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La transizione al comunismo in Marx: una società senza classi

Durante questa fase è necessario che il partito governi con fermezza ed eserciti il potere dello Stato per prevenire la controrivoluzione

Silvia Pino

Silvia Pino

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Ho iniziato con le lingue straniere, ho continuato con la traduzione e poi con l’editoria. Sono stata catturata dalla critica del testo perché stregata dalle parole, dalla comunicazione per pura casualità. Leggo, indago e amo i giochi di parole. Poiché non era abbastanza ho iniziato a scrivere e non mi sono più fermata.

La dittatura del proletariato

Secondo Marx la dittatura del proletariato si verifica nel momento in cui la classe operaia prende in mano il potere politico: si tratta di uno stadio intermedio tra un’economia di mercato e un’economia pianificata, per cui lo Stato post-rivoluzionario si impadronisce dei mezzi di produzione, obbliga l’attuazione di elezioni dirette controllate dall’unico partito autorizzato al potere che rappresenta il proletariato e istituisce delegati eletti in consigli operai rappresentativi (i cosiddetti soviet) che, appunto, nazionalizzano la proprietà dei mezzi di produzione dalla proprietà privata a quella collettiva. Durante questa fase, in cui il potere proletario avrebbe avuto modo di agire liberamente nel riorganizzare i rapporti di proprietà e di produzione della società capitalista, con necessari interventi dispotici qualora la situazione lo avesse richiesto (dall’espropriazione della proprietà fondiaria alle requisizioni di siti produttivi o alla statalizzazione dei mezzi di produzione e del credito) secondo i dieci punti delineati nel “Manifesto del Partito Comunista del 2848” pubblicato da Marx e Engels, è necessario che la struttura organizzativa e amministrativa del partito governi con fermezza ed eserciti il potere dello Stato al fine di prevenire la controrivoluzione e di facilitare la transizione verso una società comunista duratura. Se il termine “dittatura” significa che l’apparato dello Stato abbia il pieno controllo dei mezzi di produzione, la pianificazione della produzione materiale serve invece a soddisfare i bisogni sociali ed economici della popolazione, come il diritto all’istruzione, i servizi sanitari e assistenziali e gli alloggi pubblici. Ad ogni modo, si tratta di una fase di “poteri straordinari” transitoria destinata a cessare non appena vengano raggiunte le condizioni necessarie per la gestione comunista della società: Marx ed Engels, tuttavia, non precisano la sua precisa durata, che potrebbe protrarsi anche per molti anni.

Una società senza classi né sfruttamento

La dittatura del proletariato, come detto, rappresenta una fase di transizione durante la quale il potere politico è detenuto dai lavoratori: ciò che inizia a configurarsi, pertanto, è la costruzione di una società senza classi, senza denaro, senza Stato e, soprattutto, senza sfruttamento dei lavoratori. Se Marx ed Engels utilizzano tale espressione in un testo del 1852, già due anni prima era stato coniato quello di “dittatura della classe operaia”, una sorta di parola d’ordine spontanea per i lavoratori in lotta durante i moti del 1848, che videro come unica possibilità di salvezza l’insurrezione armata contro la borghesia parigina, a seguito della quale instaurarono la propria dittatura di classe su quella esercitata dalla borghesia sul proletariato. La capitale francese tornò ad essere teatro di rivoluzioni 23 anni più tardi, con la Comune di Parigi, che venne soppressa dopo aver controllato la capitale per due mesi e che interessò particolarmente Marx, nella quale vide il primo esempio di dittatura del proletariato nella storia del mondo. Dopo anni di silenzio su questo episodio, tuttavia, Marx – ormai in età matura – operò un’analisi politica riguardo alle dinamiche concrete su come si sarebbe dovuta articolare la dittatura rivoluzionaria. Lo fece nel testo del 1871 “La guerra civile in Francia”, in cui evidenziò le caratteristiche fondamentali della Comune in relazione alla pratica concreta della dittatura del proletariato, ridefinita “democrazia proletaria”: nello specifico, l’abolizione dell’esercito permanente e organizzazione della milizia operaia, la soppressione del parlamentarismo e il passaggio alla democrazia diretta (con la creazione dell’assemblea dei delegati eletti a suffragio universale, retribuiti con salario operaio, direttamente responsabili del loro operato e revocabili in qualsiasi momento), la soppressione del privilegio burocratico e l’eliminazione di tutte le funzioni repressive e parassitarie dello Stato borghese. Tornò, quindi, nuovamente sul tema, probabilmente in modo ancor più incisivo, quattro anni più tardi con “Critica del Programma di Gotha”, dove criticò il programma del Partito operaio tedesco proprio riguardo la mancanza di attenzione sui processi di trasformazione rivoluzionari e sul futuro della società comunista.