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Il mito della biga alata di Platone: analisi e racconto

Andrea Bosio

Andrea Bosio

INSEGNANTE DI FILOSOFIA E STORIA

Nato a Genova, è cresciuto a Savona. Si è laureato in Scienze storiche presso l’Università di Genova, occupandosi di storia della comunicazione scientifica e di storia della Chiesa. È dottorando presso la Facoltà valdese di teologia. Per Effatà editrice, ha pubblicato il volume Giovani Minzoni terra incognita.

Il mito della biga alata è una delle più celebri allegorie di Platone, esposta nel Fedro, un dialogo che affronta temi legati all’amore, all’anima e al suo rapporto con la conoscenza. In questa narrazione simbolica, Platone descrive l’anima come una biga trainata da due cavalli alati, ciascuno dei quali rappresenta un aspetto diverso della natura umana. La biga è guidata da un auriga, che simboleggia la ragione. Questo mito riflette la visione platonica del conflitto interiore tra le forze irrazionali e quelle razionali, e la lotta costante per mantenere l’anima orientata verso il mondo delle idee e della verità.

Il mito della biga alata: il racconto

Il mito della biga alata inizia con la descrizione dell’anima come una biga trainata da due cavalli alati, uno bianco e uno nero. L’auriga, che tiene le redini, rappresenta la parte razionale dell’anima, il logos, la capacità di discernere e di guidare l’anima verso la verità. Il cavallo bianco simboleggia la parte nobile e virtuosa dell’anima, che è incline a seguire la ragione e aspira alle cose elevate, come l’onore e la saggezza. È disciplinato, obbediente e desidera raggiungere il mondo delle idee.

Il cavallo nero, invece, rappresenta le passioni più basse e irrazionali. È difficile da controllare, impulsivo, mosso dal desiderio e dall’istinto. È incline a cercare piaceri immediati e materiali, senza preoccuparsi delle conseguenze. Questo cavallo tende a tirare la biga verso il basso, verso il mondo sensibile, lontano dalla contemplazione delle idee.

L’auriga si trova così a gestire una situazione complessa: deve controllare e bilanciare le due forze opposte rappresentate dai cavalli. Quando riesce a mantenere il controllo su entrambi, l’anima può elevarsi verso l’iperuranio, il regno delle idee, dove dimora la verità eterna. Qui l’anima contempla il bene, il bello e il giusto, accedendo a una conoscenza pura e immutabile. Tuttavia, se l’auriga perde il controllo, soprattutto a causa delle forze irrazionali del cavallo nero, l’anima cade verso il mondo materiale, allontanandosi dalla verità.

Platone descrive un ciclo cosmico nel quale l’anima si muove tra il mondo delle idee e il mondo sensibile. Le anime che riescono a mantenere il controllo dei cavalli possono restare nel regno delle idee, mentre quelle che falliscono sono destinate a reincarnarsi in corpi umani e a lottare nuovamente per raggiungere la conoscenza. La reincarnazione, secondo Platone, è una conseguenza dell’incapacità dell’anima di mantenere l’equilibrio tra la ragione e le passioni.

L’auriga, dunque, è costantemente impegnato in una battaglia per guidare l’anima verso la sua vera natura, che è quella di contemplare il mondo delle idee. Solo con un dominio completo su entrambe le componenti dell’anima, razionale e irrazionale, l’anima può raggiungere l’illuminazione e la salvezza.

Il mito della biga alata: la spiegazione

L’allegoria della biga alata offre una profonda riflessione sulla natura dell’anima umana e il suo rapporto con il mondo sensibile e il mondo intelligibile. Platone concepisce l’anima come un’entità complessa, composta da parti in conflitto tra loro: la ragione, rappresentata dall’auriga, e le due forze emotive e desiderative, simboleggiate dai due cavalli. Questa visione dell’anima si ricollega alla concezione platonica dell’anima tripartita, già esposta nella Repubblica, dove Platone identifica tre componenti dell’anima: il logos (la ragione), il thymos (la parte emotiva) e l’epithymia (i desideri).

Nel mito della biga alata, il cavallo bianco incarna il thymos, la parte dell’anima legata al coraggio, alla dignità e alla volontà di aspirare a ciò che è nobile. Il cavallo nero, invece, rappresenta l’epithymia, i desideri più bassi, le passioni legate ai piaceri sensibili e alle tentazioni del mondo materiale. L’auriga, cioè il logos, ha il compito di governare entrambe queste forze, mantenendo un equilibrio tra le emozioni e i desideri, in modo che l’anima possa seguire il cammino verso la verità.

Il mito illustra la lotta interiore che ogni individuo sperimenta: da un lato, siamo attratti da ideali elevati, dalla conoscenza e dalla giustizia, dall’altro, siamo tentati dai piaceri e dalle passioni terrene. Il cavallo nero rappresenta la forza di queste passioni, che possono distogliere l’anima dal suo vero scopo e trascinarla nel mondo delle illusioni e del cambiamento, allontanandola dalla contemplazione del mondo delle idee.

Tuttavia, Platone non demonizza completamente le passioni. Il cavallo nero, pur rappresentando i desideri e le pulsioni più basse, è parte integrante dell’anima. Il problema non è l’esistenza delle passioni, ma il loro dominio sulla ragione. L’equilibrio tra ragione e desiderio è fondamentale: solo quando l’auriga è in grado di guidare la biga senza farsi sopraffare dal cavallo nero, l’anima può elevarsi verso il mondo delle idee.

Questo mito riflette anche l’importanza della filosofia nella visione platonica. Per Platone, solo attraverso la filosofia l’anima può raggiungere la conoscenza autentica, quella delle idee. La filosofia aiuta l’anima a dominare le passioni e a orientarsi verso il bene supremo. La ricerca filosofica è il mezzo attraverso il quale l’auriga può imparare a guidare correttamente la biga e a resistere alle tentazioni del mondo materiale.

Un altro aspetto importante dell’allegoria è la descrizione dell’iperuranio, il regno delle idee. Per Platone, le idee sono entità eterne e immutabili, che rappresentano la vera realtà. Il mondo sensibile, al contrario, è un riflesso imperfetto e mutevole delle idee, e l’anima, per sua natura, aspira a contemplare queste verità eterne. L’elevazione verso l’iperuranio è il fine ultimo dell’anima, ma questo processo richiede uno sforzo costante per mantenere il controllo delle proprie passioni e desideri.

L’allegoria della biga alata è dunque una riflessione sulla condizione umana e sulla difficoltà di mantenere un equilibrio tra la parte razionale e quella emotiva dell’anima. La vera virtù, secondo Platone, consiste nella capacità di dominare le passioni senza reprimerle completamente, orientando l’anima verso il bene e la verità. Questo equilibrio è essenziale per raggiungere la felicità e la saggezza.