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Tacito orror di solitaria selva: testo, analisi e spiegazione

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

Vittorio Alfieri, una delle voci più profonde e intense della letteratura italiana del XVIII secolo, ha dedicato la sua produzione a un’esplorazione delle grandi tensioni dell’animo umano e del rapporto con la società. Tra i suoi componimenti poetici, il sonetto “Tacito orror di solitaria selva” spicca per la capacità di evocare un’intimità profonda e malinconica, trasformando la natura in un rifugio spirituale. Questo testo, composto nel 1786, rappresenta una riflessione sul bisogno di isolamento come forma di rigenerazione dell’anima, lontano dalle contraddizioni e dall’oppressione del mondo.

Tacito orror di solitaria selva: il testo del sonetto di Alfieri

Tacito orror di solitaria selva
di sì dolce tristezza il cor mi bea,
che in essa al par di me non si ricrea
tra’ i figli suoi nessuna orrida belva.

E quanto addentro più il mio piè s’inselva,
tanto più calma e gioia in me si crea;
onde membrando com’io là godea,
spesso mia mente poscia si rinselva.

Non ch’io gli uomini abborra, e che in me stesso
mende non vegga, e più che in altri assai;
né ch’io mi creda al buon sentier più appresso:

ma non mi piacque il vil mio secol mai:
e dal pesante regal giogo oppresso,
sol nei deserti tacciono i miei guai.

Tacito orror di solitaria selva: contesto e significato

Composto il 16 agosto 1786, il sonetto “Tacito orror di solitaria selva” appartiene alle Rime di Vittorio Alfieri, un corpus poetico che rappresenta il culmine della sua riflessione sulla condizione umana e sul rapporto tra individuo e società. Scritto durante il suo secondo soggiorno in Alsazia, in un periodo di forte isolamento personale e spirituale, il sonetto incarna il disagio del poeta verso il suo tempo.

L’opera si colloca in un contesto storico dominato dall’assolutismo monarchico, che Alfieri percepisce come oppressivo e nemico della libertà. La “solitaria selva” diventa quindi un luogo simbolico, dove il poeta può sfuggire alle ingiustizie del “regal giogo” e cercare una forma di pace interiore. Non è un isolamento dettato dalla misanthropia, come lo stesso Alfieri chiarisce, ma una risposta alla mediocrità e alla corruzione del mondo esterno.

Il significato del sonetto risiede nella contrapposizione tra la natura, vista come un luogo di autenticità e armonia, e la società, descritta come uno spazio di sofferenza e oppressione. Alfieri celebra la selva come un rifugio spirituale, dove i suoi “guai” possono finalmente tacere, lontano dai rumori e dalle contraddizioni del “vil secol”. Questa fuga non è però una rinuncia alla vita, ma una ricerca di uno spazio in cui l’anima possa trovare un nuovo equilibrio.

Tacito orror di solitaria selva: analisi e figure retoriche

Dal punto di vista formale, “Tacito orror di solitaria selva” segue lo schema ABBA ABBA CDC DCD, tipico del sonetto italiano, con un linguaggio fortemente evocativo e simbolico. La struttura delle due quartine introduce il tema dell’isolamento nella natura, mentre le due terzine ne spiegano le motivazioni personali e storiche.

La prima quartina si apre con l’ossimoro “tacito orror”, che mescola l’idea di paura con il silenzio rasserenante della selva. Al verso 2, l’espressione “dolce tristezza” rafforza questa ambiguità emotiva, mentre l’anastrofe “di sì dolce tristezza il cor mi bea” pone l’accento sull’intensità del sentimento. L’allitterazione del suono “s” in “solitaria selva” e “s’inselva” crea una musicalità che richiama il silenzio e la calma del bosco.

Le terzine si caratterizzano per un tono più argomentativo. Al verso 9, la litote “Non ch’io gli uomini abborra” smentisce qualsiasi idea di odio per l’umanità, mentre la metafora “pesante regal giogo” rappresenta il peso dell’oppressione politica. Questo simbolo è centrale nella poetica alfieriana, poiché riflette la sua continua ricerca di libertà e la sua denuncia delle dinamiche tiranniche.

L’uso di immagini come il “deserto” e la “selva” crea un contrasto tra la serenità del mondo naturale e il caos della vita pubblica. La figura etimologica tra “selva” e “s’inselva” sottolinea l’idea di immersione e fusione tra il poeta e la natura. Infine, il ricorso all’enjambement, come tra i versi 3 e 4, conferisce al testo un ritmo fluido che richiama il movimento interiore del poeta, in sintonia con il paesaggio descritto.

In questo sonetto, la selva non è solo un luogo fisico, ma diventa una metafora universale della fuga dalle contraddizioni del mondo e della ricerca di un rifugio per l’anima. La sua funzione catartica è evidenziata dalla ripetizione del verbo “s’inselva”, che trasforma l’immersione nella natura in un processo di rigenerazione interiore.

“Tacito orror di solitaria selva” è un esempio straordinario della capacità di Vittorio Alfieri di intrecciare introspezione personale e riflessione sociale. Attraverso l’uso di un linguaggio denso di immagini e figure retoriche, il poeta trasforma la solitudine in un valore, contrapponendola alla decadenza morale e politica del suo tempo. La selva diventa così il simbolo di una libertà autentica, lontana dalla corruzione del “vil secol”, un luogo in cui il poeta può ritrovare se stesso e tacitare i suoi “guai”. Questo sonetto rimane una testimonianza della profondità della visione alfieriana, capace di trasformare l’isolamento in un atto di resistenza e rigenerazione.