Le tre fiere di Dante: significato e simbolismo
Nel primo canto dell’Inferno della Divina Commedia, Dante Alighieri descrive l’incontro con tre animali simbolici: la lonza, il leone e la lupa. Queste figure, note come le “tre fiere”, ostacolano il cammino del poeta verso la salvezza, rappresentando ostacoli morali e spirituali che l’uomo deve affrontare nel percorso di redenzione.
- La lonza: simbolo di lussuria
- Il leone: emblema della superbia
- La lupa: incarnazione dell'avidità
- Interpretazioni alternative delle tre fiere
- Simbolismo politico delle tre fiere
- Il ruolo delle fiere nel cammino di Dante
- Virgilio: la guida attraverso le tenebre
- Il colle illuminato dal sole: simbolo della salvezza
- La struttura narrativa e simbolica del primo canto
- Dalla selva all’Inferno: inizio del viaggio redentivo
La lonza: simbolo di lussuria
La lonza è il primo animale che Dante incontra. Descritta come una creatura agile ed elegante, la lonza è tradizionalmente interpretata come simbolo della lussuria. Secondo i bestiari medievali, questo animale era noto per essere sempre in calore, rappresentando così il desiderio incontrollato e la passione sfrenata. Inoltre, alcuni documenti storici riportano che nel 1285 il Comune di Firenze teneva una lonza in gabbia, suggerendo un possibile legame tra l’animale e la città natale di Dante. Questo potrebbe indicare una critica alle tendenze lussuriose e decadenti della società fiorentina del tempo.
Il leone: emblema della superbia
Successivamente, Dante si imbatte in un maestoso leone. Questo animale, con la sua imponenza e fierezza, incarna la superbia. Nella simbologia tradizionale, il leone rappresenta l’orgoglio e l’arroganza, caratteristiche che portano l’individuo a sentirsi superiore agli altri e a sfidare l’ordine divino. L’incontro con il leone simboleggia dunque la lotta contro l’ego e l’autosufficienza, ostacoli significativi nel cammino verso la virtù.
La lupa: incarnazione dell’avidità
Infine, Dante si trova di fronte a una lupa, descritta come magra e affamata, con un’insaziabile bramosia. La lupa è comunemente interpretata come simbolo dell’avarizia o cupidigia, rappresentando il desiderio smodato di possesso e ricchezza. Questo vizio è visto come particolarmente pericoloso, poiché radice di molti altri mali e causa di corruzione sia individuale che sociale. La lupa è l’ostacolo più temibile per Dante, tanto da fargli perdere la speranza di raggiungere la salvezza.
Interpretazioni alternative delle tre fiere
Oltre alla lettura tradizionale legata ai vizi capitali, alcuni studiosi propongono interpretazioni alternative delle tre fiere. Una di queste associa la lonza, il leone e la lupa rispettivamente alla frode, alla violenza e all’incontinenza, categorie di peccato presenti nella classificazione aristotelica e riprese da Dante nella struttura dell’Inferno. Questa lettura suggerisce che le fiere rappresentino le principali tipologie di peccato che ostacolano l’uomo nel suo percorso di redenzione.
Simbolismo politico delle tre fiere
Un’altra interpretazione vede nelle tre fiere rappresentazioni di entità politiche contemporanee a Dante. In questo contesto, la lonza simboleggerebbe Firenze, il leone la Francia e la lupa la Curia Romana sotto il papato di Bonifacio VIII. Questa lettura evidenzia la critica di Dante alle potenze politiche e religiose che, a suo avviso, contribuivano alla corruzione e al degrado morale della società italiana del XIV secolo.
Il ruolo delle fiere nel cammino di Dante
Le tre fiere non sono solo ostacoli fisici nel cammino di Dante, ma rappresentano le sfide interiori che ogni individuo deve affrontare per raggiungere la virtù. La loro presenza sottolinea la difficoltà del percorso di redenzione e la necessità di riconoscere e superare i propri vizi. L’incapacità di Dante di oltrepassare queste fiere da solo evidenzia la sua vulnerabilità e la necessità di una guida spirituale, che si manifesta nell’incontro successivo con Virgilio.
Virgilio: la guida attraverso le tenebre
Dopo l’incontro con le tre fiere, Dante si trova smarrito e senza speranza. È in questo momento di disperazione che appare Virgilio, il poeta latino autore dell’Eneide, che si offre di guidarlo attraverso l’Inferno e il Purgatorio. Virgilio rappresenta la ragione e la sapienza umana, strumenti indispensabili per affrontare e comprendere i peccati e le pene dell’aldilà. La sua presenza indica che, sebbene l’uomo possa essere sopraffatto dai propri vizi, la ragione può fungere da guida nel percorso di purificazione e crescita spirituale.
Il colle illuminato dal sole: simbolo della salvezza
All’inizio del canto, Dante scorge un colle illuminato dal sole, simbolo della salvezza e della grazia divina. Il desiderio di raggiungere questa meta rappresenta l’aspirazione dell’anima verso il bene supremo, la tensione innata dell’uomo verso la verità, la luce e la felicità. Tuttavia, le tre fiere bloccano il suo cammino, simboleggiando come i vizi possano impedire all’uomo di raggiungere la beatitudine.
Questo scenario evidenzia la lotta continua tra il desiderio di elevazione spirituale e le inclinazioni peccaminose che tendono a trascinare l’anima verso il basso. La salita al colle, che sembrava a portata di mano, si rivela impossibile senza un aiuto esterno, a dimostrazione che l’uomo, da solo, non può salvarsi: ha bisogno di una guida, di una grazia, di una forma di sapienza superiore – rappresentata prima da Virgilio, poi da Beatrice.
Il colle resta lì, visibile e reale, ma non accessibile finché il peccato domina l’anima. In questo senso, esso è anche proiezione di una speranza: è la meta ultima, ma anche la promessa che la luce è possibile, purché si accetti il cammino della purificazione. Lì dove c’è ostacolo, c’è anche via d’uscita. Ma la via non è mai immediata: è lunga, dolorosa, e inizia con il riconoscimento della propria debolezza.
La struttura narrativa e simbolica del primo canto
Le tre fiere non sono solo elementi allegorici, ma strutturano l’intero impianto narrativo della Commedia. Dante le pone all’inizio del poema proprio perché rappresentano il primo grande ostacolo morale: i peccati che devono essere identificati e riconosciuti prima ancora di essere puniti.
La loro funzione è introduzione tematica e drammatica: preparano il lettore al viaggio nell’oltretomba e introducono il tema centrale del peccato e della salvezza. Ogni animale rappresenta un pericolo ben specifico per l’anima, e la loro successione crea un crescendo di tensione simbolica: la lonza attrae, il leone spaventa, la lupa disperde ogni speranza.
Dalla selva all’Inferno: inizio del viaggio redentivo
Dopo l’incontro con le fiere, Virgilio propone a Dante di intraprendere un viaggio alternativo: non salire il colle, ma discendere nell’Inferno, passare per il Purgatorio e solo dopo arrivare al Paradiso. Questo paradosso – scendere per poi salire – è profondamente cristiano: bisogna attraversare il peccato e la sofferenza per giungere alla luce.
Le tre fiere, dunque, sono come delle soglie: ostacolano l’accesso immediato al bene, ma spingono Dante (e ogni lettore) ad affrontare consapevolmente il proprio cammino morale. Solo riconoscendo il male e accettando una guida, è possibile iniziare la risalita.
Le tre fiere dantesche sono molto più che semplici simboli letterari: incarnano le forze oscure che abitano l’essere umano e che ne ostacolano il cammino verso la verità e la luce. Sono presenti in ognuno di noi, sotto forma di passioni, desideri e inclinazioni disordinate.
Dante ci mostra che solo attraverso la consapevolezza, l’umiltà e la guida della ragione e della fede, è possibile affrontare queste forze interiori e non esserne travolti. Le fiere sono reali quanto le nostre tentazioni, ma sono anche superabili.
Il loro ruolo nella Commedia è fondamentale: aprono il viaggio, ma allo stesso tempo lo giustificano. Senza l’incontro con la lonza, il leone e la lupa, Dante non avrebbe avuto motivo di compiere il suo pellegrinaggio ultraterreno. E noi, come lettori, non avremmo avuto la possibilità di specchiarci nei suoi passi e nei suoi ostacoli.