricevuto il premio insieme all’inglese Geoffrey Hinton. Conosce bene, però, gli studi sulle reti neurali. “Nella prima metà degli anni Ottanta c’era tutta una comunità di fisici che si occupava di queste cose: alcuni studiavano di più i vetri di spin, altri i modelli di reti neurali. Ma c’era un continuo scambio di idee. Io stesso ho fatto quattro o cinque pubblicazioni sulle reti neurali”, ha dichiarato.

Le scoperte dei Premi Nobel per la Fisica 2024 spiegate da Parisi

Lo scienziato, che ha scritto anche un libro di fiabe per raccontare ai bambini i misteri dell’Universo, ha spiegato perché i due colleghi sono stati insigniti di questa onorificenza: “Questi due scienziati hanno incominciato a prendere esempio da come funziona il cervello umano per fare con i computer cose un po’ più intelligenti di quelle che si facevano prima. Tutti i progressi conseguiti negli ultimi vent’anni nel campo dell’intelligenza artificiale prendono spunto dai lavori di Hopfield e Hinton sulle reti neurali artificiali”.

Nel dettaglio, “Hopfield ha costruito un modello di memoria associativa, come quando non ricordi una persona, ma appena vedi una parte del volto ti torna in mente tutta la sua fisionomia. Successivamente Hinton ha cominciato a concepire modelli di reti neurali profonde, che oggi sono usate per analizzare grandi quantità di dati”.

In merito alle paure derivanti dall’uso sempre più intenso che facciamo dell’intelligenza artificiale, Giorgio Parisi non è affatto preoccupato: “Si tratta di strumenti importanti, così come lo è stata la stampa a caratteri mobili, che ha cambiato il mondo. Ma c’è stato bisogno di normarla. Allo stesso modo si dovrà normare l’intelligenza artificiale”.

Per chi teme che le macchine possano prendere il sopravvento sugli esseri umani diventando “troppo intelligenti”, lui ha una risposta: “Dipende da cosa si intende per intelligenza. Se la misuriamo in base a quante operazioni al secondo riusciamo a fare, allora già oggi le macchine sono molto più intelligenti. Negli ultimi anni hanno anche imparato a leggere e a riassumere ciò che hanno letto, facendo dei collegamenti. Può essere molto utile, ma siamo comunque lontani dall’intelligenza umana. Per esempio, in una cosa veramente intelligente come la guida autonoma i progressi ci sono, ma assai lenti”.

I limiti dell’AI al momento sono tanti, perché i modelli si basano sul linguaggio, ma alcune esperienze, come guidare la macchina, non si limita a questo, come ha ben spiegato nell’intervista lo studioso italiano: “Devi farti un modello del mondo esterno e poi usare i dati acquisiti per prendere decisioni. E i modelli basati sul linguaggio non capiscono bene il mondo fisico, perché non ne hanno esperienza. A San Francisco i robot taxi sono stati mandati in tilt da persone che indossavano t-shirt su cui era stampato un divieto di transito: le auto a guida autonoma li hanno scambiati per segnaletica stradale. Qualunque essere umano avrebbe capito la differenza tra una maglietta e un cartello”.