Scuole al freddo da Roma ad Aosta: cosa sta succedendo (e perché)
In molte scuole manca il riscaldamento e nelle aule è quasi impossibile fare lezione. In quali città ci sono le maggiori difficoltà e come risolverle
Nelle scuole gli studenti hanno freddo, nonostante non sia ancora arrivato l’inverno, perché in molti istituti manca o non funziona bene il sistema di riscaldamento. L’allarme arriva da Nord a Sud, da Aosta fino a Enna: in diverse aule non si riuscirebbe proprio a fare lezione. I presidi lamentano che “ogni anno è sempre peggio” e servono fondi per gli interventi sul sistema di riscaldamento.
Quali scuole sono al freddo
Tra le città dove si registrano maggiori difficoltà, come riporta Il Fatto Quotidiano, a Roma da giorni quarantacinque istituti nei Municipi II, IV, V e VII si trovano al freddo; a Pescia la preside del “Sismondi-Pacinotti” ha sospeso le lezioni mentre ad Aosta l’impianto della scuola di via Festaz nei giorni scorsi non è partito.
Gli studenti del comprensivo di Frignano, nel plesso di piazza Mazzini che ospita la scuola media e materna, sarebbero costretti ad ascoltare i docenti con la coperta. Il sistema di riscaldamento non è ancora operativo neanche a Cologno Monzese al “Da Vinci” e a Enna alla primaria “Santa Chiara”.
Perché gli istituti scolastici sono senza riscaldamento
Secondo Paola Bortoletto, la presidente nazionale dell’Associazione dirigenti scolastici, si sta pagando “il fatto di avere molte scuole in edifici storici dov’è difficile fare manutenzione agli impianti e dove manca anche l’efficientamento energetico”. E negli istituti mancherebbero i fondi per interventi di manutenzione e riqualificazione del sistema di riscaldamento.
Secondo i dati di Cittadinanzattiva e di Legambiente su 6.217 sedi scolastiche prese in considerazione, 767 hanno indicato di non avere impianti di riscaldamento. La tipologia più diffusa è il sistema centralizzato a metano, presente nel 68% delle scuole, anche se il dato in alcune regioni, supera l’80% come nelle Marche, in Abruzzo, in Basilicata, in Veneto, in Molise e in Toscana. Quello a gasolio è presente nell’11% delle sedi anche se la percentuale risulta maggiore in tre regioni: Sardegna con il 54,1%, Valle d’Aosta con il 32,6% e Sicilia con il 24,9%.
Quali sono gli interventi previsti e quanti ne servirebbero
Il Pnrr, piano nazionale di ripresa e resilienza, prevede interventi di riqualificazione energetica delle scuole che sicuramente riguarderanno 166 nuove scuole e probabilmente una parte delle 2.100 da riqualificare. Ma quanto messo in campo non basta a risolvere la situazione dell’intero patrimonio edilizio scolastico.
Per Cittadinanzattiva “abbattere i costi delle spese di riscaldamento nelle scuole, come per tutti gli edifici pubblici e privati, rappresenta una necessità non più rinviabile. È dunque fondamentale investire su impianti solari, sulle comunità energetiche, in una parola sulla transizione ecologica”.
Legambiente sottolinea che, negli ultimi cinque anni, solo il 12,7% degli edifici scolastici a livello nazionale avrebbe beneficiato di interventi per l’efficientamento energetico. Nel 41,6% dei casi sono stati installati i doppi vetri e/o serramenti, il 26,1% ha riguardato l’isolamento delle coperture, poi ci sono stati lavori di sostituzione del sistema d’illuminazione e delle caldaie a gas tradizionali con quelle a condensazione, d’isolamento delle pareti e progetti di riqualificazione complessiva. In ogni caso su 6.343 edifici oggetto dell’indagine, solo il 30,7% risulta disporre di certificazione energetica.
Tra questi solo il 5,4% risulta essere in classe A (la più efficiente), mentre il 33,2% è fermo in classe G (la meno efficiente). Secondo Claudia Cappelletti, responsabile scuola di Legambiente, “nemmeno i fondi Pnrr serviranno a dare una svolta perché si tratta di investimenti frammentari” perché “ci sono enti che magari cambiano gli infissi di un edificio ma non si occupano di realizzare il cappotto termico, così come c’è chi installa impianti fotovoltaici su palazzi colabrodo. Se la scuola non è efficientata a 360 gradi i costi aumentano”. Per risolvere definitivamente la situazione, per le associazioni, servirebbero progetti di riqualificazione generale degli edifici e non singoli interventi in sedi che necessitano di una ben più ampia ristrutturazione.