Salta al contenuto

Giuseppe Ungaretti: San Martino del Carso analisi e commento

Si tratta di una delle più famose poesie dell’autore, che nella descrizione del paese raso al suolo dagli austriaci e dei corpi straziati dei suoi compagni, denuncia gli orrori della Guerra

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

San Martino del Carso è una delle poesie più famose di Giuseppe Ungaretti, inserita inizialmente nella sua prima raccolta “Il Porto Sepolto” e successivamente nel volume “L’Allegria”.

Ungaretti compose la poesia il 27 agosto del 1916 sul Valloncello dell’Albero Isolato, un percorso fortificato nei pressi del fronte Goriziano di San Martino del Carso, che conduceva le truppe italiane alla Cima Quattro del monte San Michele, descrivendo quel che restava di San Martino, piccola frazione friulana, simbolo della resistenza contro l’Impero austro-ungarico e raso al suolo durante la prima guerra mondiale.

La poesia

“Di queste case

non è rimasto

che qualche

brandello di muro

Di tanti

che mi corrispondevano

non è rimasto

neppure tanto

Ma nel cuore

nessuna croce manca

È il mio cuore

il paese più straziato”

Analisi

Ungaretti mette a confronto la devastazione di San Martino, ridotta ad un cumulo di macerie, e la scomparsa dei propri cari, dei quai “non è rimasto neppure tanto”. Affetti cancellati dalla guerra, ma che per sempre resteranno un pesante fardello nel cuore del poeta, sotto forma di perenne, dolorosa memoria.

Il linguaggio utilizzato da Ungaretti, essenziale e diretto a livello di comprensibilità, è in realtà studiato e ricercato. La forza espressiva di questa poesia si esprime infatti attraverso la precisa scelta del lessico, ogni singola parola assume in questo modo un forte significato evocativo dei sentimenti provati dall’autore, che non sono espressamente svelati, ma che vengono comunicati tramite la doppia analogia tra le case del paese rase al suolo e i tanti cari scomparsi, che passa attraverso il termine adottato per descrivere le abitazioni distrutte, ridotte a “brandelli”, come i corpi dei suoi compagni, cannoneggiati dagli austriaci, e dei cui corpi straziati è rimasto ben poco. Un’immagine devastante nel suo essere così cruenta, che travalica i confini ben definiti del paese di San Martino, per precipitare il lettore nell’alienante realtà della guerra, che nel petto lascia tante croci quanti sono i dolorosi ricordi che porterà in quel che resta del suo cuore.

M’illumino d’immenso, spiegazione della poesia di Ungaretti

Commento

È dunque l’immane tragedia della Prima Guerra Mondiale e la disperante esperienza dell’Ungaretti al fronte ad ispirare “San Martino del Carso”, come buona parte della lirica del poeta di Alessandria d’Egitto. L’orrore del conflitto bellico è reso attraverso immagini dal grande impatto, la desolazione di un paese del quale è rimasto in piedi giusto qualche muro e la terrificante immagine dei soldati trucidati. Un’esperienza devastante e una disperazione che il poeta interiorizza a tal punto da sovrapporre il suo cuore straziato alla San Martino disintegrata e che ripropone al lettore senza alcun tipo di fronzolo o tentazione stilistica. L’essenzialità della descrizione del baratro che sta ingoiando l’umanità rappresenta l’infinita pena provata dal poeta e non necessità di descrizioni accessorie.