Cesare Pavese: vita e opere dell'autore
In questa lezione approfondiremo la vita e le opere di Cesare Pavese, uno degli autori italiani più influenti del Novecento, che grazie alla sua prosa carica d’emozione si è imposto in Italia come uno degli autori più autorevoli del secolo.
Scopriremo il percorso intellettuale e creativo di Pavese, nonché il suo impatto sulla letteratura mondiale. Dal suo stile incisivo alle tematiche profonde che ha affrontato, ci immergeremo nell’universo di un autore che ha segnato indelebilmente il panorama letterario italiano.
- La vita di Cesare Pavese
- Lo stile letterario di Cesare Pavese
- La solitudine come tematica ricorrente: La casa in collina
- Il preannuncio della fine: Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
- Scherzi tra colleghi: il rapporto di Pavese con Giulio Einaudi
La vita di Cesare Pavese
Cesare Pavese è statouno dei più importanti autori di successo del Novecento. Nato come poeta, Pavese ha saputo spaziare lungo il corso dell’intera carriera, terminata con la vittoria del Premio Strega nel 1950 con la trilogia di racconti “La bella estate", pochi mesi prima del suicidio.
Nato nel 1908 nelle Langhe, le colline del Piemonte, Cesare Pavese fu l’ultimo di cinque figli; ancora fanciullo, perse tre fratelli e il padre. La fragilità e l’insicurezza che lo caratterizzarono per il resto della vita sono probabilmente dovuti a questo primo e torvo periodo.
Nonostante la sua insicurezza cronica, Pavese si dimostrò un brillante studente al Liceo Classico di Torino, dove ebbe per professore Augusto Monti, uomo illuminato e antifascista. Terminato il liceo, si iscrisse alla facoltà di Lettere, dove ebbe come compagni universitari personaggi come Giulio Einaudi e Leone Ginzburg, futuro marito di Natalia, e frequentò corsi di letteratura americana.
Lo studio di quest’ultima, che si discosta notevolmente dal tradizionalismo italiano, fu per lui fondamentale: di lì a pochi anni gli permise non soltanto di divenire un ottimo traduttore, ma di operare all’interno della casa editrice Einaudi come direttore editoriale, portando in Italia importanti successi statunitensi.
Disinteressato alla politica del suo tempo, Pavese prese le distanze dai suoi amici e contemporanei, attivisti nella lotta contro il fascismo. Lo scrittore faticò sempre a prendere una posizione e questo sarà per lui motivo di disagio. Gli eventi esterni lo spinsero a iscriversi al partito fascista prima e a quello comunista poi, non per convinzione personale, ma per utilità.
Il suo successo come scrittore crebbe parallelamente ai suoi tormenti privati e personali, al punto da determinarne la fine: il suo corpo venne ritrovato in una stanza d’albergo di Torino nel 1950. Lo scrittore si tolse la vita a soli 42 anni.
Lo stile letterario di Cesare Pavese
Cesare Pavese, uno degli autori più significativi della letteratura italiana del Novecento, ha lasciato un’impronta indelebile grazie al suo stile di scrittura inconfondibile e ai temi profondi e universali delle sue opere. La sua prosa, essenziale ma carica di lirismo, si distingue per la capacità di catturare le sfumature dell’esperienza umana, spesso attraverso una riflessione intima e malinconica sull’esistenza. La terra, il paesaggio del Piemonte, in particolare delle Langhe, diventa non solo una semplice ambientazione, ma assume un ruolo simbolico, rappresentando le radici, l’identità e l’inalterabilità del tempo.
Uno dei temi più ricorrenti nelle opere di Pavese è la solitudine dell’individuo, spesso espressa attraverso personaggi in conflitto con se stessi e con il mondo circostante. Questa sensazione di isolamento e alienazione è acuita dalla consapevolezza della fugacità della vita e dalla ricerca di un senso in un mondo apparentemente indifferente. L’amore, inteso sia come passione che come fonte di sofferenza, è un altro leitmotiv del suo lavoro, dove emerge la difficoltà di stabilire legami autentici e duraturi.
Pavese ha anche esplorato la tematica del ritorno e del ricordo, del confronto tra passato e presente, offrendo spunti di riflessione sull’inevitabilità del cambiamento e sulla difficoltà di accettarlo. La sua attenzione al sociale e alle tensioni politiche del suo tempo, in particolare l’esperienza della Resistenza e la difficile ricostruzione del dopoguerra, forniscono uno sfondo vibrante e complesso alle sue narrazioni.
In sintesi, la scrittura di Cesare Pavese si caratterizza per una profondità emotiva e una penetrante introspezione psicologica, capace di esplorare con sensibilità e acutezza le inquietudini dell’animo umano, rendendo le sue opere una testimonianza universale delle sfide, delle speranze e delle disillusioni dell’esistenza.
La solitudine come tematica ricorrente: La casa in collina
“Non sei mica fascista?" mi disse. Era seria e rideva. Le presi la mano e sbuffai.
“Lo siamo tutti, cara Cate" – dissi piano. “Se non lo fossimo, dovremmo rivoltarci, tirare bombe, rischiare la pelle. Chi lascia fare e s’accontenta, è già un fascista."
La casa in collina (1947) è un romanzo carico di vergogna e umiliazione: Pavese ha mancato l’appuntamento con la storia, rinunciando a prendere parte alla lotta partigiana del dopoguerra. Il protagonista dell’opera risente del suo stesso senso di colpa. È un uomo sfuggente, vittima della propria solitudine e della tendenza a fuggire dai rapporti, caratteri che rivedremo anche in Anguilla, ne La luna e il falò.
Quello di Pavese è un modo anomalo di raccontare la guerra, opposto all’approccio attivista di Beppe Fenoglio. Lo scrittore trasferisce nei suoi personaggi il proprio personale dilemma tra reticenza e attivismo civile, tra solitudine e impegno.
Il preannuncio della fine: Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
Proprio nell’anno conclusivo della sua vita, Pavese compone dieci poesie: otto in italiano e due in lingua inglese, pubblicate postume nella raccolta Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1951). Come un cerchio, dunque, l’attività di scrittura dell’autore inizia e termina con la poesia.
Per l’occasione Pavese torna alla tradizione: la poesia-racconto cede il passo alla lirica amorosa, attraverso la tematica della disperazione d’amore e le scelte metrico-formali più conservative.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi è anche il titolo di una poesia interna alla raccolta. Il testo sviluppa la riflessione del poeta sull’ennesima delusione amorosa, che chiude ogni speranza futura, quasi prefigurando il suicidio di Pavese. La poesia procede per immagini di incomunicabilità e silenzio, che riflettono l’assenza di fiducia per un futuro lontano dall’amata.
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Scherzi tra colleghi: il rapporto di Pavese con Giulio Einaudi
La collaborazione di Pavese con la casa editrice Einaudi ha inizio già dai primi anni Trenta. Cesare Pavese non è soltanto uno degli scrittori di punta dell’azienda, con la quale ha pubblicato Paesi tuoi (1941), ma in seguito ne diventa direttore editoriale.
Di recente la diffusione sui social network di una lettera che Pavese avrebbe indirizzato al suo stesso capo, Giulio Einaudi, ha creato grande sgomento sul web. Come puoi notare leggendo il testo presentato, nella lettera Pavese si sarebbe lamentato dello “sfruttamento integrale" dei dipendenti della casa editrice, accusando Einaudi di avergli offerto come anticipo al suo lavoro soltanto sei pessimi sigari.
Che si tratti di una reazione allo sfruttamento del lavoro intellettuale? Tutt’altro, è una vera e propria fake news. Questa lettera scherzosa è piuttosto la risposta a un simil-contratto che lo stesso Einaudi aveva indirizzato a Pavese, permettendosi di ironizzare sull’ipotetica ricompensa monetaria di un lavoro, data la confidenza che esisteva tra i due.
Mappa mentale su Cesare Pavese: vita e opere
Nato come poeta, la carriera autoriale inizia per Pavese nel 1936, con la pubblicazione della raccolta di poesie Lavorare stanca. In un periodo in cui il gusto e l’espressione poetica propendevano per l’incisività ermetica, Pavese va controcorrente: imbevuto di cultura americana realizza una poesia narrativa, fatta di versi più lunghi rispetto al canonico endecasillabo. Forse è questo il motivo per cui l’opera non ottiene il successo sperato, se non nel dopoguerra.
Dopo questa prima incursione nella poesia, Pavese si rivolge alla prosa. Cambia l’aspetto, ma non la sostanza: le tematiche trattate prima compaiono anche nella nuova forma stilistica. L’autore procede per coppie di opposti: campagna e città, evasione e impegno politico, individualismo e vita sociale. Se la città rappresenta la vita adulta e la solitudine, la campagna è un luogo in cui è possibile ritrovarsi.
Paesi tuoi (1941) è il libro con cui esordisce come narratore, presentando le prime caratteristiche di quello che, nel secondo dopoguerra, sarà riconosciuto come filone letterario del neorealismo. Le sue descrizioni crude e violente rappresentano una realtà che si confonde con il mito.
Ma l’opera più completa di Pavese, il diario di bordo che dal 1935 lo accompagnerà fino alla morte, è Il mestiere di vivere, un vero e proprio laboratorio di riflessioni, in cui sono ripresi tutti i temi principali della poetica pavesiana, tra cui la solitudine che tormenta l’animo dei suoi protagonisti, come il proprio.
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